Il cantante e chitarrista Bill Lee Curtis, triestino classe ’89, in passato in altre band come Spero Promitto Iuro e oggi nei Welcome Coffee, porta avanti anche un progetto solista che si vede ora concretizzato in un ep di cinque pezzi inediti da lui scritti e composti, intitolato «Let this fire burn»: il fuoco che brucia sembra lo stesso dei grandi rocker tormentati di Seattle, come i compianti Chris Cornell (Soundgarden) e Layne Staley (Alice in Chains) le cui vocalità si scorgono tra le influenze, con una visione della vita, però, non così cupa ma tinta dai colori del Carso in una giornata di sole. Il rock americano (soprattutto quello anni ’90) nel cuore, per un prodotto 100% made in Trieste, registrato nello studio di Marco Parlante, l’ep esce sia fisicamente che in digitale per l’etichetta Epops di Moreno Buttinar (batterista e produttore che in curriculum ha anche una collaborazione con i Cream di Eric Clapton, nei leggendari studi di Abbey Road che ospitarono i Beatles). Bill Lee ha coinvolto ben 17 ospiti «Ciascuno proviene da un genere differente – spiega – e ha portato il proprio stile, questo rende difficile definire con precisione il genere che ne è venuto fuori», scelti tra i musicisti locali più apprezzati: dai quotati chitarristi Emanuele Grafitti (Canto Libero) e Jacopo Tommasini (ex Brazos, ora solista e con gli Enema Bandits – tributo a Frank Zappa), ai bluesman Mike Sponza e Franco Toro, la batteria del già citato Buttinar, il basso di Francesco Cainero (The Topix) e ancora il piano di Riccardo Morpurgo con un pezzo jazz, le percussioni di Alessandro Perosa (batterista visto in tantissime band, dalla Berimbau agli Omza) e Marco Parlante, la batteria di Mathias Butul (Brazos, Nasty Monroe), il violino di Lucy Passante Spaccapietra (Figli di Puff) che ha portato un tocco folk-tribal, il contrabbasso di Kevin Reginald Cooke (che suona al Conservatorio Tartini), il basso di Michele Chiesa (Blue Cheese), la chitarra di Paolo Galimberti, la voce black dub di Elisa Gellici, le tastiere di Stefano Bigontina… Non capita spesso che in un progetto cittadino siano coinvolti così tanti nomi: «Nell’ambito della musica triestina – aggiunge Bill Lee – ci si conosce un po’ tutti. Io sono partito con l’idea di fare una cosa molto semplice, chitarra e voce, poi ho cominciato a chiamare il primo ospite e alla fine sono diventati 17 senza che me ne accorgessi, in maniera molto naturale. Abbiamo lavorato sette mesi, con tante sessioni in studio, è stato faticoso ma piacevole». Tra le altre competenze coinvolte Curtis cita: «Axel Drioli, triestino ora residente a Londra dove studia e lavora con l’audio immersivo, ci ha dato una mano per una canzone che sarà possibile ascoltare in 3d; con un programma ha creato una stanza virtuale dentro la quale, mettendosi le cuffie, ci si immerge letteralmente nel suono, un incontro tra musica e tecnologia davvero particolare. E poi le video interviste a cura di Max Sganga di Intervistar, realizzate in una grande sala nello studio del regista Eugen Bonta che abbiamo allestito con delle immagini di Federica Miani». Ogni settimana, infatti, viene messo online anche un video: «L’idea è di creare per ogni pezzo una piccola storia – dice Bill Lee – per cui ho convocato Bonta e abbiamo deciso di fare un breve trailer di backstage video di ogni pezzo: per cinque settimane, fino alla fine di giugno, esce un contributo video e audio. Il tutto si concluderà con un videoclip che stiamo girando con protagonisti Sharon di Salvo e Chris T Bradley, il cantante degli Elbow Strike qui nei panni dello sciamano, che uscirà a luglio. Conterrà delle riprese fatte in Carso e altre in Piazza Unità (una nota di colore: giravamo lo stesso giorno in cui è passato Berlusconi, quindi c’era un gran via vai in piazza)». Solo 5 pezzi, per stare al passo con i tempi: «Penso che la fruizione attuale, soprattutto per i più giovani, sia segnata dalla velocità e dalla tecnologia. Per il momento l’idea della formula breve mi affascinava, mi è sembrato di riuscire a racchiudere tutto in maniera più convincente, familiare. Purtroppo oggi ascoltando nove-dieci canzoni di fila, a meno che non sia il gruppo della tua vita, hai un calo d’attenzione, hai bisogno di sentire qualcos’altro». Per quanto riguarda i temi trattati l’artista triestino spiega: «I testi, in inglese, raccontano il periodo di enorme cambiamento che sto vivendo, un momento di grandissima energia e di ricerca del proprio percorso spirituale e del proprio universo. La gratitudine per la vita e l’amore, vedere negli occhi delle persone con cui parlo il benessere e la tranquillità è la chiave del mio percorso». Un’attitudine positiva che ha permesso al rocker triestino di convogliare tanti artisti diversi nel suo progetto: «A Trieste – conclude – chiudono tanti locali e le possibilità di esibirsi diminuiscono, eppure i talenti musicali aumentano. È stato bellissimo riunire tutti questi musicisti che avevano qualcosa da dire con il loro strumento».
Elisa Russo, Il Piccolo 30 Maggio 2018