Per molti è una scoperta recente, ma è in circolazione da un po’. Tra i favoriti di X Factor nel 2021 (arrivato poi alle semifinali), Erio doveva essere live al Castello di San Giusto quest’estate: la data annullata si recupera al Teatro Miela venerdì alle 21.
Al secolo Fabiano Franovich, toscano, ha studiato canto lirico e composizione, nel 2011 i suoi provini conquistano la Tempesta Dischi di Pordenone, e con l’etichetta dei Tre Allegri pubblica l’esordio discografico, con l’ausilio di Paolo Baldini che ha prodotto il primo album “Für El” del 2015 e mixato il secondo “Inesse” nel 2018. «Ho suonato per la prima volta in assoluto con la mia band a Trieste – racconta Erio – per un evento di Sofar, nel 2015. Quindi è un po’ un ritorno a casa. Purtroppo, quella volta non sono riuscito a visitare la città, ma sono rimasto sbalordito dalla bellezza del lungomare».
Il concerto al Miela?
«Il nostro set è visivamente molto essenziale. Sul palco siamo solo in tre: io che canto, il batterista Matteo D’Ignazi, piano e elettronica di Daykoda. Suoneremo sicuramente i due brani in italiano e una selezione delle canzoni dei miei album in inglese. Anche qualche cover e un paio di inediti dall’album di prossima pubblicazione».
“Amore Vero” (prodotta con Agnelli/D’Erasmo/Kotzuga) e “Fegato” (scritta da Sangiorgi dei Negramaro): questi due singoli segnano un nuovo corso con i testi in italiano?
«”Amore Vero” era nel cassetto da un paio di anni, uno dei primi tentativi riusciti o quasi di scrivere in italiano. A un certo punto ne ho sentito il bisogno, forse più per avvicinare il pubblico che per una vera esigenza espressiva. Adesso credo che non potrei mai tornare totalmente indietro. C’è qualcosa di magico nel sapere che chi ti ascolta sta capendo in modo profondo quello che canti. Probabilmente è un’ovvietà, ma io ci ho messo 35 anni per capirlo. Sono stato lento come in tutto il resto delle cose».
Com’è entrata la musica nella sua vita?
«Mio padre era musicista e ne ha fatta sempre sentire molta a me e i miei fratelli. Fino all’adolescenza però la mia passione principale è stata il disegno, mi sarebbe piaciuto diventare un disegnatore di fumetti e cartoni animati. Poi mi sono interessato più alla pittura, ma sono finito a lavorare con i suoni e le parole».
La sua voce così particolare?
«È fisiologica e quindi innata, “trovare” la mia voce ha significato lasciare andare ogni volontà di controllarla e stilizzarla al modo degli artisti che mi piacciono. È anche vero che di solito siamo attratti da chi in qualche modo ci somiglia. C’è qualcosa di me in tutti gli artisti che mi appassionano, da Björk a Whitney Houston, passando per Anohni, i Sigur Rós e Lauryn Hill».
Cosa ha imparato a X Factor?
«È stata fino ad oggi la mia esperienza più grande a livello tecnico e di esposizione mediatica. Trovarsi a lavorare in quegli studi giganteschi per mesi a ritmi molto serrati è stata un’esperienza totalizzante ma gratificante. Poi ho conosciuto, oltre ai miei compagni, tanti professionisti e nuovi amici, come Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo, senza i quali non avrei potuto portare la mia visione in tv con la purezza che abbiamo cercato di mantenere».
Il suo look?
«Non è particolarmente importante di per sé, non sono un appassionato di moda, lusso o simili. Però do molta importanza alla creazione dell’atmosfera ideale per apprezzare la mia musica, quindi cerco di usare anche la mia fisicità, da qui nasce l’abitudine a truccarmi e indossare abiti inusuali sul palco».
Elisa Russo, Il Piccolo 10 Febbraio 2023
