FRANKIE HI-NRG MC AL MIV IL 27.08.20

“Faccio la mia cosa” è un atto unico in cui Frankie hi-nrg mc racconta sé stesso e l’hip hop, in un monologo fatto di parole e musica, sulla falsariga dell’omonimo libro uscito per Mondadori Strade Blu: «Sul palco – spiega – ho una console che mi permette di mandare dei video, in una drastica sintesi di quello che c’è nel libro, con alcuni passaggi della mia vita e altri di quella collettiva, così come aneddoti importanti sulle origini della cultura hip hop che ha influenzato la cultura globale e continua a farlo». Fa tappa giovedì (già sold out) al Music in Village di Pordenone: «Da sempre sono accolto bene in Fvg, qualsiasi cosa venga a proporre, sia un concerto, un dj set e questa volta tutto esaurito per uno spettacolo che, seppur con musiche e canzoni, non è lo show che ci si può aspettare dal rapper».

Una storia che comincia il 18 luglio 1969, quando Francesco Di Gesù nasce a Torino e che arriva fino all’uscita del suo primo grande successo, “Fight da Faida” nel 1992: come mai il libro finisce quando la sua carriera musicale inizia?

«L’ho scritto con l’idea di rispondere alla domanda: “Come ti sei avvicinato al rap?”. Quindi il racconto si ferma quando mi sono completamente avvicinato al rap. La fortuna ha voluto che il rap e l’hip hop fossero miei coetanei e ho colto l’occasione per poter raccontare due storie in una».

Sullo sfondo, l’Italia nei suoi episodi più tragici (strage di Bologna, Ustica, il terremoto dell’Irpinia). E più frivoli, dalla musica pop all’avvento dei videogiochi.

«Quella leggerezza che poi è in contrasto evidente all’hip hop. Il fatto che i ragazzini potessero con un salto superare la devastazione e la violenza che avevano intorno e inventare un nuovo stile di espressione: quella è la chiave della salvezza, la leggerezza».

E i codici QR inseriti nelle pagine?

«Permettono di ascoltare le cose di cui parlo, per immergersi meglio in quell’atmosfera. La tecnologia ci viene incontro e la cosa divertente è che i lettori un po’ agé si fanno aiutare dai figli o dai nipoti e nascono occasioni di scambio e di dialogo».

“Faccio la mia cosa” è il motto di un cane sciolto?

«Mai avuto voglia di stare su uno scaffale con un nome sotto, ho sempre cercato cose interessanti e curiose, non necessariamente correlabili a quello che si pensa io possa fare. E quindi la collaborazione con Marco Paolini, o la scrittura delle canzoni per lo Zecchino D’Oro, che non mi sono voluto negare».

Come sono cambiati i live in era covid?

«Ho suonato con Aljazeera, formazione jazz torinese a cui unisco il mio rap. Il pubblico alla fine, con grande pazienza, si avvicina uno alla volta, con le mascherine, poi se si vuole fare una fotografia si trattiene il fiato un attimo. Essendo all’aria aperta, con tutti i riguardi del caso, è una formula comunque gratificante. Per molti è la prima volta che escono di casa per andare a un evento e questo lo rende speciale. Quest’atmosfera provvisoria, precaria, con la quale bisogna convivere genera intimità, c’è più complicità tra palco e pubblico proprio perché si ha la sensazione di essere tutti sulla stessa barca».

Il suo nuovo singolo “Estate 2020”?

«Racconta in tempo reale una delle estati più surreali che la storia possa registrare. È il primo di una serie che si raccoglieranno in un album».

E la scrittura?

«Sono a metà del mio primo romanzo. Di solito scrivo tutta la notte, dalle 10 di sera alle 10 di mattina ma in questo periodo è impraticabile. La storia è avvincente e non vedo l’ora di condividerla».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 26 Agosto 2020

Articoli consigliati