«Sono una poetessa, un’artista hip hop, un’attivista. Mi piace definire la mia musica “spoken soul music”. Mi ritengo ispirata da artiste come Tracy Chapman e Lauryn Hill, donne che vedevo su un palco a raccontare la pura verità»: così si presenta Akua Naru che, accompagnata dalla sua band, sarà protagonista dell’appuntamento Miela Music Live sabato alle 21.30. «Sono americana – dice l’artista originaria di New Haven, Connecticut – ma in questi anni sto vivendo in Europa, mi piace essere a contatto con paesi diversi, sentire lingue differenti». Il viaggio di Akua Naru verso lo status di poeta globale comincia durante il suo primo apprendistato nella chiesa pentecostale: «La famiglia in cui sono cresciuta è molto religiosa, frequentavo la chiesa e il coro gospel. Ero una ragazzina che leggeva molto, appassionata di poesia e presto ho cominciato anche a scrivere. La gospel music, che racchiude jazz, soul, blues è stata la prima influenza». Uno zio le fa poi conoscere l’hip hop, da cui rimane folgorata. Trova una via di espressione potente e comincia le prime esibizioni a soli nove anni, proprio in duo con lo zio, per un pubblico composto da vicini di casa: «L’hip hop è uno stile di vita, unisce persone differenti; dentro ha un mix di jazz, funk, soul e impegno politico», afferma Akua. Un episodio in particolare le segna profondamente l’adolescenza: assiste al pestaggio di una donna di colore, ridotta in fin di vita. L’attivismo per la difesa delle donne nasce in lei in maniera naturale. Legge Malcolm X, Angela Davis, Assata Shakur e studia canto, teatro e songwriting: «Il microfono è la mia arma. E ognuno deve usare le armi che ha. La politica è ovunque». Il suo potente lirismo, il talento per la narrazione e la capacità di integrare le tradizioni orali nella sua musica, con eloquenza senza pari, hanno nel giro di pochi anni catturato l’attenzione di studiosi e attivisti in tutto il mondo. Il primo album «The Journey Aflame» esce nel 2011: «Scrivo per riempire un vuoto nel mondo dell’hip hop, in cui l’accesso delle voci femminili è davvero limitato». A causa del retaggio della schiavitù e del silenzio in cui l’essere nera e donna ha sempre significato sfruttamento, emarginazione e tutti gli stereotipi dannosi che perdurano fino a oggi, Akua dichiara con fierezza la sua intenzione di “fornire un corpo di conoscenze” che metta le esperienze delle donne nere al centro esatto della sua indagine poetica. Riconosciuta in tutto il mondo come voce “conscious” forte e autorevole, ha tenuto conferenze con Bakari Kitwana, Tricia Rose e il pioniere dei Public Enemy, Chuck D. Al Miela Akua presenta in anteprima «The Blackest Joy» (in uscita il 27 aprile), il suo terzo album che si concentra in particolare sulla maternità e sul patrimonio africano. «My Mother’s Daughter», primo singolo estratto, è una canzone a tratti oscura e mistica, altrove radiosa e ricca di speranza; un racconto generoso di femminilità, spiritualità dell’Africa occidentale, appartenenza e sorellanza. Con marcate influenze West African, come evidenziato dall’introduzione della canzone e dalla voce aggiunta in «Mina», Naru, ancora una volta, fonde i generi lungo la tradizione della musica black e scivola senza sforzo tra soul, jazz e hip hop.
Elisa Russo, Il Piccolo 10 Marzo 2018