Bruce Dickinson, «A cosa serve questo pulsante?» (HarperCollins)

cover libro bruce dickinson«Fu subito chiaro che cantare, o per lo meno cantare in chiesa, non faceva per me. (…) Era obbligatorio sostenere una prova di canto e sono orgoglioso di confessare che la fallii in modo eclatante: se una nota veniva suonata su un tasto bianco del pianoforte, io la cantavo come se corrispondesse a un tasto nero. Mi venne affidato un appunto – un foglio di carta – da consegnare al direttore del mio collegio. Recitava: Dickinson, convitto Sidney, non idoneo al canto»: è incoraggiante pensare dove sia arrivato il leggendario cantante degli Iron Maiden, Bruce Dickinson, che racconta questo episodio dell’infanzia nella sua autobiografia «A cosa serve questo pulsante?» (HarperCollins, pagg 430, € 19,50). E ancora: «All’epoca ero brufoloso, portavo la giacca a vento e dei jeans a zampa di elefante con Purple e Sabbath scritto a penna sulle cosce, guidavo un motorino scassato e rumorosissimo e sì, volevo diventare un batterista». Il sogno dei genitori era vederlo medico, veterinario, ragioniere, avvocato, ma lui sceglie la musica, anche se al suo primo concerto: «C’era un’unica persona, a vederci, e non c’è nulla di più triste di un uomo solo in un locale»; una riflessione di quel periodo finisce per essere che «Quando il costo della benzina per andare da un estremo all’altro del paese supera l’ammontare totale del cachet, il risultato è miseria».

Ma poi a inizio anni ’80 vede dal vivo i Maiden, punta di diamante del nuovo metal, sente una scarica di adrenalina e non ha dubbi: «Spiacente, ma dal momento che li vidi salire sul palco di Camden, seppi che sarei diventato il loro cantante». Il leader indiscusso era il bassista Steve Harris ed erano gestiti dal manager Rod Smallwood, i paladini dell’heavy metal «avevano la reputazione di un gruppo che licenziava un sacco di musicisti, ma ero d’accordo: nessuno deve viaggiare gratis». Bruce si prepara per l’audizione, all’epoca i Maiden hanno già realizzato due album e lui prepara tutti i pezzi (sebbene ne fossero richiesti solo quattro). È dentro. Fa parte di una band richiesta in tutto il mondo ed è come essere sulle montagne russe: «Un anno prima ero in bolletta, suonavo in una band che non aveva successo». Scrive Dickinson: «Chi non capisce gli Iron Maiden non può capire nemmeno l’impatto che possono aver avuto sulla vita di tantissima gente: per milioni di individui, nel corso degli anni, i Maiden hanno rappresentato un modo per autoaffermarsi. Su un altro piano rispetto alla musica pop, oltre la moda, la spazzatura e l’inutile decadenza della celebrità da reality, i Maiden lavoravano duro, erano concreti, essenziali e complessi, ma anche viscerali e aggressivi». Oltre novanta milioni di dischi venduti per una delle band più famose di tutti i tempi, ma i successi di Bruce – incredibilmente – non si limitano al campo musicale: è pilota di linea per una compagnia aerea, imprenditore, produttore di birra, scrittore, deejay, sceneggiatore per il cinema e addirittura campione di scherma a livello internazionale. «La mia vita è stata un susseguirsi di momenti dalla padella alla brace e probabilmente in fondo mi piacciono, perché non sei mai così vivo come quando impari qualcosa di nuovo e quando ti trovi a dover superare delle difficoltà»: a dicembre 2014 gli viene diagnosticato un tumore alla testa e alla gola. Reagisce con la sua grinta: «La vita è troppo breve per odiare il cancro, perciò l’avrei trattato come un ospite indesiderato, invitandolo con cortesia e fermezza a lasciare casa mia». Nel libro cosa manca? Lo spiega l’autore stesso: «Se avessi deciso di includere aerei, mogli, divorzi, figli e attività imprenditoriali, il libro avrebbe raggiunto le ottocento pagine e sarebbe stato uno di quei mattoni perfetti per ammazzare qualcuno o per cambiare le gomme degli autobus di Londra. Quando ho iniziato a scrivere ho preso una decisione, niente nascite, matrimoni o divorzi, né miei né di nessun altro. C’è già tanta carne al fuoco e aggiungerne altra sarebbe stata un’esagerazione. Ed esagerare, come diceva Winston Churchill, è un po’ come gettare bombe sulle macerie».

Elisa Russo, Il Piccolo 15 Maggio 2018

Bruce Dickinson

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