«Avevo bisogno di tornare alla fonte del sound e del feeling dei Napoli Centrale degli esordi, – racconta James Senese – quando decidemmo di creare una band che in Italia non esisteva e che proponesse tutta la musica che amavamo, molta della quale proveniente dagli Stati Uniti, e che si ispirava alle rivoluzioni stilistiche e culturali di Miles Davis e John Coltrane. Questo ha portato in maniera direi quasi naturale a tornare a condividere il palco con alcuni componenti già in passato con Napoli Centrale come Fredy Malfi, straordinario batterista e Rino Calabritto, bassista che molto ha dato alla storia della band e il tastierista Paolo Sessa»: questa la formazione che giovedì alle 20.30 darà l’avvio alla ventiduesima edizione del Blues in Villa nel parco di Villa Varda a Brugnera, in apertura Max De Bernardi e Veronica Sbergia si esibiranno con il loro mix di generi e musiche tipiche dell’America rurale anni 20 e 30 del secolo scorso.
«Se non ho musica nella mia vita, sento che mi ammalerò o che la mia anima si prosciugherà» dice la protagonista della seconda serata (venerdì) Lucy Woodward, grande artista anglo-americana che con la sua straordinaria voce blues ha dato vita a una carriera da solista poliedrica e ricca di successi, collaborando con il gruppo degli Snarky Puppy e con altri artisti del calibro di Rod Stewart, Céline Dion, Chaka Khan, Joe Cocker e Barbra Streisand; in apertura ci sarà la cantautrice Rosita Kèss che, accompagnata da Alberto Milani, presenterà anche composizioni dal nuovo album registrato tra Nashville e New York, produzioni realizzate in collaborazione con diverse star internazionali tra cui Marc Ribot e Valerie June.
«Ho dei bellissimi ricordi delle vostre zone – riprende Senese, l’inventore del “neapolitan power” – con Napoli Centrale siamo partiti proprio dal Nord dove abbiamo avuto un forte impatto». Nato verso la fine della seconda guerra mondiale dalla relazione tra una ragazza napoletana e un soldato afroamericano, fin da piccolo ascolta i dischi portati dal padre dagli Stati Uniti. Questa musica segnerà il suo percorso di crescita sia come sassofonista che come cantante e lo porterà al successo prima con gli Showmen e poi con i Napoli Centrale, sua storica band nata a metà degli anni ‘70 con cui ha da poco festeggiato cinquant’anni di una grandiosa carriera. Oggi rappresenta uno dei più grandi artisti della musica italiana e nel 2018 ha regalato ai suoi fan un doppio album dal vivo «Aspettanno ’o Tiempo». Con «’O Sanghe» aveva vinto il Premio Tenco nella categoria degli album in dialetto: «Mi ritengo un precursore. Il dialetto è un suono. Se ti piace un suono non c’è bisogno di capire parola per parola. Da sempre si ascolta musica americana, anche senza capire le parole. Noi diciamo cose importanti, anche estreme però usiamo un linguaggio universale». Tanti gli incontri celebri, impossibile non pensare a quando nel 1987 si esibì all’Apollo Theater di New York, con James Brown, tra gli altri «Memorabile. Gli americani non mi hanno preso per napoletano, sebbene abbia cantato in dialetto. Si vede che il colore è dominante, hanno pensato fossi di Chicago», o con Pino Daniele «Era un fratello, lui è nato con Napoli Centrale e da lì non ci siamo più lasciati. Ci sentivamo 5-6 volte al mese e ci dicevamo tutto» e Massimo Troisi «Venne a prendermi l’autista, mi portò a casa sua e mi fece trovare una tavola imbandita di aragoste; disse: “tu queste devi mangiare”. Questo è il ricordo più grande che ho di lui».
Elisa Russo, Il Piccolo 23 Luglio 2020