ADDIO A MARK LANEGAN 22.02.22

Era l’ultimo rimasto, tra le grandi voci uscite da quello che i media avevano chiamato “grunge”. Un eroe maledetto che tante ne aveva passate e che ora si sperava potesse regalare ancora molto alla musica. Mark Lanegan era amico fraterno di Kurt Cobain dei Nirvana e Layne Staley degli Alice in Chains, entrambi morti giovani. Si definiva un sopravvissuto, perché con gli amici oltre che il talento e la sensibilità, aveva condiviso i demoni e gli eccessi. Basta leggere il suo bellissimo memoir “Sing Backwards and Weep” (pubblicato in Italia da Officina di Hank) per capire come abbia vissuto anni davvero al limite: alcune pagine sono quanto di più crudo si possa leggere sulla tossicodipendenza. Eppure sembrava aver raggiunto quasi l’immortalità, perché ne era uscito a testa alta, sobrio ormai da decenni, una carriera inanellata da dischi memorabili. È morto a 57 anni, Mark, nella sua casa di Killarney in Irlanda (si era trasferito da Los Angeles nel 2020), lascia la moglie Shelley Brien. Non si conoscono le cause della morte, ma è certo che l’artista americano nato a Ellensburg nello stato di Washington il 25 novembre 1964 ha patito gravi conseguenze per aver contratto il covid in forma severa a marzo 2021. Esperienza terrificante di cui ha lasciato testimonianza con un breve libro intitolato “Devil in a coma”: il coronavirus l’aveva reso temporaneamente sordo e gli aveva tolto il respiro fino a costringerlo al ricovero in terapia intensiva, dove era stato intubato e indotto in coma farmacologico, con poche speranze di farcela. Aveva superato, forse con strascichi, anche quella batosta, tanto da poterla raccontare, rammaricandosi di non aver fatto in tempo a vaccinarsi prima e aver addirittura creduto a teorie complottiste.

Mark Lanegan debutta con la sua band, gli Screaming Trees, nel 1984; nel ‘90 comincia parallelamente a pubblicare i suoi dischi solisti per la Sub Pop, etichetta che lancia i Nirvana e molte altre band di Seattle, così gli Screaming Trees finiranno nel calderone del grunge.

Gli Screaming Trees suonarono al castello di San Giusto il primo luglio 1992: a novembre c’era stato il concerto leggendario dei Nirvana a Muggia e c’era grande curiosità per il passaggio in città di un altro nome caldo di quel circuito. Al pomeriggio Mark Lanegan avrebbe dovuto concedere alcune interviste, ma alla fine non si sentiva molto bene e delegò il compito ai compagni di band, i simpatici fratelli Conner. Fu un bel concerto, con un’affluenza discreta e in scaletta fu inserita “Nearly Lost You” diventata una hit di successo anche per la presenza nella colonna sonora di “Singles – L’amore è un gioco” di Cameron Crowe, con Matt Dillon. Gli Screaming Trees sono rimasti attivi fino al 1996 (dischi consigliati: “Uncle Anesthesia”, “Sweet Oblivion”, “Dust”); Lanegan ha continuato con una carriera solista in cui ha brillato con la sua voce gutturale e intensa (“I’ll take care of you”, “Field Songs”, “Bubblegum”, “Blues Funeral”… l’ultimo, il dodicesimo, è “Straight Songs of Sorrow” del 2020), ha partecipato a progetti come Mad Season (“Above”, uno degli album più belli di sempre), Queens of the Stone Age, Gutter Twins, Soulsavers, in Italia ha collaborato con gli Afterhours di Manuel Agnelli e con Not Waving (Alessio Natalizia). L’ultima volta di Lanegan in regione è stata nel 2017 a Sexto ‘Nplugged. «Mi piace essere qui e ora, perché se guardo indietro ci sono troppi fantasmi», scriveva Lanegan nel suo memoir, che diventa oggi un prezioso testamento.

Elisa Russo, Il Piccolo 24 Febbraio 2022

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