COMA COSE A LIGNANO IL 02.09.23

«Per noi che siamo gente di frontiera/ ecco perché apprezzo/ chi ha lo sguardo triste/ come Trieste senza la “e” nel mezzo» cantano i Coma Cose in “S. Sebastiano”. E non è di certo l’unico riferimento al Friuli-Venezia Giulia. Questo perché il duo composto da Fausto Lama e California, pur facendo base a Milano, ha radici a Pordenone dove è nata California (al secolo Francesca Mesiano). In un tour da sold-out ovunque, intitolato “Un meraviglioso modo d’incontrarsi” (prendendo spunto dall’ultimo album “Un meraviglioso modo di salvarsi”), c’è una sola data in regione per la coppia, nella vita e nella musica, che ha spopolato a Sanremo 2021 con “Fiamme negli occhi” e quest’anno con “L’addio”: saranno a Lignano Sabbiadoro per Nottinarena (Arena Alpe Adria) il 2 settembre alle 21. 

Francesca, nel 2017 uno dei vostri primi singoli s’intitolava “Jugoslavia”, come mai?

«Ho tantissimi ricordi giovanili delle vacanze in Croazia e Slovenia. Con i miei genitori venivo spesso a Trieste, per me ha la magia di “vecchia signora” che ha vissuto tanti fasti e grandi lotte, una città malinconica come Venezia. Avevo conosciuto Fausto da poco, gli stavo raccontando di me ed è nata questa “gemma”, sono contenta che magari gli ascoltatori della zona si siano ritrovati. Nelle nostre canzoni c’è molto del Friuli e dei confini». 

Lignano era una meta balneare della sua infanzia?

«Più dell’adolescenza, per me e mio fratello maggiore era un po’ la nostra Riccione, il luogo del divertimento, si andava a ballare con gli amici». 

Un altro verso di “Jugoslavia” diceva: “Vengo dal niente e voglio tutto”. Una profezia?

«Il nostro è stato un inizio davvero naïf. Fausto ha sempre fatto musica, io mille altri lavori, al massimo avevo suonato nei garage. Era un momento di stallo, volevamo tirarci fuori, fare qualcosa di bello, “prenderci tutto”, c’era una sana forza motrice. Ci siamo buttati, non avevamo niente da perdere».

“Coma Cose come i Prozac+” dite in “French Fries”. Quanto vi ha influenzato la storica band pordenonese?

«Per me sono dei miti indiscussi. Come lo è Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti. È stato un onore poi conoscerli. Anche se mi sono trasferita, la mia formazione è avvenuta a Pordenone, e me la porto sempre dentro. Nell’ultimo disco in “Giorni Opachi” parliamo del Friuli, della “Grava” del Tagliamento dove andavo da ragazzina». 

“Pordenone quanto ci è costata l’anarchia”: cosa racchiudono questi versi?

«C’è dentro un po’ il disagio di vivere in provincia, la voglia di andare, vedere il mondo, scappare, e c’è un riferimento alla scena di Pordenone, culla del punk con il Great Complotto, una città piena di moto rivoluzionario, con uno spirito anarchico». 

Si definisce “decisa come un vino buono”. Un vino friulano?

«Assolutamente sì, non ne bevo altri! Solo Ribolla gialla, che adoro».

Il vostro genere?

«Siamo partiti dal rap, primo grande amore, il testo è per noi fondamentale. Poi abbiamo toccato tutti i generi che abbiamo ascoltato nella vita, indie rock, punk, pop… Riuscire a fare una bella canzone pop è ancora più difficile che farne una “folle”, dove sei più libero». 

Al Festival di Sanremo è andata meglio la prima o la seconda volta?

«Sono state due edizioni completamente diverse, ma entrambe belle esperienze. Nel 2021 c’era la pandemia, eravamo totalmente sconosciuti al grande pubblico, c’era l’effetto sorpresa ma anche diffidenza, non è facile entrare nel cuore delle persone, ci vuole tempo. Quest’anno già ci conoscevano tutti, certo poi devi piacere, ma è stato più semplice, abbiamo sentito il calore». 

“L’addio” racconta la crisi (superata) della vostra coppia. Ha creato identificazione?

«Abbiamo raccontato un pezzo di storia che spesso non si racconta nelle canzoni, dove di solito si parla dell’innamoramento oppure del lasciarsi, della crisi che sta in mezzo si parla meno. È stata una sfida condividere quella sfumatura della nostra storia. La sincerità nell’esporsi ha fatto sì che le persone si rivedano, un bel traguardo per noi». 

A Sanremo ha indossato anche abiti di Vivienne Westwood. Quanto vi piace curare il look?

«Abbiamo sempre tenuto alla parte estetica della performance. Quest’anno alcune sere abbiamo osato di più. Essendo in due coordinarsi è difficile visto che ognuno ha i suoi gusti, però ci incontriamo, in qualche modo».  

Cosa vi aspetta?

«Con il primo maggio in piazza a Roma cominciano le date estive. Suonare all’aperto ci piace molto, non vediamo l’ora di toccare tutta l’Italia e, per la prima volta, Lignano». 

Elisa Russo, Il Piccolo 1 Maggio 2023 

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