Autostoppisti Del Magico Sentiero “Pasolini e la Peste”

«Non abbiamo fatto altro che un lavoro di taglia e cuci con quella che crediamo sia la nostra coerenza politica e spirituale: Pasolini in questo caso diventa materia liquida affilata»: Fabrizio Citossi, anima degli Autostoppisti Del Magico Sentiero, sintetizza così il nuovo album “Pasolini e la Peste”, uscito per l’etichetta New Model Label. Il progetto nasce dalle terre basse e umide di quel Friuli tanto caro a Pasolini, al secondo disco nel giro di pochi mesi, gli Autostoppisti questa volta si inerpicano a mani nude nei meandri dell’anima del regista e scrittore, musica e parole si intersecano in un rumorismo imparentato con blues e jazz. Al chitarrista Citossi, già membro della band Rive No Tocje, attiva nella scena underground e nota per l’utilizzo della lingua friulana, si aggiungono Federico Sbaiz, Martin O’Loughlin, Marco Tomasin, Franco Polentarutti. La lista di ospiti è davvero lunghissima, spiccano stelle del jazz come Francesco Bearzatti, Bruno Romani, Giorgio Pacorig, Massimo De Mattia e poi tantissime le voci: oltre a quelle ad hoc (Teo Ho, Giovanni Fierro, Patrizia Dughero, Valentina Mariani, Roberto Ferrari…), viene utilizzato materiale audio d’archivio che va dai tg e programmi radio agli interventi dello stesso Pasolini o Pietro Nenni. Dall’apertura con «Carne macinata abbandonata in un parcheggio» il percorso si svolge in sette brani davvero intensi ed evocativi, fino alla chiusura con «Blues dell’Idroscalo». «L’estetica pasoliniana, corrotta e deformata dai suoi detrattori – spiega la band – non potrebbe dolersi degli arrangiamenti cacofonici che gli rendono merito, spazzando via ogni forma di strumentalizzazione. L’inquietudine di questi, estrapolata, quasi strappata dalle fonti si dilania in un susseguirsi di colpi al basso ventre, qui paura e verità si confondono in una malmostosa cavalcata verticale che arriva sino all’idroscalo di Ostia. Pasolini è influenzante in modo palese, il suo pensiero continua ad instillare dubbi in chi ha la fortuna di averne». «La vicinanza ai luoghi natii del nostro – concludono – rappresenta per il gruppo una sorta di viaggio nel tempo a ritroso nel cercare di capire cosa possa aver influenzato in questi luoghi apparentemente ameni il pensiero del probabilmente più grande intellettuale del 900 italiano. Nel caos dell’improvvisazione musicale abbiamo cercato una catarsi purificante che tenesse alla larga dal pensiero puro del poeta la possibilità di far sì che le sue parole diventassero carne da macello».

Elisa Russo, Il Piccolo 31 Gennaio 2021


 

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