CLAUDIO BAGLIONI IN FVG APRILE 2022

«Anni fa mi concedevo delle lunghe pause, poi con l’andare del tempo ho scoperto che c’è un bisogno di fare qualcosa, di esserci, quindi anche in momenti così complessi, difficili, sia tecnicamente che umanamente, il fatto di agire con un atto di presenza è importante». Claudio Baglioni spiega così il suo passaggio in Friuli Venezia Giulia con ben tre tappe del suo tour “Dodici Note Solo”: martedì al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, mercoledì al Politeama Rossetti di Trieste e il 23 aprile al Teatro Verdi di Pordenone, sempre con inizio alle 21. Oltre 50 anni vissuti in musica, 60 milioni di copie vendute in tutto il mondo per il cantautore romano che, dalla fine degli anni Sessanta (il talent scout che lo scoprì all’epoca fu il triestino Teddy Reno) a oggi, è riuscito a conquistare una generazione dopo l’altra, grazie a un repertorio pop, melodico e raffinato, nel quale ha saputo fondere canzone d’autore e rock, sonorità internazionali, world music e jazz, rivoluzionando il concetto stesso di performance live, il primo a inaugurare la stagione dei grandi raduni negli stadi e ancora il primo, nel 1996, a “far scomparire il palco” e portare la scena al centro delle Arene più importanti d’Italia.

Baglioni, tre date in regione, ma nessuna replica. Come mai?

«Ogni sera è un debutto, non ho voluto replicare nessun teatro proprio perché non ci fosse questa sensazione della replica, principalmente per me. È una preparazione personale e dal punto di vista emotivo potrà essere realmente diversa quando sarò con il pubblico, la cui presenza è la sorpresa più grande, perché l’emozione non si può assolutamente prevedere».

Dunque si cimenterà con la voce, il pianoforte e altri strumenti?

«Ogni dozzina d’anni mi capita di fare un’esibizione da solo, quel che si chiama un assolo, un one man band, un recital solitario; da una parte c’è da vincere una lunga inattività, dall’altra devo riappropriarmi della manualità e della concentrazione che occorrono per un concerto di questo tipo».

Dal punto di vista pratico come si è organizzato?

«Ho preso un pianoforte e l’ho diviso in tre, sono diventate tre tastiere, una delle quali è un pianoforte digitale-acustico, le altre due sono tastiere che si avvalgono di un’effettistica. Cerco di portare da solo un’orchestrazione fatta quasi di stati d’animo, di riverberazioni, di aggiunte, lontane però anche presenti all’orecchio degli ascoltatori. Tra l’altro questo format di “Dodici note solo” è quello che precederà il “Dodici note”, con una grande orchestra, un coro lirico, la mia band e altri solisti».

E la scaletta?

«Ho composto il palco anche in una dimensione spazio-temporale. I tre strumenti, oltre a rappresentare un tipo di sonorità differente, rappresentano tre momenti di un’esistenza: il passato, il presente e l’ipotetico futuro. Ci sono dei pezzi che sicuramente rimangono in un calendario oramai distante, altri che hanno avuto il passaporto del tempo e sono di nuovo attuali, mentre altri ancora, e ce ne saranno diversi in questa performance, che invece sono molto meno usuali nei miei repertori. Ci sono canzoni che amo in maniera particolare, anche piuttosto complesse, e in questo c’è un senso di sfida, come “Fammi andar via” o “Un po’ di più”, ci sono anche certe canzoni fondamentali, quelle popolari come “Questo piccolo grande amore”, però gran parte del repertorio va a pescare in tempi vicini e lontani con canzoni come “Amori in corso”, mentre dell’ultimo album “In questa storia che è la mia” ci sono cinque o sei titoli».

Perché “Dodici note”?

«Con dodici note si fa tutta la musica, diverse ottave con diverse timbriche ed è dalla composizione di questi mattoncini, come se fosse una scatola di costruzioni, che riusciamo a fare qualsiasi tipo di musica, sia essa classica, sinfonica, operistica, folk, leggera, popolare, jazz, ogni tipo di musica è fatta degli stessi ingredienti».

Come vede il futuro prossimo?

«Si naviga a vista sempre, sarebbe già straordinario finire bene con grandi soddisfazioni e con apprezzamenti da parte di coloro che ascolteranno questo concerto. Fino a lì arriverò, ogni tanto c’è questo pensiero, questo interrogativo sul cominciare a mettersi da parte, perché bisogna finire in bellezza, io che sono suonatore vorrei finire con la migliore delle cose, intanto c’è questo, il prossimo appuntamento è già delineato perché è stato rimandato da anni, il “Dodici note” a Caracalla, con una grande orchestra, la band, il coro lirico e dei cori moderni. Il resto chi lo sa».

Elisa Russo, Il Piccolo e il Messaggero Veneto 2 Aprile 2022

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