Giovedì alle 21.30 i torinesi Africa Unite sono in concerto al Teatro Miela, nell’ambito della rassegna “Made in Miela”. Presentano il nuovissimo «Rootz», quindicesimo disco per il gruppo più longevo e rappresentativo del reggae italiano.
«Anche stavolta – spiegano gli Africa – abbiamo voluto invitare al nostro tavolo alcuni amici per condividere e cesellare il nostro lavoro. In ordine alfabetico: Alborosie, l’italo-giamaicano più famoso della scena reggae europea e non solo; i Franziska nelle persone di Piero Dread e Roddy Jah Son; Mama Marjas a rappresentare con la sua voce calda e ritmica la scena di Taranto; i giovanissimi Mellow Mood di Pordenone, ottimamente rappresentati da Jacopo. Ultimo, ma primo nei nostri cuori, Patrick “Kikke” Benifei (Casino Royale), presente in tutti i brani a supportare e ricamare la voce di Bunna, con la sua splendida vocalità».
Quasi 30 anni di carriera. Come ci si sente?
«Abbiamo cominciato quasi per gioco. – Racconta Bunna (voce e chitarra) -. Poi, siamo riusciti a coronare il nostro sogno: far diventare la musica un lavoro. Ci è voluto molto tempo e fatica. Ma quello che abbiamo ottenuto negli anni è solido. Tv e promozione spinta ti possono dare di più e molto più velocemente ma spesso è qualcosa di fragile: due stagioni dopo la gente non sa neanche chi sei e cosa hai fatto. Noi abbiamo costruito un pezzetto alla volta la nostra popolarità. Il pubblico che ci ha seguito fin qui, ci dimostra che abbiamo fatto un buon lavoro».
Avete sempre messo la comunicazione umana in primo piano.
«Assolutamente. Con gli Africa ci siamo avvicinati alla musica anche per motivi extra-musicali, legati alla comunicazione. Il reggae per noi aveva valenza politico-sociale. In tutti i dischi abbiamo cercato di mantenere viva questa cosa. È importante che un artista dica delle cose, senza la presunzione di cambiare il mondo, ma almeno dare degli spunti di riflessione. Soprattutto in tempi come questi, in cui cercano di farci pensare il meno possibile».
Avete lanciato «Cosa Resta» come un anti-singolo…
«Non ha nessuna delle caratteristiche che deve avere un singolo: essere radiofonico, melodicamente interessante, da fischiettare sotto la doccia. Abbiamo messo da parte tutto ciò: ci interessava il messaggio. Fare un’analisi delle cose che ci circondano, della libertà e dei diritti che diventano sempre meno».
Ci sono tanti ospiti nel disco.
«Sì, tanti da Jacopo dei Mellow Mood di Pordenone a Patrick ai cori che ha fatto un lavoro grandioso come sempre».
Sono ritornati i fiati negli Africa.
«Dopo il tour di “Controlli” che era un disco più elettronico e moderno, ne abbiamo un po’sentito la mancanza. Adesso ci sono ben tre fiati in formazione, tra cui Mr. T-Bone. Siamo tornati al nostro reggae caldo».
Con Trieste avete un legame particolare.
«Quest’anno mi è spiaciuto non partecipare al Festival Nite For Ixis 6, ma eravamo impegnati con le prove. Ricordo sempre Ixis come una persona bellissima e sono contento che ci sia il calore della gente che continua a ricordarlo».

Elisa Russo,  Il Piccolo 10 Marzo 2010

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