Gazebo è una delle poche cose davvero degne uscite dalla tv negli ultimi anni.
Mi ci sono appassionata (anche) attratta dalla musica. È stato il gancio. Ma poi lì dentro ci ho trovato un mondo. Il mio mondo. Quest’anno in particolare, con la striscia quotidiana, non mi sono persa una puntata. Mi sono sentita, ogni volta, a casa. In certe giornate difficili era il sospiro di sollievo, il momento in cui ti ritrovi con gli amici veri, e c’è un’intesa tale per cui puoi passare dal gossip alla politica, dall’attualità alla musica, dalla commozione alla risata. Toccare tutte le sfumature della vita con la sicurezza di capire ed essere capita, grazie ad un background comune. Guardavo Gazebo ed ero sazia in modo giusto, come quando ti alzi da tavola con ancora quel po’ di fame. E curiosità. Quando avevo 15 anni leggere il settimanale di resistenza umana “Cuore” mi faceva lo stesso effetto: mi apriva finestre di un mondo finalmente mio, finalmente pieno di cose belle ed interessanti da scoprire. E, soprattutto, un mondo condiviso. Ci sono i tuoi simili, là fuori. Eccoli. Diego Bianchi, fossimo cresciuti nella stessa città, sarebbe stato quello che avrei incontrato ai concerti, nelle librerie, in certi locali. Che alla fine diventi amico per forza.
Quando ho saputo che Zoro sarebbe stato ospite al Lunatico mi sono esaltata, più di quando ho letto il cartellone di concerti estivi. Mi sarebbe piaciuto intervistarlo, ma non è stato possibile. Gli avrei chiesto della Musica, per prima cosa. Di quel ritmo così musicale che ha Gazebo (e non parlo solo degli inserti della Gazebo Orchestra o degli ospiti musicali, parlo di tutta la puntata. Di come suona bene). Gli avrei chiesto di quelle magliette fighissime che indossa (che sono di Irma La Douce di Roma – questo almeno di persona gliel’ho chiesto), gli avrei chiesto di Basaglia e del parco in cui sarebbe venuto, del confine, di che fine faranno secondo lui i giornali (il cartaceo), di come fa a scovare la bellezza o a confrontarsi con chi ha idee diverse dalle sue. Cose così. Vi racconterò invece cosa gli ha chiesto l’ottimo Ivan Grozny che l’ha intervistato sul palco del Lunatico (davvero bravissimo nel ruolo di mediatore). Visto che siamo nel parco dell’ex ospedale psichiatrico da cui si avviò la rivoluzione di Basaglia, dopo che si è sistemato sullo sgabello dove si sente un mix tra “Brunetta e Alba Parietti ai tempi di TeleMontecarlo”, partono le battute come «C’è qualcuno che legge Libero? Alzate la mano tranquilli, tanto qua ce stavano i matti, prima». Tra risate e riflessioni qualche spunto interessante arriva anche dal pubblico, ad esempio quando si parla del Movimento Arturo e una signora residente all’estero spiega come si sia sentita coinvolta, finalmente italiana: «Continuate ad inventarvi cose del genere. Fateci scrivere. Fateci giocare». E racchiude tanto, questa riflessione: il senso di appartenenza di cui parlavo all’inizio.
E un bellissimo concetto: «Fateci giocare».
No?
SI PARTE IN ORDINE ALFABETICO
A DI ALFANO vs Z DI ZORO
Chi ha seguito il programma ben conosce le vicende, dal rifiuto di dare l’accredito stampa a Gazebo per la conferenza stampa sulla legge elettorale, a cui segue la presa in giro di un comunicato mandato alle agenzie di stampa, un testo “pieno di satira e umorismo” da parte del partito di Alfano fino ad arrivare alla denuncia civile e penale per “i conduttori di Gazebo” («che nun se sa chi siano… Forse io e Mirko, perché guida il taxi», commenta Zoro), e i direttori della Rai per tre anni di diffamazione. Daria Bignardi e company scelgono la strategia del silenzio «non diamogli peso, lo capisco pure», dice Zoro. «Non ho mai fatto il martire della censura e non voglio cominciare a farlo a Trieste. È stato comunque un fatto grave per noi. Non ci siamo incatenati al Cavallo di Via Mazzini ma ci aspettavamo che qualcuno lo facesse. Ci aspettavamo una presa di posizione».
Che poi Alfano, «dice tre anni, ma Gazebo è durato più di tre anni. È durato più di NCD! Poi noi siamo affezionatissimi a quest’uomo, gli abbiamo dato talmente tanto! L’ingratitudine proprio…». L’acredine di Alfano nasce dai tafferugli di Piazza d’Indipendenza a Roma tra la polizia e gli operai delle acciaierie di Terni, che Zoro si trovò a documentare quando gli operai furono menati senza nessuna ragione. Alfano era ministro degli Interni e diede una sua versione dei fatti in Parlamento, dando la responsabilità agli operai ma Gazebo fece vedere dei filmati che mostravano qualcosa di diverso, dall’interno. Ciò fu oggetto di mozione di sfiducia alla camera dei deputati verso il ministro. Da lì parte “il dossier di Alfano” su Gazebo.
RACCONTARE STORIE UMANE
Grozny: «Sotto la tua allegria ed il modo leggero di raccontare ci sono sempre delle storie a cui ti appassioni. Come le scegli?».
Zoro: «Mah, un po’ culo fondamentalmente! C’è l’agenda delle notizie che tutti seguono e le devi trattare, ma poi succedono tante cose che non trovano risalto e possono avere interesse. Di Terni ci colpì che una città intera scioperasse. Tutti in famiglia avevano qualcuno che lavorava in acciaieria e quindi scattò la solidarietà. Tutti erano in piazza, la città era chiusa e questo mi colpì.
Vado nei posti e sono frignone nel senso di romanticone, poco cinico. Parlo con le persone che mi raccontano i loro drammi e ti affezioni, vorresti saperne di più, ti scambi i numeri di telefono… Penso che anche giornalisticamente sia una cosa che premia: dal momento in cui ti ho raccontato una storia poi ti aggiorno, anche se non ne sta parlando più nessuno».
NON è IL TESSERINO CHE FA IL GIORNALISTA
«Diego fa il lavoro che un giornalista dovrebbe fare» dice Grozny, eppure giornalista non lo è, nel senso che non si è preoccupato di iscriversi all’albo o fare il percorso “burocratico”. «I giornalisti ti premiano (di recente ad Ischia) per il lavoro che dovrebbero fare loro».
Zoro: «Mi appassiono a delle storie senza pensare che possano essere giornalistiche».
Lampedusa: una fissa. La prima volta ci va nel 2011, quando arrivavano i tunisini. Dice: «L’approccio dei lampedusani era positivo, accogliente: non potevano porsi il problema “li accogliamo o non li accogliamo?”.
Arrivano.
Parlando con un pescatore mi disse: “mah sì, ogni tanto sparisce un paio di jeans ma che vuoi, non hanno i vestiti”, ed era un ex berlusconiano, non di sinistra o buonista… C’era un fatalismo dell’accoglienza. Albergatori, baristi, dicevano, con approccio sano, “tanto d’inverno non ci sta nessuno qua”».
Di recente ha seguito le elezioni di Lampedusa, documentate anche se il materiale non va (per ora) in onda. «15 ore di girato che mi darò in faccia, non ci farò niente». Con dei momenti spassosi come l’intervista al Pirata che guarda i malepesci che passavano (gli indecisi al voto o quelli che votano “male”). Personaggio folcloristico ma che azzecca l’esito delle elezioni con una certa precisione e lucidità.
Zoro prende per il culo gli intervistati senza che se ne accorgano? chiede Grozny.
«Sì ma il Pirata stava prendendo per il culo me, era una schermaglia dialettica piacevole, sapevamo quello che stavamo facendo non è circonvenzione di incapace! Ci scherzo, ci cazzeggio…».
LA POLITICA
«Sono cresciuto con mia nonna che mi diceva che la politica si fa anche al cesso (era maoista e aveva il mito dell’Albania, c’ho avuto una nonna un po’ particolare), inevitabilmente si fa politica l’importante è la totale buona fede e l’onestà. Con il delirio dei social network quello che fai viene giudicato con varie lenti e parecchie sono deformanti.
Una volta avevo due certezze: il partito e la Roma ma adesso mi resta solo la Roma, lo dico sempre.
Sono di sinistra, non lo rinnego ma non ho un’appartenenza politica. Anzi professionalmente me la sono sempre presa più con i miei… che me ne frega de prender per il culo Berlusconi? Me la prendevo con Veltroni, D’Alema, Bersani, quelli che in teoria mi dovevano rappresentare».
IL PASSAGGIO A LA 7
«Il semplice passaggio a La7, che ho scoperto solo ora la chiamano “La Beppe” perché ogni tanto ci vanno quelli del Movimento 5stelle a far le interviste, ma ci vanno con Floris, la Gruber, Formigli (che di certo non sono del M5s…) è partito l’hashtag grillino boicotta La 7 e quindi ero servo dei 5 stelle che però boicottano la 7, e tutto questo senza aver manco fatto un minuto di girato, niente!».
«Il nome non sarà Gazebo. Andrea Salerno è diventato direttore di La7 e sarebbe stato sbagliato non accettare: per lavorare insieme lì c’è lo spazio, non sono stato cacciato da Rai 3, eravamo confermati, quest’anno è andato benissimo, è stata una sfida vinta, c’è stata una penetrazione devastante nelle case, mi fermano i ragazzini per strada, andavamo contro i telegiornali e diventare un tg alternativo non era semplice ma il pubblico ci ha visto, come dei personaggi un po’ strani e si è affezionato, giorno dopo giorno. Mi piacerebbe continuare a fare tutto quello che Gazebo è stato nel tempo: reportage, disegni, spiegoni, social network, la musica e lo facciamo al meglio in prima serata anziché in puntate di 20-25 minuti.
5 stagioni di Gazebo sono servite a tanti, abbiamo arato il terreno per molti. Non ci siamo inventati niente, ma abbiamo fatto cose che non si facevano più o in parte non si erano mai fatte, reportage lunghi 35 minuti, abbiamo sottotitolato interviste in lingua senza doppiarle, portato la musica dal vivo quando mi hanno sempre detto non fa audience, usato tantissimo i social, i disegni… Abbiamo messo insieme tutto questo con personaggi non televisivi, perché siamo bizzarri, non precisini come la tv ci vorrebbe. Gazebo può piacere molto o stare sul cazzo, difficilmente può passare inosservato. Questo lavoro può servire anche ad altri. Magari siamo serviti a qualcosa».
GLI ESORDI
«Ho lavorato otto anni al portale Excite, nel 2000 ho fatto in tempo ad andare alla Silicon Valley, c’era gente che si calava da un piano all’altro con la pertica, giocava con la playstation, andava a dormire alle tre di notte… poi sono falliti inevitabilmente… era il boom della new economy. Siamo sopravvissuti passando attraverso varie acquisizioni, ad un certo punto ci acquisì Tiscali. Mi occupavo dei contenuti editoriali, ma quello che creava traffico era il dating online, cosa che prevedeva l’esibizione delle proprie “qualità”. Arrivavano dagli utenti decine e decine di foto di ceppe e qualcuno doveva filtrarle… non mi ricordo i parametri per il no. Era tutto lecito eh. Ad un certo punto c’era un fornitore che ci dava dvd porno, io dovevo scegliere quali caricare. La gente li scaricava, non è come adesso che in 5 minuti vai su YouPorn e fai tutto. Sceglievi i titoli e scaricavi. Questa cosa c’ha garantito lo stipendio a 40 persone per un anno eh. Il titolo del film più scaricato? “Autopompe”.
Nel 2003 mi apro un blog e parlo di Grande Fratello. Ci vedevo un’analisi sociologica, avevo capito che lì c’era il germe della rovina della società. A me mi ha scoperto Marco Liorni, una volta in diretta disse “ecco loro sono il club degli Zoro” ed io capii che era un codice tra noi. Fuori dalla casa del Grande Fratello facevo i pronostici. C’era una tunisina bona, era il periodo delle torri gemelle ed io dissi qualcosa tipo “l’identità araba è sotto attacco”. “Mo ci devi ammorbare pure qua con sta pesantezza!”, mi avranno risposto. Dal Grande Fratello al PD fu un attimo, parlando di reality.
Feci un video sul mio essere di sinistra, ne ho fatti 9 e mi chiamò la Dandini a Parla con me proponendomi di farne uno a settimana».
IL CALCIO
«Divulgatore, sa raccontare le storie ed è sempre lucido, sempre sul pezzo. Perde la lucidità solo quando si parla della Roma», dice Grozny.
«Partita del cuore, nazionale cantanti contro una rappresentativa ics (quella volta di attori e fancazzisti romani), si giocava all’Olimpico. Non dormo due settimane. Ho giocato a calcio in passato, volevo fare una figura degna davanti a 50 mila persone. A 5 minuti dalla fine del primo tempo faccio gol e segno sotto la curva sud, la mia! Segno sotto me stesso! E lì parte un delirio, faccio un aeroplanino, vorrei saltare il cartellone pubblicitario ma ho pensato m’addobbo (casco, e mi faccio delle bolle da sembrare un albero di Natale) quindi aggiro il cartellone pubblicitario. Corro sotto alla curva, i tifosi non erano mica della Roma, erano lì per Benji e Fede, Clementino, Morandi… Arrivo al centro e vedo uno con la bandiera della Roma e lì ho pensato di aver segnato per la Roma. A quel punto mi raggiungono Zingaretti, Mastandrea, Paolo Calabresi che hanno preso il mio gol come alibi per festeggiare sotto la curva, facevamo gesti inconsulti. Mi hanno intervistato e di solito sono tutti seri che parlano di beneficenza ed io ho detto “è stato il giorno più bello della mia vita”.
Altro aneddoto.
Mondiale di calcio in Brasile, semifinale Brasile Germania 1 a 7. Decidiamo di vederla a Rio in una favela. Una favela pacificata: cioè hanno ammazzato tutti quelli che non erano pacificati e dovevano decider cosa fare degli altri. Siamo in un bar, parte il diluvio universale. Va via il segnale. Makkox stacca l’antenna, la rimette… 1 a zero, due, tre, quattro… Al quarto gol Makkox piglia il primo taxi “partita in favela ciao!”, “qua scannano i primi che non parlano l’idioma della favela”. Restiamo io e Ivan in ostaggio di quella fauna. Cambiamo bar, dove uno piglia un bazooka e spara fuochi d’artificio. C’era uno con la maglietta del Milan che tira fuori un coltello dalle mutande e poi se lo rimette via, abbiamo saputo dopo che era un cocainomane spacciatore che in quel momento era in buone».
BIG IN KOREA
«Mi invitano in Corea del Sud a presentare il mio film “Arancia e martello”. E quando mi ricapita? 36 ore di volo e meno di 24 di suolo. In tutto ciò mi dovevo inventare un servizio per Gazebo (non mi andava di farlo sul mio film, altri l’avrebbero fatto). Era sparito il dittatore nord coreano quella settimana quindi mi sono inventato che sono andato a cercarlo. Il mio è un film molto romano e cercavo di capire quando i coreani ridevano, ma non ridevano per niente. Ad un certo punto arriva una frase che non faceva ridere tipo “facciamo una partita di biliardino”: è venuta giù la sala dalle risate. Poi 40 minuti di domande in cui mi dicevano che avevo fotografato la loro situazione politica! Poi ho fatto questo servizio anche sui cessi coreani con la pulsantiera con sciacquone, bidet, phon da non sbagliare l’ordine altrimenti ti fai un bidet di merda…
Ho fatto il servizio senza citare il mio film, e poi arrivano i commenti social: “ecco adesso io pago il canone per sta roba, vergogna!”, e niente… io ero andato totalmente spesato dal festival!».
Elisa Russo racconta l’intervista a Diego Bianchi Zoro di Ivan Grozny al Lunatico Festival di Trieste il 5 luglio 2017
