Venerdì 20 dicembre 2013, alle 5pm (23.00), va in onda la 27a puntata di IN ORBITA AMERICAN EDITION su Icn Radio NY. In collegamento con Steven Forti da Barcellona, Berardo Moostash Staglianò dal Lussemburgo, Michelle Davis da Firenze, Elisa Russo da Trieste. Ascolti: Amanda Jayne, Bobo Rondelli & L'Orchestrino, Cesare Malfatti, Fabrizio Tavernelli, La Metralli, Lilith And The Sinnersaints, Frank Zappa. Replica Sabato 21 dicembre, alle 12pm (18.00).
Deliri Americani Puntata 17
«Alcuni scienziati affermano che l’idrogeno, proprio perché così abbondante, è il mattone
fondamentale dell’universo. Io dico che nell’universo c’è più stupidità che idrogeno».
«Gli Stati Uniti sono una nazione di leggi: scritte male e applicate a caso».
“Zappa en Regalia Vita complicata di un genio” è il nuovo e-book di Massimo Del Papa.
A vent’anni dalla morte, un ricordo del tutto personale di Frank Zappa. Un omaggio alla sua vita orgogliosa e intransigente, alla fatica di essere un genio nell’America che tollera le sue menti critiche, ma imponendo loro prezzi insostenibili. I dischi. I cambi di formazione. La musica fatta di musiche. Le ambizioni “classiche”. Le presunzioni e le esagerazioni. Il rapporto esasperato col pubblico, e complicato con se stesso, la famiglia, i musicisti. La bulimia strumentale e tecnologica. L’eredità insostenibile per chiunque. La irrinunciabile difficoltà della fruizione. L’etica della musica, che vincola anche chi la ascolta. Un omaggio pieno di affetto per una non-rockstar difficile da amare, ma impossibile da non amare. Un compositore che attende ancora il suo posto nella memoria e nella storia della musica contemporanea: quello in cima, sopra a tutti gli altri.
«Non ci sarà mai più uno così. La sua è musica perenne, viva, musica esuberante da ventesimo secolo, musica di cose che si muovono, si spostano, nervosa e precisa, appassionata e affilata, scioccherella e complicata, anarchica e irriverente, indolente e eccitante, elegante e maleducata, cinica e struggente, sfuggente e presente, musica di città, di metropoli, di bassifondi, di cattedrali scolpite nell’aria e in stagione della vita quella musica inafferrabile e invadente, imprescindibile, inevitabile ci rapisce, ci rituffa nella vigilia di noi stessi, ci scaglia incontro ad una incognita di tempo da sprecare, e di sole, e di incontri, e di qualsiasi cosa tu possa lontanamente immaginare. Zappa ti cambia la vita anche da morto. Perché la sua musica morire non può e la fai vivere tu, che te la porti dentro prima ancora di saperlo. Quando finalmente la scopri, lo senti, capisci che suona per te, parla con te».
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«L’America, questa federazione, il più fascista degli Stati democratici. Una terra odiamata, avversata fino al midollo, scudisciata di invettive antiamericane in quanto paladina di una pseudodemocrazia di stampo occidentale, capace di avversare un suo accusatore per il solo fatto che si permette di esistere, di criticarla: Zappa fin da subito deve fare i conti con una serie di ostacoli, di censure non tanto surrettizie. Eppure, egli non cessa di sentirsi americano: sa bene che la sua poetica estrema può svilupparla solo qui, nell'eterno gioco al massacro fra garanzia di espressione e reazione fagocitante quell'espressione. “Non voglio che la terra delle libertà si riduca a questo”, è un suo mantra. Zappa in fondo difende disperatamente un'utopia, quella appunto della libertà: di esprimersi, di esplicarsi, di essere. Non si capacita, essendo americano, che il suo Paese, che i politici del suo Paese portino avanti una cosa così stupida come le censure sui testi, le etichette con cui “avvertire” le famiglie che un disco è sconveniente. Non ammette che una terra capace di trascinare l'umanità possa perdersi nelle balle di predicatori avidi ed erotomani, e pare dire nelle sue oscenità musicali: ah, io sarei pornografico? E quelli, allora, cosa sono?».
«È altrettanto disperato, ma, da lavoratore ossessivo, combatte il suo mal di vivere producendo forsennatamente, come uno stakanovista che si è scelto un mestiere che non è un lavoro, che non gli pesa, gli pesa il contrario, l'inattività, l'attesa, il tempo perso, il riposo: “Che ci vado a fare al mare? Per riempirmi di granelli di sabbia mentre scrivo? Allora meglio qui, dove ho tutta la mia roba e non mi sporco e dei mocciosi idioti non mi urlano nelle orecchie”. Vampiro. Contesta l'ossessività che gli contestano, perché ha un concetto troppo diverso, troppo alto di quello che fa: mica è una catena di montaggio, è solo sistematizzare tutto quello che gli sgorga dalla testa e neanche si può parlare di ritmi forsennati, perché sono ritmi che non si interrompono mai, senza cesure proprio come i brani nei suoi concerti e nei suoi album, ogni cosa ne accende delle altre in una perpetua dannazione estatica ed estetica».
«Zappa ha quasi sempre venduto poco, relativamente poco, a volte pochissimo, i suoi capolavori più alti quasi niente. “Un giorno” diceva “sarò considerato un classico”. Sapeva di dover aspettare la sua morte».
Fare il bambino è un lavoro terribilmente maturo, solo un uomo ci può riuscire.
«Ma, ancora una volta, non c'è stato forse nessuno che come lui abbia sfidato l'America sul proprio orgoglio nazionale: l'esaltazione. Gli americani sono esaltati in tutto: se parlano, se vanno in guerra, se declamano, se si divertono, se s'infilano le mutande a stelle e strisce, se s'impettiscono ascoltando l'Inno. Diceva di loro Albert Einstein: “Sono come bambini, e, quando giocano, possono diventare pericolosi”. Zappa per tutta la vita e la carriera non fa che rinfacciare crudelmente agli americani il loro infantilismo, quel preoccupante infilare il gioco in tutto quello che fanno. Non c'è un altro popolo che si diverte a chiamare con seducenti nomi di ragazze gli uragani che gli devastano le città».