
Che concerto porta al Lunatico?
«Si tratta di un’occasione abbastanza rara nei miei live, suoneremo in acustico e la formazione sarà composta da William Nicastro al basso, Roberto Pace al pianoforte e naturalmente me alla voce. Il mio disco solista “Duramadre”, sarà il protagonista della serata che nel finale vedrà un piccolo omaggio ad una band che amo. L’acustico rappresenta la mia croce e delizia, amo cantare in quell’ambiente sonoro ma ne sono allo stesso tempo spaventata, ogni sussurro è tangibile ed è come se il pubblico fosse legato a filo diretto alle mie emozioni, spesso c’è troppa intensità, altre volte troppo poca, ma non si scappa… si è nudi».
“Duramadre” è uscito nel 2012: cosa è successo dopo?
«I bilanci non mi hanno mai vista serena, quindi meglio lasciare perdere.
Le cose che invece amo ricordare sono senza dubbio la crescita dal punto di vista professionale, organizzare, produrre, registrare, promuovere un disco (senza l’ausilio di una casa discografica alle spalle) è un’esperienza davvero da pazzi e mi sono piacevolmente sorpresa di me stessa e delle mie capacità.
Non voglio dire di essere stata sola in quest’avventura, anzi ho avuto la fortuna di collaborare con dei musicisti che mi hanno aiutata e sostenuta in mille forme, a partire da Max Zanotti (produttore del disco), Gionata Bettini, Stefano Facchi, William Nicastro e molti altri collaboratori, ma certo il peso di confrontarsi in prima persona con ciò che rappresentava il mio percorso storico, beh non è stato – e ancora oggi non è – facile».
È un’artista difficile da catalogare: troppo rock e raffinata per il mainstream ma al tempo stesso troppo pop per la scena “indie”… Ha un senso di identificazione a qualche scena/movimento o sente un senso di spaesamento?
«Ho questo “senso di spaesamento”, quasi una malattia e non riesco a guarirne, si pensi che durante le prime interviste ero io a chiedere alla/al giornalista: “Come definiresti il mio genere?”. Alla fine mi vedo borderline tra due modi sonori (perciò perfetta la venue di venerdì, per anni sede del manicomio di Trieste).
E’ una condizione che confonde il pubblico (sopratutto quello più giovane) per il quale è spesso più importante la divisa del contenuto e non sa dove inserirti né quindi, se puoi far parte dei suoi ascolti.
Allo stesso tempo incuriosisce chi è alla ricerca di un’alternativa che non sia di barricata né tantomeno di casetta».
Prossimi progetti?
«In questo periodo sono musicalmente inappetente, stuzzico ma ancora non mi sono decisa. Ho sempre avuto bisogno di forti motivazioni per scrivere e devo dire che in questo momento storico sono in aumento quelle che mi spingono al digiuno, rispetto alle altre. Sono disgustata dal contesto musicale imperante in Italia (gli artisti validi ci sono, ma lo spazio a loro riservato è spesso ridicolo) non vorrei ripetere l’abusato discorso sull’impoverimento culturale, la televisione, i social, i talent, le conoscenze, la centralità del guadagno bla bla, ma ciò che si è generato in seguito, unito alle politiche delle case discografiche e del music business (peraltro inesistente) ha portato ad un abbrutimento culturale da cui sarà faticosissimo risollevarci.
Scrivere, cantare, esibirmi non è solo ciò che faccio, è ciò che sono, ed io non sono come loro».
Nel 2016 si celebrerà il ventennale per “Testa Plastica” dei Prozac+… avete in serbo qualche sorpresa per i fan?
«Il 2016 potrebbe essere un buon anno per l’araba fenice».
Elisa Russo, Il Piccolo (in parte) Venerdì 10 Luglio 2015
