«Lo spettacolo fa ridere, quindi sono contento: era il mio obiettivo». Fumetti, parole, immagini e musica si intrecciano nel nuovo spettacolo di Davide Toffolo incentrato sul suo libro «L’ultimo vecchio sulla Terra» (Rizzoli Lizard) dedicato a Remo Remotti e inserito nella rassegna “Sound & Vision”, in scena al Teatro Miela venerdì alle 21.30. È il 2005 quando Toffolo, artista pordenonese tra le principali firme del fumetto italiano e frontman dei Tre allegri ragazzi morti, vede dal vivo Remotti (1924-2015), poeta, performer, pittore, scultore e attore per Nanni Moretti, Francis Ford Coppola, i fratelli Taviani e pensa: “Quando Remo morirà, io voglio diventare lui”.
Toffolo, ci sta riuscendo, a entrare nei panni di colui che interpretò Freud in “Sogni d’Oro” di Moretti?
«È impegnativo, però è divertente, mette in moto tante cose, per esempio il rapporto con le città e infatti ho avuto ospiti diversi in ogni tappa (Nori, Appino, Viterbini…). Al Miela ci sarà un “me ne vado da Trieste” scritto da un triestino. Non posso dire molto perché è tutto basato sulla sorpresa. Cerco di demolire la parete che divide dal pubblico, mi ispiro a Paolo Villaggio negli anni ’60».
La parte visiva?
«È consistente, importante. Oltre ai miei disegni su Remotti ci sarà una ricostruzione di un racconto per immagini fatto in diretta sullo schermo».
Cosa ha scoperto di Remotti, portando questo spettacolo in giro?
«Che c’è tantissima gente innamorata di lui, i romani pensano sia una cosa loro, ma io lo sapevo già che andava oltre i confini della capitale, perché Remo ha passato gli ultimi anni della sua vita nei club, in mezzo alla gente e quindi ci sono reperti della sua presenza in tutti i posti in cui sono andato. Ognuno ha un racconto, qualcosa da dirmi su di lui».
Come fa a essere così prolifico, tra musica e fumetti?
«Questi due anni di difficoltà non sono riuscito a star fermo un minuto. Nonostante il casino fuori, per me è un periodo abbastanza sereno, sono leggero e questa leggerezza con gli anni diventa sempre più una mia caratteristica. E poi faccio tutto in autonomia, non dipendo dai tempi di nessuno, ho una struttura indipendente e quando mi viene un’idea, una voglia, la metto in atto».
Questa settimana è uscito il nuovo singolo e video dei Tre allegri “La gente libera”.
«Anticipa un disco specialissimo che uscirà ad aprile, siamo un supergruppo composta dai TARM e i Cor Veleno, nome storico del rap romano, anche il tour estivo sarà condiviso con loro».
Cosa ne pensa del successo della serie Netflix di Zerocalcare?
«È un passo nuovo che consacra un grandissimo autore italiano. Forse apre anche una chiave per delle produzioni che in Italia non sono mai state affrontate, quelle delle serialità a cartoni animati».
E del fatto che è stato criticato per l’uso del romanesco?
«La lingua dei fumetti è un’invenzione linguistica, già Andrea Pazienza aveva inventato una lingua sua, che era un mezzo dialetto».
Ha mai pensato di scrivere un memoir, come fanno molte rockstar?
«Forse è un po’ presto e in qualche modo già cerco di raccontare quello che mi succede. Sono un po’ refrattario alla nostalgia, se penso alla memoria mi viene in mente il film “Toro Scatenato” dove c’è il protagonista che racconta di quanti pugni ha preso da ragazzo. Credo che il rock’n’roll non sia molto diverso dal pugilato quindi più in là negli anni, quando diventerò come Remo Remotti, forse mi metterò a raccontare a teatro quello che ho visto nella mia esistenza di musicista».
Elisa Russo, Il Piccolo 16 Dicembre 2021