«Siamo esseri umani, sbagliamo e ciò serve a crescere e migliorarsi, abbiamo sbagliato molte cose e continueremo fin quando forse capiremo. L’errore è una cosa che ci accomuna tutti»: “Solo quando sbaglio” (LaPOP) è il quarto capitolo discografico del cantautore triestino Enrico Cortellino: «Mi piace considerarlo come il primo album di Cortellino – puntualizza – pur senza rinnegare i tre lavori precedenti con lo pseudonimo Cortex… e se contiamo i demo siamo almeno a dieci».
Con chi ha collaborato?
«Filippo Graziani ha partecipato alla cover di suo papà Ivan “140 km/h”, lui ama definirlo un lavoro “gustoso”, il figlio di Mogol, Cheope mi ha dato un paio di consigli. Per alcuni testi ho coinvolto degli autori che ho conosciuto al Cet (la scuola di Mogol): per “Cuore logico” Giacomo Quinti, produttore anche del video e del brano “Un discorso da coniglio”, scritto a sei mani con Luca Masiello e Laura Raimondi, “Solo quando sbaglio” con Eleonora Rossi e Quinti, in “Un sorriso” c’è un featuring del rapper Yane. Ho scoperto che collaborare con degli autori è molto stimolante e produttivo, prima ero molto più introspettivo e chiuso».
Dove ha registrato?
«La pre-produzione a Trieste con Alessandro Giorgiutti alias AbbaZabba, le batterie curate da Moreno Buttinar, i piani di Stefano Bigontina che ha realizzato un ottimo assolo in “Mediterranea” (il violino è di Giovanna Rados), synth e pazzie varie di Liviano Mos vedi i cori “rollingstoniani” nell’intro di “Un discorso da coniglio”. E a Rimini con Cristian Bonato per la post produzione. Il tutto è stato masterizzato da Giovanni Versari a Bologna ai La Maestà studios».
Il pubblico oggi ascolta un album completo o si ferma ai singoli?
«Mi ritengo fortunato perché ho un editore che mi solleva da questi pensieri e mi dice che devo solamente scrivere canzoni e che ci pensa lui a farle girare. Credo sia vero che il mercato musicale digitale sia più focalizzato sulla fruizione dei singoli. Io sono alla vecchia e ho deciso di fare un album».
Chi l’ha ispirata?
«Mentre registravo il disco passavo dai Daft Punk a Robert Miles, Puccini e Chopin, Battisti e Dalla, Beatles e Led Zeppelin. Ultimamente ho studiato pezzi di Lauzi, Battisti, Bennato e Battiato per mio vezzo personale. Come nuove promesse mi piacciono molto Lucio Corsi, Alberto Bianco e Andrea Lazlo de Simone».
La scuola di Mogol cosa le ha insegnato?
«Il Cet è un bellissimo posto dove trovi gente determinata con la tua stessa passione con cui confrontarti. Mogol è un mostro sacro, si alza alla mattina prestissimo e dice che i testi migliori li ha scritti in quell’orario e pure Battisti cantava prima del gallo; non tollera i ritardi (in caso ti lascia fuori dall’aula), è molto puntiglioso, se racconta uno dei suoi aneddoti di vita stanno tutti zitti anche se parla pianissimo e non si capisce bene. Dice che sa suonare solo il campanello e che non sa cantare ma a casa sua è pieno di pianoforti, anche uno che gli ha regalato Ennio Morricone».
Quanto contano le regole e quanto la creatività?
«Una bella canzone è il più delle volte la trascrizione di un’emozione e serve viverla per raccontarla. Ci sono delle convenzioni armoniche che si possono rispettare oppure sconvolgere ma anche dietro i più banali trucchi vi è sempre del lavoro che si apprende sul campo con l’informazione e l’esperienza».
Concerti?
«21 novembre Forlimpopoli, 22-23-24 Roma, 4 dicembre Torino e sto organizzando un release party al Round Midnight di Trieste per metà dicembre».
Elisa Russo, Il Piccolo 31 Ottobre 2019