Domani alle 22, il rapper torinese Frankie HI NRG MC è in concerto al Deposito Giordani di Pordenone. Frankie, al secolo Francesco Di Gesù, è uno dei nomi di punta del rap italiano, in pista dai primi anni ’90. In questo tour è accompagnato dalla sua band (Francesco Bruni, Lino De Rosa, Pier Paolo Ferroni e Alberto Brizzi). Porta in giro uno show fantasmagorico con le videoproiezioni di Mary Glez, Marco Gradara, Francesco Capone, Iacopo Gennari, Nicola Barbetta e Camilla Mattavelli. Il concerto verte sull’ultimo album, «Deprimomaggio», uscito a febbraio 2008 in occasione della sua partecipazione al Festival di Sanremo con la canzone «Rivoluzione». Non mancheranno in scaletta i vecchi cavalli di battaglia, come «Fight Da Faida» un brano che quest’anno compie 18 anni, ma il suo messaggio contro la mafia, la camorra, il terrorismo rimane ancora tragicamente attuale.
Hai suonato in Piazza Unità a Trieste, all’ultima Barcolana. Che ricordo hai di quei giorni? È andata alla grande, da quel che ho visto…
«Bellissimo! Tanto la Barcolana quanto le serate, i dj set che ho fatto in quei giorni, sono stati delle grandi esperienze. Trieste si conferma un posto dove si possono fare delle cose un po’differenti rispetto a quelle che si sentono in giro, avendo anche un pubblico che le apprezza. Bella tripletta triestina: Gabbiano, Barcolana, Round Midnight che conferma il fatto che mi piace quel posto. Infatti sono già tornato da voi nel frattempo, per vacanza pura».
E Pordenone, dove suoni sabato, la conosci un po’?
«Pordenone l’ho frequentata in passato, sempre con i concerti e ho già suonato una volta al Deposito Giordani. E in passato mi è capitato principalmente di suonare al Rototom a Gaio di Spilimbergo. In quelle zone ci passiamo sempre, quando siamo in tour. Pordenone è l’ultima data del tour invernale, poi tra il 25 aprile e il primo maggio capita di suonare da qualche parte, ma il tour estivo vero e proprio parte a fine maggio».
Sei in tour da gennaio, come sta andando?
«Da gennaio abbiamo fatto oltre una dozzina di date in giro per l’Italia da Roma, Milano, Napoli… venerdì saremo a Torino e sabato concludiamo a Pordenone. Sta andando molto bene. Portiamo in giro lo spettacolo allestito con lo show di videoproiezioni, con le immagini a corredare il live. È uno spettacolo diverso dalla Barcolana, in cui eravamo in versione ridotta per motivi pratici. Stiamo facendo grandi show in cui la musica e le immagini si combinano tra loro con grande efficacia».
C’è da sottolineare appunto che anche chi ti ha visto alla Barcolana, per vedere lo show vero e proprio fa bene a venire sabato al Deposito… Vale la pena spostarsi anche per il pubblico triestino.
«Lo spero proprio! Il pubblico triestino è sempre attento alle particolarità e quando cerca le cose di qualità si sposta volentieri. Poi avete anche fortuna che nella vostra città, capitano diverse cose di qualità, che non è niente male».
Bhè adesso qua a Trieste c’è un bel movimento. Tu stesso hai visto i locali in cui hai messo i dischi (Gabbiano e Round) e poi sei passato al Tetris che fa tantissimi concerti…
«C’è un esercizio di buon senso da parte di tutti, forse. In parecchi posti d’Italia il comportamento della gente rende davvero impossibile la convivenza. Ci sono i vicini che chiamano i vigili alle 9 di sera. Alle 9 di sera! Questo vuol dir voler rompere i coglioni, ragazzi dài su… C’è gente che lavora nei locali, non è che sta lì a giocare e basta. Per carità, insegniamo a tutti quanti l’educazione: alla città, noi ai nostri clienti, voi ai vostri vicini. È sempre solo un problema di educazione e di reciprocità nel comprendere le esigenze altrui. Alle 2 di notte uno che sgassa col motorino sotto le finestre di casa, secondo me, oltre a due tre richiami, si merita anche una secchiata d’acqua gelida, cazzo! E questo è forse proprio Medioevo, ma io la vedo così. Hai rotto le palle, tu te ne fotti? Ok, allora io me ne fotto se ti bagno: plofff. Questo ovviamente innalza il livello dello scontro. Stando tutti un po’tranquilli si potrebbe risolvere. L’amico di questo qui che sgassa, se ha la sensibilità gli dice: “oh, sta bon!”, lo richiama all’esercizio del buon senso. Ognuno ha un momento della vita in cui fa delle cagate, chi gli sta accanto deve tenerlo facendo sì che tutto possa comunque andare avanti. Se l’esercizio del buon senso non avviene non c’è tolleranza da parte di nessuno. E le situazioni così degenerano: per cafonaggine collettiva».
A Cremona, dove vivi adesso, com’è la situazione sotto questo punto di vista?
«Qui non è che ci sian tanti locali. Qualche anno fa il comune ha regalato le licenze dei bar! Di fatto era così. Bisognava aprire un tot di bar. E tutte le scelte che son avvenute, a parte un paio di eccezioni sono state di bar. Nessuno ha fatto locali per suonarci dentro, o farci il karaoke…che cazzo ne so io! No. Bar con la slot machine. Questo tipo di abbrutimento, questo tipo di appiattimento anche da parte dell’imprenditoria, dell’iniziativa… cioè hai il culo di poter prendere una licenza e cosa ci fai, un bar uguale a tutti gli altri con lo schienale, lo specchio e le bottiglie davanti… ma dài! Mammamia. Un po’ di iniziativa, un po’ di sprint. Comincia ad offrire qualcosa di diverso. In posti come questo è più difficile, perché qui, come credo in alcune zone di Trieste, non puoi fare casino tardi. Ci sono alcune strade che sono a traffico limitato, isole pedonali addirittura. Stabiliscono di colpo che da qui a lì è a traffico limitato, ma perché? Va a saperlo. E non c’è neanche troppo bisogno di andare a leggere i nomi sui campanelli dei palazzi. In generale, al di là di questi casi che ci sono ovunque purtroppo, c’è poca tolleranza, c’è molta insofferenza. C’è insofferenza da tutte le parti. Sei giovane, sei tutto quello che ti pare, c’hai ragione… quello che vuoi ma se sputi per terra mi fai schifo. Non m’interessa se sei l’ultimo dei derelitti dell’universo o il primo dei principi, se sputi per terra sei un cafone punto. In qualunque parte del mondo, per quanto mi riguarda, perché è un’azione sbagliata. In Cina, nei locali ci sono dei vasi a tutti gli angoli in cui la gente sputa, perché se c’è questa esigenza culturale… il sistema deve attrezzarsi con le sputacchiere. Non puoi sputar per terra, è brutto! Sputa in un fazzoletto, in un cestino dell’immondizia, no per terra. Questo tipo di strafottenza, maleducazione, cafonaggine è connaturata a tutti i livelli, a tutte le fasce sociali. È qualcosa di transculturale e transnazionale. Va oltre. Si sbraca tutti.
E quando lo fai notare, la prima reazione è di personale indignazione per te! Uno accusa l’altro. L’atteggiamento è quello dei guaritori ciarlatani quando arriva Max Laudadio di Striscia la Notizia: “ahhhhhhhh”, s’indignano loro. Oh Ma sei scemo? Ti abbiam visto, ti ha visto tutta Italia: cretino, vergognati la faccia. Dovresti dire solo: “Scusami, non farla lunga per favore, hai ragione tu, ho sbagliato, non lo faccio più. Scusami”».
Si parte dalle piccole cose…
«Ma sì. Qualcuno ha scritto la cosiddetta teoria dei vetri rotti. Se c’è un palazzo abbandonato con tutte le vetrate davanti, uno passa e tira un sasso quel vetro va riparato immediatamente. Perché la presenza di un vetro rotto legittima un altro a romperne un altro e nel giro di una settimana sarà un palazzo abbandonato con le vetrate completamente sfasciate. Un relitto che si distruggerà. Se ripari il vetro fai capire che quella cosa è lì e va mantenuta. Questo tipo di affetto e amore per l’ambiente che ci circonda va inculcato a tutti, dai fascisti ai comunisti e tutti quelli che ci stanno in mezzo, gli apolidi e i caribù dello zoo di Roma…. Tutti. Devono avere questo tipo di attenzione nei confronti della cosa pubblica. Perché è pubblica ma non significa che è di nessuno. Pubblica significa che è di tutti, quindi anche tua, scemo! E se qualcuno la rompe tu devi andare da questa persona e dirgli: “che cazzo fai scemo! Hai rotto il mio palazzo!”. E non: “chi se no fotte tanto è di nessuno”. No, perché poi non ci si può lamentare se non ci sono le strutture, gli spazi, gli ambiti. E bla bla bla. Tutti, nella stessa misura: i fascisti e i comunisti… i piagnistei… Basta… sono esausto. Di questo paese che istituisce le ronde ma non vuole che si chiamino ronde… “hai fatto le ronde?” “No sono:…” che cazzo ne so io come le chiamano…».
Eh ti capisco… almeno siamo in compagnia.
Tornando alla musica, ti volevo chiedere com’era nato il contatto con gli Amari di Udine.
«Sono entrato in contatto con il Sound Studio Service di Città di Castello dove ho realizzato tutte le mie produzioni e lì ho conosciuto Fresco. Quindi li ho conosciuti tramite lo studio e Fresco. Veramente il motivo di questo contatto non lo conosco, forse lo sa meglio Ricky, e quindi tu lo sai meglio di me, anzi te lo chiederei… come mai sono finiti a registrare lì?».
Credo si sia sviluppato tutto da Arezzo Wave…
«Giusto, giusto! Ondanomala…. Chiarito tutto. È nato un rapporto squisitamente personale con tutti i ragazzi che mi ha visto partecipare con il cameo nel video di “Le gite Fuori Porta”. È molto carino. Tutti i video degli Amari sono sempre stati speciali, hanno un’attenzione particolare all’estetica, e normalmente lavorano con persone che hanno questo tipo di attenzione. Bello esteticamente e tecnicamente curato».
Prima ho guardato (sul tuo sito) il video del tuo passaggio tv dalla Dandini a “Parla con me”, mi è piaciuta molto l’intervista.
«È stato divertente…».
C’era quel pezzo di storia di te ad Avanzi con “Fight da faida”, che io sicuramente ho registrato e conservato da qualche parte in vhs, all’epoca aspettavo con ansia l’ospite musicale a quel programma. È stato bellissimo rivederlo.
«Decisamente. A parte la mia capigliatura».
Un pezzo di storia proprio…
«Un pezzo di marmo altroché!».
Quest’anno “Fight da faida” compie 18 anni…
«Quella era una partecipazione del 92, era la prima volta che presentavo il pezzo in tv. La trasmissione più figa del momento, la cosa più bella che c’era in tv in quel momento e io andavo lì a presentare la mia canzone. Non ti dico l’emozione. Me la ricordo bene. Rivedere Serena a distanza di 18 anni mi dà la stessa sensazione di simpatia e tranquillità che si vede nell’intervista, come tu mi confermi. Ci siamo conosciuti all’epoca, la mattina della registrazione sono andato a casa di Serena assieme a lei e Lele Marchitelli dovevamo andare con Igor, il ballerino a registrare questa cosa e ci siamo conosciuti. La mattina a prenderci il caffè fatto con la moka nella cucina di casa sua a chiacchierare…. In grande tranquillità e normalità casalinga. Che si ricrea anche in un’intervista tv 18 anni dopo. È stato un piacevole rincontro».
Non è il clima da Sanremo.
«Decisamente no. È unico il clima di Sanremo… lo dice la parola stessa».
L’hai guardato quest’anno?
«Ho visto la prima serata, ho perso gli Afterhours, ma per il resto ho visto tutto. Uno show televisivo che funziona. La dimostrazione che si può fare un Sanremo più fluido, sciolto, meno liturgico. Mi è piaciuto, quel che ho visto. Va bene. Non al 100% chiaramente».
Hai collezionato una schiera infinita di collaborazioni. Come ultima domanda ne scelgo una in particolare. Quella con Gianluca Nicoletti.
«Cosa vuoi sapere?».
Quello che puoi/vuoi dire!
«Io lo conosco dalla prima volta che l’ho visto in televisione e ho letto le cose che scrive, mi è sempre piaciuto. Ci siamo incontrati di persona nel 2004/5 in occasione di un concerto in cui i monologhi tra una canzone e l’altra erano affidati a Gianluca. In questo festival si cercava un’ interazione tra musica e giornalismo, narrazione. Ibridazione. Visto lo spettacolo, e la possibilità di avere Gianluca come ospite gli ho affidato chiaramente la connessione tra le canzoni. Lui ha spedito un testo lunghissimo di 20 pagine delle sue – e se lo conosci e lo stimi, se ti piace un casino come piace a me sai di che parlo – , straordinarie, che poi ha utilizzato solo come spunto qua e la, andando completamente a braccio e improvvisando, per la prima volta davanti a un pubblico. Per la prima volta davanti a un pubblico con la band dietro, a raccontare, a parlare, a descrivere. È rimasto entusiasta, si è divertito un casino. Lui è estremamente divertente Ha una verve scenica che l’ha reso irresistibile per il pubblico, era proprio divertente quello che succedeva tra una canzone e l’altra, grazie alla sua mimica, al suo modo di porsi, anche al suo modo di superare l’imbarazzo. Ha reso lo spettacolo eccezionale».
Elisa Russo, in parte su Il Piccolo 27 Febbraio 2009