Venerdì alle 20 il Teatro dei Fabbri (Via dei Fabbri 2) ospita il concerto dell’americano Chris Eckman & The Frictions, in apertura il cantautore sloveno Daniel Vezoja. Eckman è songwriter, cantante e polistrumentista dell’acclamata band di Seattle The Walkabouts, all’attivo una ventina di dischi. Ha dato vita ai Dirtmusic con Hugo Race (ex Bad Seeds) e Chris Brokaw (ex Codeine e Come). Nei primi 2000 si trasferisce a Lubiana, dove nascono The Frictions, nei quali – a detta di loro stessi – si possono sentire echi di Television, Neil Young and Crazy Horse, Dream Syndicate.
La serata è organizzata da Marco Valvassori (Valva Promotion) che racconta: «Ho avuto l’idea, o meglio la visione, di portare Chris Eckman & The Frictions a Trieste lo scorso dicembre, quando li ho visti suonare nel bar del Celica, storico ostello situato nel leggendario centro culturale Metelkova, a Lubiana. Tra il pubblico c’era il mio buon amico Daniel Vezoja, valente cantautore sloveno, per cui ho già organizzato una serie di concerti in Italia. Da lì l’idea, “perché non portare una fetta della scena musicale lubianese a Trieste?”. L’Hangar Teatri, per cui curo la parte musicale, mi sembrava lo spazio perfetto per far accadere tutto ciò. Poi, a causa dei problemi di cui si è parlato diffusamente sulle pagine del Piccolo, tutta la programmazione si è trasferita al Teatro dei Fabbri, grazie all’appoggio della Contrada. Sono molto emozionato e curioso di vedere come suonerà quella bellissima sala, vista anche la carenza di spazi per proporre musica di qualità in città. Spero il pubblico risponderà».
Chris, da anni vive a Lubiana, come è arrivato lì?
«Vivo a Lubiana da 15 anni, la prima volta venni a suonare con la mia band, The Walkabouts, poi ho conosciuto la mia futura moglie e sono tornato. Sono stato a Trieste parecchie volte, ma questo sarà il mio primo concerto in città. Proporremo un mix di pezzi, dal repertorio dei Frictions ai miei album solisti e anche qualche brano dei Walkabouts».
La principale differenze tra Europa e Usa?
«Una offre assistenza medica ai cittadini e l’altra no. Penso sia facile indovinare quale no».
Conosce la musica italiana?
«Uno degli artisti italiani che preferisco è l’ultimo, immenso Fabrizio De André, con i Walkabouts avevo inserito una cover di un suo pezzo nel nostro album “Train Leaves At Eight”. Ho anche un legame con gli splendidi Sacri Cuori di Bologna: il loro album “Delone” è uscito per la mia etichetta Glitterbeat».
Come nascono The Frictions?
«Ci siamo trovati a vicenda. Senza cercare, quando hai qualcuno davanti senti se può funzionare o no. Tomi e Bernard suonavano negli Hic et Nunc, band slovena di cui avevo prodotto l’album».
Ha collaborato con artisti come Brian Eno, Peter Buck (R.E.M.), Warren Ellis (Nick Cave/Dirty Three), Tindersticks, Mark Lanegan…
«Sono stato fortunato a lavorare con tanti grandi musicisti provenienti da tutto il mondo, di molti sono poi diventato amico. Negli ultimi anni sono stato spesso in Africa, nel Mali, e ho avuto modo di conoscere e collaborare con musicisti di quel paese».
Prossimi impegni?
«C’è “Bu Bir Ruya”, il nuovo album dei Dirtmusic, band che ho assieme a Hugo Race e Murat Ertel dei Baba Zula, nei prossimi mesi saremo in tour. Ho appena finito un disco con The Strange; con i Frictions registrerò ad aprile. E sto lavorando al disco dei Distance, Light & Sky, band che ho con due musicisti belgi».
Ha inciso dischi per Glitterhouse, Virgin, Sub Pop…
«Con la Glitterhouse lavoro ancora. Uscire per un’etichetta vitale può portare molta energia alla carriera di un artista. Ed essere con un’etichetta terribile, o con la quale hai un cattivo rapporto ti può uccidere. Direi che mi sono capitate entrambe le cose».
Ha fondato anche etichette sue, come Glitterbeat.
«Ho cominciato 5 anni fa e adesso ho un catalogo di oltre 60 album di artisti da tutto il mondo: Brasile, Turchia, Cambodia, Ruanda, Mauritania, Mali, Corea del Sud…».
Da tanti anni in pista. Cosa è cambiato?
«Quando ho esordito era dura, ed è ancora così».
Il futuro?
«Non mi interessa ripetermi, la musica che faccio oggi deve riflettere quello che sono adesso. Non sono un tipo nostalgico».
Elisa Russo, Il Piccolo 8 Marzo 2018