Venerdì e sabato l’Etnoblog di Riva Traiana ospita la settima edizione dell’Hipsters Expo. Tanti i dj che si alterneranno (da Rob Bailey di Londra a Jorg Recordshack di Vienna, passando per i triestini di Whatever) e due concerti: i Calibro 35 e The Attention (Vienna).
Nome di punta del festival sono i milanesi Calibro 35 che suonano venerdì. Una superband composta da: Massimo Martellotta (Stewart Copeland, Eugenio Finardi, Mauro Pagani) alle chitarre e alle lapsteel, Enrico Gabrielli (Afterhours, Mariposa, Morgan) su organi e fiati, Fabio Rondanini (Pino Marino, Roberto Angelini, Collettivo Angelo Mai) alla batteria, Luca Cavina (Transgender, Lindo Ferretti, Beatrice Antolini) al basso elettrico e Tommaso Colliva (Muse, Franz Ferdinand, Arto Lindsay) ai controlli in regia. La band nasce con l’intento di interpretare il repertorio delle colonne sonore italiane cercando di farle proprie ma al contempo rimanendo fedeli e rispettosi all’opera dei grandi Maestri. La composizione di musiche originali segue lo stesso percorso: il gruppo cerca di ritrovare il suono, l’attitudine e quella coesistenza di generi che hanno reso famoso in tutto il mondo il gusto italiano nella musica per le immagini. Nel loro secondo album si va dalle cover «La morte accarezza a mezzanotte» e «Milano odia: la polizia non può sparare» ai brani originali, tra i quali «Convergere in Giambellino» è forse il più incisivo. La musica dei Calibro 35 diventa lo specchio di quello che sarebbe oggi il sound del filone poliziottesco alla Maurizio Merli o del thriller alla Dario Argento: un misto di progressive, funk e soul adrenalinico con sfumature, deviazioni e dissonanze estremamente attuali.
Non è un caso che le prime esibizioni del gruppo siano avvenute all’estero, in Lussemburgo e Belgio e che il Funk&Soul Show di Charles Craig sulla BBC abbia trasmesso un rough mix di «Italia a Mano Armata» pochi giorni dopo la sua comparsa su MySpace. «Il primo disco era più un esperimento, un progetto collaterale, un incontro tra musicisti per vedere cosa succedeva – racconta Colliva -. Con il secondo disco è diventata un’attività a tempo pieno». Inoltre nel secondo lavoro ci sono più pezzi originali. «Sì. Si basa molto di più sui pezzi nostri. Ci siamo accorti che quello che passa tanto è l’estetica, il suono. Poi ci siamo resi conto che molte persone non conoscevano i pezzi originali ed è stata quasi una sfida: vediamo se capite quali sono i brani storici e quali sono nostri!». Qual è il vostro approccio alla musica? «Noi crediamo profondamente nell’artigianato musicale che si sta un po’ perdendo in Italia. Ora tutti fanno molta arte ma poco artigianato». Come ha reagito il pubblico negli Usa? «In America mi aspettavo che la gente fosse più preparata sul cinema italiano, grazie al revival di Tarantino e simili, invece non è così. La risposta è stata comunque molto buona». Soddisfazioni in Italia? «Tra le più grandi, i complimenti della famiglia Umiliani».
Elisa Russo, Il Piccolo 11 Marzo 2010