Venerdì, alle 21.30 il cantautore triestino Alessandro Giorgiutti, in arte AbbaZabba, presenta il suo nuovo album «The Alphabet» al Teatro Miela. Primo lavoro ufficiale (dopo una serie di promettenti demo ed ep) per una voce ed un talento su cui molti hanno scommesso in questi anni.
26 lettere, 7 note, infinite combinazioni: AbbaZabba attinge dal pop, folk e rock per trovare la propria espressione nel nu soul di tipi come Ray LaMontagne, ma anche nel minimalismo di Nick Drake, nell’elettricità del brit pop, nel grunge dei Pearl Jam, nell’indimenticabile timbro di Jeff Buckley, nell’alternative rock degli Afghan Whigs. Insomma: nessun riferimento italiano, per un progetto interamente in lingua inglese e con le carte in regola per conquistare il mercato internazionale. AbbaZabba, che da bambino ascoltava Beatles ed Elvis, commenta: «L’italiano è una lingua molto difficile. Si rischia di essere banali, melensi. Non che l’inglese sia un nascondiglio, ma è sempre stata la lingua della musica che sentivo».
I brani che compongono «The Alphabet» si snodano con arrangiamenti curati e raffinati su un’ossatura da rock band – chitarra acustica, elettrica, basso e batteria – che evidenziano le varie influenze di una vena compositiva moderna con radici nel rock d’autore. L’artista è stato affiancato da una produzione internazionale che ha coinvolto Lara-B (una vera e propria rockstar in Slovenia), la label svizzera Sonic Shapes ed i musicisti che da anni lo accompagnano: Marco Seghene al basso e Gianluca Calligaris alla chitarra. A loro si è unito il batterista triestino Moreno Buttinar, sempre più attivo sulla scena europea, ed il polistrumentista sloveno Denis “Kiki” Beganovic (recentemente visto al fianco di Paolo Rossi in “Vieni via con me”). Racconta Buttinar: «Ho conosciuto AbbaZabba nel 1999 a Radio Capodistria, ad un corso di fonici. Poi ci siamo persi di vista e ci siamo rincontrati dopo diversi anni. Un amico mi ha trascinato ad un suo concerto e ne sono rimasto folgorato».
«The Alphabet» culla l’ascoltatore in ballate passionali come «Miracle» e «Black and White», lo tormenta e intriga con le atmosfere buie e suburbane di «Sleeping/Fearing/Dreaming» e «Breakfast on a Hill», lo affascina e ispira in «Muse», «The Rabbit» e «U Turn», lo destabilizza in «Vanishing Point» e lo riempie di pura energia e speranza in «Happy Song», «Pearl» e «Tomorrow».
Ha già pubblicato degli ep, ma questo è il primo album ufficiale. Cosa è cambiato?
«Erano lavori con arrangiamenti molto diversi, completamente acustici e orientati al folk», spiega Giorgiutti. «Gli ep precedenti sono stati un collage di cose fatte tra il 2007 e il 2008. Il mio interesse è di variare disco dopo disco. Magari il prossimo sarà con l’orchestra e quello dopo ancora di elettronica. Questo è un disco con venature pop rock, piccoli innesti, pochi strumenti. L’idea di base era di portare in studio una fotografia dei live. Niente di sovraprodotto, innaturale, “fasullo”. Per me non ha senso arrivare dal vivo con una band che non riesce a riprodurre i suoni del disco».
Com’è stata la collaborazione con Lara-B?
«Ci ha creduto e la devo ringraziare. In studio ha fatto da collante tra le varie persone e a volte anche da calmante. È stata presente. Mi ha dato milioni di consigli sull’approccio alla registrazione, alla voce».
Che cosa ascolta in questo periodo?
«Quando lavoro a canzoni nuove ascolto poca roba. Mi piace molto “Consolers of the Lonely” dei Raconteurs, Jack White qualsiasi cosa tocca diventa oro, fantastico».

Elisa Russo, Il Piccolo 17 Febbraio 2011

 

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