Le diverse sfaccettature del concetto di tempo: quello che appartiene a una generazione, che ha cambiato tutte le carte in tavola, quello per le decisioni o che scandisce il ritmo sonno-veglia, il presente e il futuro. Questo il filo conduttore di «Fugit», il nuovo ep del cantautore triestino Caspio uscito per Le Siepi Dischi e in distribuzione Believe, con l’apporto delle agenzie Waves Music e Conza Press. Brani eterogenei, che confondono generi, sonorità e stili: «Perché sono stati scritti in tempi – ed ecco il tempo che ritorna – diversi» spiega Giorgio Di Gregorio, cantante, batterista, chitarrista, bassista, appassionato di sintetizzatori, che dopo un’esperienza nei Free Strangers’ Society ha dato vita a un progetto solista che ha deciso di chiamare Caspio perché richiama l’acqua, e quindi Trieste. La sua musica spazia tra l’elettronica, il trip-hop, il rock, il pop, con influenze anni ‘90, ma in una veste completamente nuova e attuale. «Ogni cosa – continua – ha un suo momento. La copertina dell’ep rappresenta sia la diversità dei brani, sia l’idea di una stratificazione temporale: è, infatti, lo shot di una bacheca pubblicitaria in cui l’immagine di superficie si è logorata lasciando intravedere tutte quelle sottostanti, differenti tra loro, sovrapposte, che a loro volta ne erano state la copertina. È lo spaziotempo di un luogo qualunque, in cui il tempo è trascorso lasciando le sue tracce, è fuggito, lasciando dietro di sé il ricordo di qualcosa che ormai non c’è più e lisciando la superficie per fare spazio al nuovo. Qualcosa come “Fugit”». I brani sono stati prodotti con Cristiano Norbedo che ha curato anche il mix; il master è stato affidato a Ricky Carioti (fonico di Elisa), mentre le programmazioni ritmiche sono di Giona Rossetto: «Ci ho messo dentro – racconta Caspio – l’ultimo anno della mia vita, tra alti e bassi, tra cose che non cambiano mai e novità, tra noie e vita che vale la pena di essere vissuta». Il brano “Domani” è accompagnato anche da un videoclip nato da un’idea di Jan Garcia con la fotografia di Eugen Bonta: «Parla di un futuro che può essere diverso, inatteso, che non sarà mai come lo volevi ma che potrebbe non essere poi così male».
Elisa Russo, Il Piccolo 28 Dicembre 2021