BABA L’BLUZ AL TEATRO MIELA IL 27.05.23

«Sarà un concerto unico, dove il pubblico partecipa in maniera primordiale. Scoprirete il nostro suono, i nostri strumenti particolari… Preparatevi a entrare nella nostra trance!»: il gruppo franco-marocchino Bab L’Bluz suona per la prima volta a Trieste, al Teatro Miela, sabato alle 21.30. Il progetto nasce nel 2018 a Marrakech dall’incontro della carismatica Yousra Mansour (voce, awicha, percussioni e guembri), e il francese Brice Bottin (guembri, chitarra, percussioni e cori) con la partecipazione live di due musicisti di Lione, Hafid Zouaoui (batteria e cori) e Jérôme Bartolome (flauto, percussioni e cori). Nel loro album “Nayda!” (Real World) si ispirano alla musica tradizionale gnawa e hassani a cui combinano rock, suoni psichedelici, funk e blues.  

Come definireste il genere che proponete?

«Gnawa blues psichedelico. La base del nostro progetto è quella di un power trio che ha molto in comune con un gruppo rock, solo che abbiamo sostituito il basso con il guembri elettrico e la chitarra con la awicha elettrica: sono strumenti originari dell’Africa occidentale e del Maghreb, ma abbiamo creato delle versioni “solid body” che si possono elettrificare, anzi “psicadelizzare”». 

I temi cardine delle vostre canzoni?

«La tolleranza e il rispetto. Crediamo che l’arte possa aprire le menti e cambiare il modo di pensare delle persone. Questo è ciò che cerchiamo di fare». 

Cosa significa Bab L’Bluz?

«Letteralmente: “la porta del blues”. Marrakech è considerata come la porta del deserto. Vogliamo rendere omaggio alla città in cui ci siamo incontrati, che ha diverse porte d’accesso, l’antica porta della medina che si chiama “Bab Debbagh”, “Bab L’Khemis” (Porta del giovedì) o ancora “Bab Doukkala”. Marrakech è come una porta d’entrata al blues africano e maghrebino, tanto questa città è ricca culturalmente e spiritualmente».

Avete già suonato in Italia. Che impressione ne avete?

«Abbiamo avuto la fortuna di essere sempre stati ben accolti. Adoriamo il pubblico, la cultura, l’architettura, la cucina, e anche la musica: abbiamo scoperto la tarantella che in qualche modo ha un legame con la gnawa, in generale ci sono super musicisti e una grande musica nel vostro paese».

State calcando importanti palchi internazionali, che effetto fa?

«Non ci aspettavamo questo successo, ne siamo molto riconoscenti. È una fortuna essere in tour all’estero e avere la possibilità di scoprire la ricchezza delle culture diverse». 

La vostra ricetta?

«Anzitutto creare delle canzoni che ci rappresentino, senza limiti di stile. L’obiettivo è creare una connessione tra noi e il pubblico, cosicché ogni persona presente al concerto possa uscirne appagata e felice. E se di ricetta parliamo, stavolta ci aggiungeremo volentieri dell’olio di oliva e un po’ di parmigiano!».

I modelli di riferimento?

«Tutti quelli che arrivano alle nostre orecchie e ci ispirano. Dal rock anni ’70 alla musica tradizionale nord africana e del mondo intero, passando per l’hip hop. Possiamo citare Jimi Hendrix, Fayrouz, Mahmoud Guinia o ancora Led Zeppelin e Oumou Sangaré».

Come si profila l’estate dei Bab L’Bluz?

«Promette bene: suoneremo in Italia, Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Regno Unito, Tunisia, Marocco, Togo, Repubblica Ceca, Olanda, Macedonia, Svizzera, Portogallo, Francia… Cercateci sui social. Grazie a tutti, speriamo di vedervi molto presto».

Elisa Russo, Il Piccolo 26 Maggio 2023

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