Autostoppisti Del Magico Sentiero “Sovrapposizione di Antropologia e Zootecnia”

«Steso all’ombra di un altare di pietra arenaria/ scrivendo versi obliqui/ colpisco una traversa/ pasoliniana ad effetto/ un viaggio di per sé inutile/ come un portalettere nell’era del computer/ dove inchiostro e carta/ vengono bruciati» recitano gli Autostoppisti Del Magico Sentiero in “Mongolian River”, brano di apertura dell’interessante cd “Sovrapposizione di Antropologia e Zootecnia” uscito per l’etichetta New Model Label. «Dalle paludi del basso Friuli, zone di antico passaggio di popoli, nasce questo nuovo progetto, che può essere considerato un disco fino ad un certo punto – dicono -. Musica e parole si intersecano in un rumorismo vagamente imparentato con blues e jazz: il viaggio si apre con un testo scritto dal chitarrista del gruppo Fabrizio Citossi, già membro della conosciuta band regionale Rive No Tocje, molto attiva nella locale scena underground e conosciuta soprattutto per l’utilizzo quasi esclusivo della lingua friulana. II percorso continua con il recitare teso ma composto del più che amato e conosciuto scrittore/ attore Angelo Floramo, il quale citando “Le vie dei canti” (scritto da Bruce Chatwin nel 1953) ci porta dentro a un mondo fatto di passi ritmati su sentieri antichi, come quelli dei canti umani che accompagnano la civiltà nomade sin dagli albori». Gli Autostoppisti Del Magico Sentiero vede poi la partecipazione di una leggenda della scena jazz/ impro italiana, quel Giancarlo Schiaffini che con il suo trombone disegna trame oniriche in chiave free appoggiandosi al potente e virtuoso contrabbasso di Giovanni Maier, altro musicista più che noto a livello europeo, il tutto frullato in un marasma di voci che si accavallano, di note che si contraggono, pezzi non lineari, che nell’arco di una ventina di minuti riescono a creare un mondo completamente nuovo e complementare. Le sonorità sono poi arricchite dagli inserti di didgeridoo creati ad arte dal maestro australiano dello strumento Martin O’Loughlin (studioso dello strumento tipico degli aborigeni australiani dal 1994, ne ha approfondito la conoscenza con l’aborigeno Djalu Guruwiwi; da anni contamina la musica occidentale con il suono della sua terra, inserendo il didgeridoo nei contesti musicali più variegati, dal folk al free jazz, dalla psichedelia al metal), dal piano e synth di Federico Sbaiz (che ha curato anche la registrazione e il mixaggio) e non mancano le voci di Annarita De Conti (che firma pure il progetto grafico) e dell’amico di sempre Franco Polentarutti. Il testo del brano di chiusura del disco (parole di Chatwin e musica di Citossi) racchiude in maniera efficace il fil rouge dell’intero lavoro: «Psichiatri, politici, tiranni/ continuano ad assicurarci che la vita nomade/ è un comportamento anormale/ una nevrosi, una forma di desiderio sessuale inappagato/ una malattia che per il bene della civiltà/ deve essere debellata./ La propaganda nazista sostenne/ che per zingari ed ebrei/ due popoli portati al nomadismo/ in un reich stabile non c’era posto./ Gli orientali però mantengono vivo/ un concetto un tempo universale/ che la vita errabonda ristabilisce/ l’armonia originaria/ che esisteva una volta/ tra l’uomo e l’universo». Registrato nel 2019 a Udine, “Sovrapposizione di Antropologia e Zootecnia” si propone di arrivare a toccare più coscienze possibili con il suo messaggio ancestrale: l’uomo è stato programmato geneticamente per muoversi lungo le linee energetiche del nostro pianeta. In questo particolare momento storico, non è cosa da poco.

Elisa Russo, Il Piccolo 31 Maggio 2020

Articoli consigliati