Notizia scoop. Mi sono stufata della musica! Delle riviste musicali come Rolling Stone Italia, che l’anno scorso ha messo in copertina Berlusconi eleggendolo rockstar dell’anno (pure!) e quest’anno come rockstar di copertina sceglie Mr Wikileaks Julian Assange. Ma che c’entra col rock? E sono stufa di leggere biografie di musicisti. Il plot è sempre lo stesso. Prima la fame poi la fama (eventualmente). Più fama più donne più eccessi più alcol più droga. E basta!
Siamo nel 2010. La vera trasgressione è la lucidità. La vera trasgressione è riuscire a mantenersi sani in un mondo che fa di tutto per ammalarti (dentro e fuori). L’integrità è un bene da preservare. Poi dico…l’alcol e il fumo puzzano. La natura non fa le robe a caso, ti mette lì una cosa puzzolente come a dire: thò vedi che è scarto? Brutto, via! Lo capiscono pure i bimbi che la pupù non si mangia.(Ma io penso così anche del pesce e del gorgonzola, quindi magari non faccio testo).
Tornando alla lucidità, cito Matteite (Il Cane, Elio Petri etc): “Facile per voi Russos ricordare le cose. Non bevete, non fumate e vi tenete tutti i neuroncelli come degli scheletrini nell’armadio”. Ecco quei due neuroni che ho, me li voglio tenere funzionanti (per quanto funzionino un po’ a modo loro). Dico che nel 2011 ci si dovrà immolare all’altare del rock salutista. Tutti bravi e morigerati, a letto presto, sveglia alle sei per una corsetta cucina macrobiotica gente biologica…
Le due cose si possono conciliare eh (rock e salute/forma fisica): Henry Rollins ne è la prova vivente.
Spesso, però, la musica si prende quelli che lo sport ha scartato.
“Per quanto riguarda la coordinazione è ovvio che in un popolo di contadini e pastori gli imbranati sono stati fatti fuori molto presto dalla selezione naturale”, scrive Sergio Tavčar a proposito di basket e Balcani. Ecco, tutti gli imbranati che la selezione naturale non ha fatto fuori, ce li troviamo nella musica.
Soprattutto a fare i programmi radio!
E allora, per protesta, oggi niente biografia di rockstar morta a 27 anni nel suo vomito. No. Oggi parliamo di sport e vi segnalo “La storia della pallacanestro jugoslava raccontata dalla voce di Telecapodistria” di Sergio Tavčar (Youcanprint Ed.). Telecronista sportivo di Telecapodistria dal 1971, conosciuto in tutta Italia grazie alla diffusione di Telecapodistria già negli anni ’80, quando assieme a Dan Peterson formò quella che molti appassionati di basket reputano la miglior coppia di commentatori che la pallacanestro abbia mai avuto. Un libro consigliatissimo anche ai non appassionati di basket, perché pieno di racconti e perle, a partire dal celebre slogan “il basket è uno sport logico per gente intelligente: se non ci arrivi, lascia perdere!”.
Molto divertente la parte in cui Tavčar racconta del suo esordio, avvenuto quasi casualmente. “Visto a posteriori, ho avuto una fortuna marcia, in quanto ho cominciato la mia carriera esattamente nelle peggiori condizioni possibili, per cui ho fatto come coloro che, senza saper nuotare, vengono gettati in acqua”. E della sua prima telecronaca scrive:
“Da quella telecronaca appresi un altro fondamentale del mio mestiere: se tu non vedi, non vede neppure il telespettatore, per cui puoi dirgli quello che vuoi, che tanto lui ti crede. Una lezione molto, ma molto importante, che tutti dovrebbero apprendere per capire che la tv può raccontarti tutte le frottole che vuole senza che tu te ne accorga, anzi convinto di aver assistito ad una fetta di verità assoluta”.
Il segreto del suo successo? L’inconsapevolezza di avere un seguito, forse.
“All’inizio della stagione successiva cominciò il mio lavoro da telecronista delle partite del sabato pomeriggio del campionato jugoslavo, un lavoro per me di assoluta routine che scoprii solo in seguito, con mia totale sorpresa e incredulità, era diventato una specie di “cult” anche per i telespettatori che cominciavano a seguirci dall’Italia. Le ragioni di questo successo continuano a sfuggirmi, anche dopo tutti questi anni. Forse (scusate la sfacciataggine) un po’ per il mio modo di presentare l’evento (ricordate sempre che continuavo ad essere convinto di parlare a beneficio di pochissimi, per cui continuavo a ritenermi giustificato di poter dire tutto quello che mi passava per la mente, senza alcun tipo di remora), sicuramente però per la massima parte per il colore assolutamente balcanico, irripetibile, che emanava dalle immagini che venivano irradiate, colore e stato d’animo poi così ben esplicati dai film di Kusturica o dalle musiche di Bregović”.
Ancora un aneddoto:
“(…) il famosissimo cronometro “double-face” di Zara, una delle invenzioni più brillanti del genio balcanico, dotato di reostato che permetteva una velocità variabile a seconda della situazione della partita: se la squadra di casa arrivava negli ultimi minuti con un risicato vantaggio, il cronometro partiva a velocità supersonica facendo finire il gioco in un attimo, nel caso contrario invece i secondi si succedevano a velocità di lumaca per permettere la rimonta degli eroi locali. Un marchingegno questo che onestamente non ho mai visto impiegato da nessun’altra parte del mondo”.
E un finale sfiduciato… quasi pasoliniano…
“Sono ormai alcuni anni che non mi dedico più all’attività di allenatore, per la semplice ragione che non riuscirei a sopportare l’ambiente in cui dovrei operare. La stupida ambizione e la cafonaggine dei genitori, la totale mancanza di ogni autorità morale sui ragazzi, viziati e pronti ad essere scusati per ogni vaccata che commettono (poverini, è l’ambiente… sono stressati), lo sfacelo della scuola e comunque di ogni struttura sociale che dovrebbe educare alla disciplina ed al rispetto, la vacuità ed il comportamento robotico degli stessi ragazzi, in definitiva l’incapacità di concepire una qualsiasi attività che non abbia riscontri materiali sono cose che non potrei sopportare e finirei con l’essere citato in tribunale perché molto presto mi scapperebbe un sonoro calcio nel sedere a qualcuno.
«I tempi sono cambiati», mi dicono sempre.
«E sarebbe anche ora che cambiassero di nuovo», è la mia inevitabile risposta”.
Sarebbe un bell’esperimento, invece, affidare a Tavcar una giovane band, magari emo… così tanto per vedere che succede.
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