«Siamo contenti di suonare per la prima volta all’Hangar, di cui abbiamo sentito parlare bene. Sarà una serata rock piena di energia, ricca di buone vibrazioni e scambio di emozioni tra noi e il pubblico. Una bella occasione per presentare il nostro nuovo album»: gli Ana Pupedan, una delle band più longeve, attive e importanti della scena rock slovena degli ultimi anni, suonano all’Hangar Teatri venerdì alle 20.30 per la serie di concerti in collaborazione con il Kino Šiška di Lubiana.
«Trieste durante l’infanzia, ai tempi del socialismo, era la nostra finestra sull’occidente. Ricordo ancora – racconta il batterista Marko Doles – quando compravamo qui strumenti musicali e li facevamo passare quasi di contrabbando a Fernetti. Poi negli anni abbiamo suonato in città (al Museo Ferroviario, il Posto delle Fragole, a Cattinara) ma soprattutto sull’altipiano, per la minoranza slovena (a Opicina, Prosecco, Dolina, Trebiciano, Santa Croce…)».
Ana Pupedan non è una donna. Cosa si cela dietro il nome?
«Non lo è, ma potrebbe. Una volta suonammo a un festival a Lubiana e ci assegnarono il camerino assieme a una cantante, solo quando arrivammo scoprirono che non siamo donne! Ana Pupedan significa “l’una del pomeriggio” nel dialetto della valle Pivka da dove proveniamo, quando scegliemmo il nome della band volevamo ci fosse un legame con la nostra terra».
Il nuovo disco?
«“Naši v kantini” è il nostro quinto album, che arriva dopo parecchio tempo dal precedente. Tra uno e l’altro, nel 2017, abbiamo registrato un doppio album dal vivo di canzoni di protesta slovene del cantautore Jani Kovačič, suonando parecchio in Slovenia, per non perdere il contatto con il nostro pubblico. A maggio abbiamo registrato il disco nuovo, tre giorni allo studio Jork di Villa Decani (Capodistria) con la supervisione di Jadran Ogrin, il leggendario musicista dei Kameleoni, rock’n’roll band molto popolare in Jugoslavia negli anni ’60. L’album contiene dodici brani originali, tipici della nostra produzione ma che riflettono anche la maturità raggiunta in questi trent’anni di attività. Siamo molto soddisfatti del risultato finale e non vediamo l’ora di presentarlo al pubblico: a Trieste sarà la prima volta dopo l’uscita a inizio ottobre».
Di cosa parlano i testi?
«Dalle questioni locali ai problemi globali, a volte cerchiamo di essere umoristici altre seri. Riflettono noi e il mondo attorno. Puntiamo un dito sulla stupidità che ci circonda ma evitiamo di dare giudizi».
La cosa più strana che avete fatto sul palco?
«Ne abbiamo fatte di follie. Ci siamo azzuffati con il pubblico e tra noi sul palco, uno di noi una volta si è addormentato e il nostro tecnico del suono Bojan Babić ha suonato al posto suo fino alla fine della canzone, ci siamo esibiti vestiti da donna, o in mutande, abbiamo fatto il bagno in una fontana a Skopje in Macedonia durante il concerto: il giornale locale ci definì “quattro pazzi sloveni”. Ma adesso siamo più maturi, calmi e gentili, la gioventù è follia».
Come festeggerete i trent’anni di carriera?
«Il 12 novembre festeggeremo alla grande il nostro anniversario con un concerto nella nostra città, Pivka, con tanti ospiti speciali. Trent’anni è un bel traguardo. Siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui, mantenendo l’amicizia e dominando l’ego, sempre con la stessa formazione (Simon Avsec alla voce, Boštjan Požar alla chitarra, Peter Žnidaršič al basso e io alla batteria). Siamo fieri della nostra musica e della gioia che ha portato a molte persone».
Elisa Russo, Il Piccolo 14 Ottobre 2022
