ALESSANDRO ARUFFO: il dispositivo D.R.A.M.

Foto di Matteo Prodan Sonicyut
Foto di Matteo Prodan Sonicyut

«Mi piace far sì che le persone stiano bene, è con questa spinta che ho inventato un dispositivo che si chiama D.R.A.M. (un software abbinato a dei sensori applicati sulla schiena e sul capo di chi suona ndr) e consente di salvaguardare la colonna vertebrale dei musicisti impegnati nel loro strumento, perché insegnando, se non spieghi bene certe cose ai bambini, rischi di creare danni e microlesioni; con questo progetto ho conquistato il secondo posto al concorso “StartUp Live”, vincendo il primo premio per miglior innovazione tecnologica messo in palio da Esteco»: potrebbe essere un’idea che rivoluziona l’approccio allo strumento, con un occhio di riguardo al benessere, quella di Alessandro Aruffo. Triestino classe ’91, batterista con band come Hover e ora Joyce, un diploma di laurea in musica elettronica e nuove tecnologie al Tartini, un diploma di batteria al DrumwayStudio di Angelo Losciardi, perfezionatosi alla Falmouth University, ingegnere del suono, insegnante all’International Music School di Piazza Benco, «All’età di 14 anni – racconta – ho avuto in regalo le mie prime due bacchette di batteria e da quel giorno non ho smesso di pensare alla musica». Secondo Aruffo i batteristi spesso tralasciano i segnali che il corpo invia, perché «la leggera sofferenza viene attribuita a uno stile più incisivo, più rude e potente, creando quasi una sorta di godimento nell’essersi sforzati e aver acquisito dei dolori per l’uso dello strumento». Ma gli studi dimostrerebbero che la potenza di un colpo di batteria non dipende dallo sforzo fisico e muscolare «io stesso, in passato – prosegue – ho ignorato il mio corpo e ho deciso di andare avanti anche quando stavo soffrendo, non per la batteria ma per la mia dedizione, ho dovuto fare i conti con un’ernia, a quel punto dal male ho tratto un insegnamento che mi ha fortificato. Per realizzare il D.R.A.M. ho collaborato con la fisioterapista Martina Marin; ho fatto anche dei corsi di postura e simili con altri specialisti (Dario Andlovic, Federica Righini, Lorenzo Ansini) e a 27 anni ho imparato a camminare correttamente. A scuola ti dicono “tieni la schiena dritta” o “cammina con i piedi dritti”, ma se nessuno te ne dà una dimostrazione pratica ti manca l’abc». Un’idea vincente a cui il musicista sta lavorando da anni, che avrebbe ora bisogno di essere amplificata e finanziata per trovare una concreta diffusione: «Darebbe la possibilità ai musicisti di mantenere una postura corretta e monitorare la schiena in modo giocoso, modificando in tempo reale il suono dello strumento che hanno davanti: in base a come cambia il suono possono capire qual è il punto della schiena che va corretto e in che modo. Si tratta di una cosa nuova, sviluppata da me; per finalizzarla mi sono messo a studiare programmazione e alla fine sono riuscito perfettamente a connettere e modellare uno dei programmi più importanti che esiste per l’audio, Ableton; ho voluto imparare a modificare il suono per il mio dispositivo, ho imparato a programmare in Arduino (software) e stabilizzare i dati che ricevevo dai sensori». Per ora è un prototipo ma «Conto di usufruirne a breve – conclude – in modo da poterlo usare con i miei allievi. Vorrei farlo provare nelle scuole. Voglio insegnare che la prevenzione può essere utile, far sì che la gente possa suonare più rilassata, senza problemi fisici, con un suono migliore, un controllo di sé stessi. Deve essere tutto molto naturale, non è il corpo che si adatta allo strumento ma il contrario».

Elisa Russo, Il Piccolo 29 Febbraio 2020

 

Elisa Russo

 

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