Metteva subito le carte in tavola, Claudio Misculin: «Non ho fatto l’accademia né il Dams, purtroppo. Ho fatto la galera, il manicomio, altre esperienze traumatico laceranti». L’attore e regista nato a Trieste il 14 febbraio 1954, veniva da una famiglia borghese: il papà, mente brillante e matematica, garantisce una vita agiata ai figli. Dopo una lunga malattia la mamma muore quando lui ha 15 anni; gli rimarrà la frustrazione di un rapporto difficile con quel padre ammirato, che lo sognava laureato e faticava a considerare un vero mestiere quello dell’attore (solo alla fine riuscirà ad apprezzarlo), con la pesantezza di quel “ma quando te se troverà un lavor serio?”. Tenta di accontentarlo, ma senza risultati: «Ho provato l’università perché volevo fare il medico. Due anni, ma non ho combinato niente. Mi sono fatto invece un anno di carcere. Ero innocente. Il giudice distribuiva gli anni in base alle sue credenze politiche. Io ho sempre fatto il pagliaccio, mi si notava e quindi in galera… un po’ eccessivo». Si raccontava in un’intervista di Milena Gabanelli per Report, la si trova su RaiPlay, all’epoca aveva 45 anni: «Mi definisco come matto. Sono matto per scelta. Sono stato accolto nel manicomio di Trieste dopo qualche anno di sbandamento, cominciato a 18. Cocaina, eroina, otto volte i fascisti mi hanno rotto il setto nasale con trauma cranico, due volte in coma. Non ero una persona tranquilla, una terza linea di rugby con un certo fisico e con una dose – non so perché – di cattiveria… ma roba mia, non era colpa di Andreotti e neanche di Berlinguer. Combinavo danni a destra e a sinistra». Entra in manicomio dalla porta di servizio, «perché ero in crisi, ero matto ma mica mona». Non uno qualsiasi: l’ospedale psichiatrico di Trieste, nel parco di San Giovanni, dove era in corso la rivoluzione basagliana. Ed è proprio da questi inciampi giovanili che si delinea la strada che percorrerà con devozione. «Col primo copione che Dell’Acqua mi ha messo in mano, ho tirato la testa fuori dalla melma». Negli anni ’70 Angela Pianca è una giovane psicologa volontaria con la passione del teatro: incontra lo sciamano carismatico Claudio, che la coinvolge. Nell’83 fondano un laboratorio di artigianato teatrale, “a me il teatro ha salvato la vita, può forse farlo per altri” le dice Misculin con l’intento di adunare una compagnia di attori matti ma professionali. «Avevamo la fortuna – ricorda Pianca – di avere Basaglia, Rotelli, Dell’Acqua, Cogliati, un’equipe di giovanissimi medici illuminati. Un po’ dimenticati dal resto del mondo, avevamo carta bianca, potevamo costruire un progetto forte, con una congiuntura di situazioni, momenti, intrecci che ci hanno permesso di tradurre il sogno in realtà. La nostra vita era tutta lì». Nel ‘92 fondano l’Accademia della Follia con la quale propongono in tutta Italia il loro concetto creativo rivoluzionario, nel 2010 arriverà la Medaglia al merito del Presidente della Repubblica nel campo delle Arti, della Cultura e dello Spettacolo. Misculin entra in comunicazione con i matti con una naturalezza disarmante: «Per me è estremamente facile. Il matto dice sempre la verità, è trasparente, al primo incontro ti dà le coordinate della sua regia. Il normale parla attraverso delle bugie, non può dire la verità, se la dice si scopre. Per cui io, da sempre, comunico meglio con un pazzo». Era sincero fino alla crudeltà, non barava. «Non te le mandava mai a dire. Magari rompeva ma poi recuperava. Perché dall’altra parte – ricorda Pianca – aveva una dolcezza e una sensibilità nel cogliere il problema, stare vicino alla persona con la sua sofferenza». Sul palco Misculin era un atleta (con le sue acrobatiche capriole all’indietro), nudo, si dava fuoco, si tagliava, si cuciva, perfino vomitava: sembrava di stare a un concerto punk. «Il teatro è il luogo dell’eccesso. In pochi anni sperimento quello che sarà il mio patrimonio stilistico. Sangue, vomito, acqua, fuoco, terra, vetro, carne». La sua visione era priva di ipocrisia: «La follia fa paura perché rompe le scatole. Insomma, i matti puzzano, rompono i coglioni, urlano, si dimenano oppure stan fermi come statue. Il matto, essendo una cosa buona, fa male come la nutella. Molto spesso ha un’energia, un’elettricità superiore alla norma, cinque minuti, per ridere ok, ma dopo diventa una comunicazione molto difficile e chi fa lo sforzo? Ci vuole molta “violenza” per poter reggere un grosso sforzo». Claudio Misculin, qualche mese prima della morte arrivata il 20 settembre 2019, confermava come le sue intuizioni giovanili fossero per lui ancora valide: «A 65 anni credo a ben poche cose. Credo a una delle prime che mi ha insegnato mio padre: “non fare agli altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te”. Non credo più un granché però mi muovo sul palco facendo e dicendo le cose che penso da quando avevo vent’anni, perché mi fido delle scelte precise che ho fatto allora, adesso son vecchio e smarronato… Le idee non vai a prenderle al supermercato. Se ce ne hai una deve bastarti per tutta la vita». Seppur malato, è stato in teatro fino all’ultimo, la sua unica casa possibile. Si è congedato dai suoi adorati matti con una frase concisa: «’ndè avanti». Così è stato. L’Accademia della Follia è più viva che mai. E la memoria di Claudio verrà preservata anche grazie a un archivio con la soprintendenza dei beni culturali di Roma e del FVG, e un film documentario di Erika Rossi in uscita nei prossimi mesi. Chissà se se n’è andato con dei rimpianti. «Forse con qualche bestemmia – dice la sua collaboratrice storica Pianca – era molto orgoglioso di tutto quello che aveva fatto, ma ha pagato un prezzo altissimo nel rimanere a Trieste, fedele al suo teatro, dove però non ha avuto i riconoscimenti che gli hanno riservato Europa e Sud America».
COLLABORAZIONI E RICONOSCIMENTI
«È stato attore grandissimo – ha detto di lui Giuliano Scabia – umanissimo e tormentato. Forse il più grande attore italiano». Fin dall’inizio della sua attività Misculin ha collaborato con intellettuali, autori, poeti, musicisti, coreografi e registi tra i quali: Franco Rotelli, Peppe Dell’Acqua, Piero Del Giudice, Claudio Bernardi, Giuliano Scabia, Dacia Maraini, Pino Roveredo, Giuseppe D’Arrigo, Donata Roma, Giuliano Spazzali, Giancarlo Majorino, Sarah Taylor, Mario Uršič e ha attivato moltissimi progetti con enti pubblici, privati e fondazioni. Tra i riconoscimenti, anche il patrocinio Unesco per la tournée 2019 in Brasile con «Stravaganza» (testo di Maraini sull’avvento della Legge Basaglia).
ACCADEMIA DELLA FOLLIA
Nel 1981, insieme ad Angela Pianca e Franco Rotelli, allora Direttore del Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, Misculin progetta e fonda il Laboratorio di Artigianato Teatrale con il fine di formare una compagnia professionale di «matti di mestiere e attori per vocazione» che nel 1983 prenderà il nome di Velemir Teatro. Nel 1992 a Santarcangelo di Romagna fonda, con Cinzia Quintiliani e Angela Pianca, la compagnia teatrale Accademia della Follia – noi siamo gli errori che permettono la vostra intelligenza. Una sterminata produzione, spettacoli dal 1992 (“Borderline”) fino ai recenti “E mi no firmo” (2018) e “Le avventure del Randazzo” (2019), documentari come “Crucifige” (1998), videoclip musicali come “Il cantico dei matti” (2002).
Elisa Russo, Il Piccolo 15 Luglio 2023
