Domani alle 21.30 la world music di Alsarah & The Nubatones apre la stagione 2018 del Miela Music Live. I Nubatones sono un progetto di Alsarah, cantautrice, frontwoman ed etnomusicologa. “The Guardian” l’ha definita «La nuova star del Nubian pop» e lei reagisce così: «Non mi piace etichettare la musica, che dovrebbe parlare da sé, ma se non lo fai tu lo farà qualcun altro e sceglierà una definizione peggiore, allora qualche anno fa ho deciso di descriverci come “retro-pop dell’Africa orientale” e credo funzioni. Non mi ispiro solo ai suoni della Nubia e del Sudan, ma a quelli di tutta l’Est Africa: dall’Etiopia a Zanzibar, al Kenya. Con i Nubatones volevamo tuffarci in quelle sonorità, pur facendo base negli Stati Uniti».
La biografia di Alsarah è importante per capirne la musica: nata in Sudan nel 1982, i suoi genitori, entrambi attivisti per i diritti umani, nell’89 sono costretti a lasciare il paese per non essere uccisi come dissidenti, da lì si spostano nello Yemen che abbandonano a seguito della guerra civile del ‘94, a quel punto chiedono asilo politico negli Usa e si stabiliscono a Boston: «In quegli anni turbolenti ho trovato sollievo nella musica, ho cominciato con delle registrazioni casalinghe e con delle lezioni di piano da un amico di famiglia, a 12 anni sono arrivata in America senza parlare una parola d’inglese e così mia mamma mi ha spinta a lanciarmi in qualsiasi attività extra curriculare che mi aiutasse a inserirmi più in fretta possibile, tra le altre cose mi ritrovai in un coro in cui l’insegnante ci faceva cantare in italiano e latino». Dal 2004 vive a New York, Brooklyn, dove dice di trovarsi finalmente a casa. Attiva in diversi progetti musicali, fonda i Nubatones nel 2010 con la sorella Nahid ai cori. Nel 2014 incidono l’ep «Soukura», lo stesso anno esce il primo album «Silt» e nel 2016 il secondo «Manara», un lavoro che si apre maggiormente all’elettronica: «Ho incluso anche campionamenti di suoni che ho registrato nelle strade in Egitto», spiega Alsarah. Prodotto da lei stessa, «Manara» è stato registrato in Marocco dove con i Nubatones si è ritirata per un anno sabbatico seguito alla morte per cancro di uno dei suoi musicisti: «Abbiamo vissuto come una famiglia, questa è la mia concezione di band, insieme cucinavamo, mangiavamo, portavamo avanti le nostre battaglie e parlavamo di musica, ascoltavamo di tutto dal jazz all’hip hop alla musica tradizionale greca o andalusa» e tutti assieme hanno deciso che il filo conduttore dell’album fosse «il tema del movimento e delle migrazioni come risposta all’attuale atmosfera globale anti-immigratoria». Composizioni proprie, testi in arabo, strumenti tradizionali e tecnologie moderne; anche nel look Alsarah unisce stili diversi, dai colori africani all’estetica punk: con i suoi Nubatones ha dimostrato che la grande musica attraversa qualsiasi barriera linguistica e culturale.
Elisa Russo, Il Piccolo 11 Gennaio 2018