DELIRI AMERICANI PUNTATA 11, 12, 13

Deliri americani puntata 11

Due settimane di pausa per questa delirante rubrica. Semplicemente perché la sua autrice era impegnata a fare la funambola sui fili di saliva. Ma eccoci qua. Caduta di sotto scongiurata per questa volta.

Nel frattempo ho pure, traumaticamente compiuto gli anni. E per il mio compleanno mi è morto Lou Reed.

Luca CiutOggi vi presento il lavoro di un mio concittadino, si chiama Luca Ciut, in questi giorni è uscito il suo primo cd, «Seventeen Million Lonely Angels», e ovviamente lo potete trovare nel mondo INTIERO in formato digitale su Amazon e iTunes. Luca, diplomato in composizione al conservatorio di Udine, si è specializzato poi in musica da film alla UCLA di Los Angeles. Vincitore di diversi premi grazie alla creazione di brani per differenti formazioni, si è concentrato sul legame fra musica e immagini. Trasferitosi a Los Angeles nel 2011, nell’autunno 2012 viene selezionato tra i giovani compositori vincitori del SCL Mentorship Program. Ha vissuto e lavorato a Los Angeles dove ha ultimato la produzione del suo primo album, un progetto ispirato ai suoni della città. Ha alle spalle diverse esperienze nel mondo delle colonne sonore. È uscito anche un video, del brano “A quiet place” che potete vedere su Vimeo.

E quindi, per associazione di idee mi è venuto subito in mente un altro nome importantissimo della nostra regione, che lavora con le colonne sonore e cha ha fatto un brano che s’intitola “A quiet life”.
Vediamo se Ricky Russo indovina chi è.

Suspence.

Teho Teardo and Blixa Bargeld image 1_main_page_displayOvviamente sto parlando del compositore pordenonese Teho Teardo, che di recente ha realizzato un bellissimo album in collaborazione con il berlinese Blixa Bargeld, leader degli Einstürzende Neubauten (e nei Bad Seeds con Nick Cave). I due si erano già incontrati per la realizzazione della pièce teatrale “Ingiuria” e avevano poi collaborato in un brano della colonna sonora di “A Quite Life”. Dopo quella canzone avevano cominciato a scrivere del materiale assieme. È nato così «Still Smiling» (Specula Records), registrato tra Roma e Berlino, 12 canzoni oniriche e crepuscolari (inclusa una nuova versione di “A Quiet Life”), che mescolano musica classica ed elettronica con testi in inglese, tedesco, italiano (impagabile sentire Blixa in «Mi Scusi» raccontare che il suo italiano è “ancora giovane e inesperto”, che “l’accento, quello no, non se ne va” e che le ginocchia gli fanno “Giacomo – Giacomo”). 

 

Deliri americani puntata 12

115494300Siamo partiti con il rock’n’roll dei Gonzales, fonte di orgoglio triestino. Prima o poi, faranno una statua dei Gonzales, vicina a quelle di Saba e Joyce. Una band che noi Russos seguiamo dagli esordi, che risalgono ad un bel po’ di tempo fa, per altro. Martedì ho avuto il piacere di vederli su un palco molto importante, quello del Teatro Miela di Trieste. L’attivissima associazione Trieste is Rock ha organizzato una bella serata in cui hanno suonato i leggendari Quireboys, ed in apertura i Gonzales. Devo dire che a vedere i nostri amici Giampi, Bonko, Mark, Tilen, Ilija sul palco del teatro mi ha fatto un certo effetto. Tra brani della loro carriera più recenti e più vecchiotti ci hanno infilato una cover moooolto importante, ovvero quella di “Growing Pains” degli Upset Noise, leggendaria band hardcore. In quel momento, devo dire, ho pensato al mio bro Ricky Russo, a quando ascoltavamo i vinili degli Upset Noise nella nostra cameretta. Ma soprattutto ho pensato all’inganno di questa canzone, che parla di sofferenze di crescita e io vent’anni fa pensavo si riferisse all’adolescenza. Oggi invece, avvicinandomi ai primi anta, mi rendo conto che le “Growing Pains” non finiscono mai. È uno stato permanente. Mannaggia. Ho pensato anche al mio bro quando i Quireboys hanno inanellato due vecchi successi: la ballatona “I don’t love you anymore” singolo del 90 e poi “7 O’clock”, singolone del 1989. Cioè, lo ascoltavamo quando avevamo io 13 anni e Ricky 16. Pazzesco. Eppure non ci vedo così tanto cambiati. La purezza e l’entusiasmo secondo me sono immutati. Perché la musica ci mantiene giovani.

Un piccolo aneddoto sugli anni che passano:

L’altro giorno mio nonno mi ha raccontato che quando era prigioniero di guerra a Rodi, conobbe una ragazza che gli piaceva tanto. Si separarono in maniera burrascosa, lei tra le lacrime gli strappò la promessa che si sarebbero scritti appena (e se) fossero al sicuro. Anni dopo mio nonno ricevette una lettera di questa ragazza: era a Napoli e voleva sapere se lui era vivo. Mia nonna gli prese dalle mani la lettera, che conteneva anche una foto della ragazza e gliela strappò in mille pezzi. Quanti anni saranno passati? 65? Forse più. Mio nonno oggi, a 90 anni, dice di sentire un forte rimorso per non avere risposto alla lettera di quella ragazza, per dirle almeno che era vivo.

Ciò che mi annichilisce di questo racconto è: ma il tempo non cancella? Una cosa così lontana, un incontro così fugace, come può rimanere così impresso e provocare un rimorso in un uomo che è sempre stato, tra l’altro, molto forte e non particolarmente sensibile?

 

Deliri americani puntata 13

Fanfare-Packshot-web-1024x1024Un breve riassunto di quello che accade alla musica italiana attraverso la lettura di facebook. Nella mia home ci sono spesso giornalisti musicali che si lamentano di musicisti che si lamentano di uffici stampa che si lamentano di agenzie di booking che si lamentano di etichette discografiche che si lamentano di gestori di locali che si lamentano del lamentabile… Non cadrò nella trappola lamentandomi di chi si lamenta, solo ricordo sempre che la musica dovrebbe essere una cosa bella, che ci dà sollievo, che ci distrae per un po' dalle brutture del mondo, che non è una malattia e che se la viviamo come fosse la peste forse è meglio cambiare hobby/ lavoro/ passatempo. Questa mancanza di passione e questa triste guerra tra poveracci che si contendono il Nulla porterà alla fine di tutto. Spero presto, così poi si può ricominciare davvero da zero.

 

Quindi, se vi prende il nervoso contate fino a 10, mettete su un bel disco e vedrete come vi rimettete in pace con il mondo. Io l’ho fatto con uno dei dischi che più mi sono piaciuti ultimamente: «Fanfare» di Jonathan Wilson. È un disco degno dei grandi classici del passato e non per niente ci sono ospiti come Graham Nash, David Crosby, Jackson Browne. Fatevi un regalone ed ascoltatelo. Vi passerà la voglia, per altro tutta italiana, di lamentarvi. È uno di quei dischi solenni, pieni di vita e di gioia anche nei momenti più malinconici. Un disco che infonde un grande senso di libertà e penso che in un momento come questo ne abbiamo bisogno. Di fiducia e libertà.

In chiusura, poiché sono attenta alle uscite made in Italy, voglio segnalarvi il nuovo singolo del cantautore triestino Luca Lucchesi. Sta realizzando il suo nuovo album, in uscita a primavera. Le canzoni usciranno prima come singoli su iTunes e soltanto in un secondo momento verranno raccolte in un cd. Il primo singolo è già disponibile, si chiama “Little Child” ed è frutto della collaborazione di Lucchesi con Ricky Carioti (tecnico del suono e fonico che lavora, tra i tanti nomi, anche con Elisa). Venerdì, alle 22.30, Lucchesi (chitarra e voce) presenta “Little Child” e altri brani che andranno a comporre il prossimo album, al Café Rossetti di Trieste. In scaletta anche qualche cover di Police, Hendrix, Beatles. L’anno scorso il songwriter triestino aveva presentato il suo album di debutto «Bad Days Are Gone» a Barcellona, in un locale storico come il Bar Pastís e nel programma radiofonico Zibaldone, in onda sull’emittente spagnola Radio Contrabanda e condotto da Steven Forti: nei prossimi mesi è previsto un nuovo passaggio in Spagna. Del nuovo album racconta: «Scrivo sempre la musica e poi in base alle emozioni che mi suscita, compongo il testo. Ora ho sei pezzi nuovi e conto di finire l’album entro primavera. Rispetto all’album precedente si sentono meno le influenze, i brani sono ancora più personali. C’è qualche pezzo più rabbioso e rockeggiante, la musica per me è una grande valvola di sfogo. Ci sono però anche pezzi lenti, più soft. Ci sarà una bella alternanza».

Ricordatelo, lo dice anche Lucchesi: la musica è una valvola di sfogo. Se è per voi una fonte di frustrazione, qualcosa si è rotto nell’ingranaggio. O magari si è solo inceppato. Provate ad oliarlo. 

Elisa Russo, in onda all'interno di In Orbita America Edition su ICN Radio NY nel corso di novembre 2013

 

 

 

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