«Ma bisogna pur viverla/ questa vita/ magari trattenendo il fiato» scrive il poeta e cantautore triestino Adriano Doronzo nella nuova raccolta di poesie “Diari di Canoa Quebrada” (Edizioni setteventidue). «Sono stato 25 giorni in questo luogo meraviglioso del Brasile, le nuove poesie nascono dalle persone che ho incontrato sulla mia strada o da pensieri nati di fronte a quegli orizzonti unici». Lo presenta mercoledì alle 18.45 alla Casa della Musica di Via dei Capitelli 3, introdotto da Graziella Atzori, mentre l’attore Maurizio Zacchigna leggerà alcuni estratti dal libro, con l’accompagnamento delle musiche di Erik Satie, Max Richter e Ryūichi Sakamoto. A chi acquisterà il libro verrà dato in omaggio anche il nuovo cd “Settecanzoni”, ovvero sette brani originali scritti e interpretati da Doronzo a cui si aggiungono “Uma leve saudade” di Irene Brigitte e “Il bosco” di Sergio Sdraule. «Può sembrare curiosa l’uscita in contemporanea di un nuovo libro di poesie e un nuovo disco ma entrambi sono nati in modo naturale nello stesso periodo e ho deciso di pubblicarli assieme». 

È al settimo album. Quando comincia la sua carriera musicale?

«Negli anni ’80 sono arrivato molto vicino al professionismo, con occasioni clamorose rifiutate. Mi chiamò la CBS per chiedermi una canzone per Loredana Bertè e una per Anna Oxa. Angelo Baiguera mi diede del pazzo, ma ero giovanissimo, le scelte erano difficili: è stato un moto d’orgoglio, volevo cantare io le mie canzoni, con l’incoscienza del tempo. Ero a Milano sotto l’ala di Colombini (Spaghetti Records con Ron, Ferradini) ma per vicissitudini personali sono tornato a Trieste dopo qualche mese».

Da Trieste ha continuato? 

«Ho portato avanti musica e poesia parallelamente al mio lavoro in un altro settore. Sempre accompagnato da ottimi musicisti (questa volta ci sono Massimiliano “Maxino” Cernecca al pianoforte, tastiere, arrangiamenti, Franco “Toro” Trisciuzzi alla chitarra elettrica e Aurelio Trinidad alla fisarmonica). Alcuni album sono usciti per Storie di Note (Claudio Lolli, Nada), ben accolti dalla critica. In mezzo qualche libro di poesie che si incrocia con i miei studi esoterici e spiritualistici. Per dieci anni sono stato tra gli organizzatori del festival internazionale della poesia di Trieste, e ho gestito il cinema d’essai Alcione dal ’92».

Come ha fatto a conciliare tutto?

«Qualcuno mi dice che se non avessi il mio lavoro avrei più tempo per scrivere, ma per me funziona il contrario: è una via di fuga, un contrasto rispetto a quello che “devi” fare, è un bilanciamento. Se Italo Svevo non avesse dovuto fare un altro lavoro non avrebbe scritto quei libri». 

Descriva il nuovo album.

«Un piccolo ritorno alla musica leggera da cui ero partito. È un lavoro molto personale». 

L’ascoltatore e lettore potenziale?

«Persone non totalmente integrate, molto sensibili, sulla mia stessa lunghezza d’onda, attente (descrivo il pubblico che ho incontrato, medio alto a livello culturale e fuori dagli schemi)». 

Scrivere musica o poesie: cosa cambia?

«Per me sono due mondi distinti. Si assomigliano per la facilità, l’immediatezza. Ma certi testi di canzoni non stanno in piedi da soli, senza musica, non sono poesie». 

Elisa Russo, Il Piccolo 31 Maggio 2023 

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