FREDDIE MCGREGOR all’Overjam il 19.08 e a Pordenone il 26.08.17

 

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Due occasioni per vedere dal vivo Freddie McGregor, “il veterano del reggae”, uno degli artisti più longevi e più rispettati del genere, accompagnato dalla sua Big Ship Band: sabato alle 23.30 chiuderà l’Overjam Festival di Tolmino, sul palco principale (Yellow Stage).

Sabato prossimo, 26 agosto, alle 21, McGregor sempre con la Big Ship Band, sarà al Parco IV Novembre di Pordenone per il Music in Village Festival; le selezioni musicali prima e dopo il concerto saranno a cura di Steve Giant. (Gli altri appuntamenti del Music in Village: giovedì 24 i Dubioza Kolektiv, il 25 James Taylor Quartet, il 27 la chiusura con i Playa Desnuda).

Cantante e produttore jamaicano classe ’56, McGregor ha più di mezzo secolo di carriera musicale alle spalle (ha debuttato, infatti, a soli sette anni come corista per il duo ska The Clarendonians che lo battezzò con lo pseudonimo di “Little Freddie”). Ha realizzato almeno 38 album, in cui mescola le sue influenze: ska, roots rock, rocksteady, dancehall, dub e ragga, l’ultimo è del 2016, s’intitola “True To My Roots” ed è uscito per la sua stessa etichetta, attiva dal 1989, la “Big Ship”, un vero e proprio marchio (è lo stesso nome che porta anche il suo studio e la band di cui è il capitano). Crooner romantico ed emissario di un messaggio culturale forte, dal 1975, a seguito della sua conversione al rastafarianesimo, i testi si tingono di una forte coscienza sociale con pezzi come “I Am a Rasta” e l’ormai classico del reggae “Bobby Babylon”.

La sua abilità vocale sarà ricordata per hit come “Push Come to Shove”, “Africa Here I Come”, “I Was Born a Winner”, il suo cavallo di battaglia del 1981 “Big Ship”, classici del soul americano come “Just Don’t Want To Be Lonely” (Ronnie Dyson), nella top ten inglese per lungo tempo nel 1987 o “Can I Change My Mind” (Tyrone Davis).

«Ho un rapporto speciale con l’Europa e con l’Italia», commenta l’artista jamaicano. Del suo ultimo album racconta: «“True To My Roots” perché, come dice il titolo stesso, è necessario essere fedeli alle proprie radici. Contiene 15 brani prodotti da me assieme a Dalton Browne e Lloyd Campbell, è registrato in gran parte nel mio studio “Big Ship”, adoro lavorare a casa, senza stress ma in parte l’ho completato a Miami».

Ospite quasi immancabile a tutti i festival e gli happening dedicati al reggae in giro per il mondo (tra cui il Jamaican Expo in cui si esibì per Nelson Mandela, l’Annual Caribbean Tourism Week di New York e al celebre Hammersmith Apollo di Londra), dice: «Mi piace partecipare ai grandi festival, ma adoro anche gli eventi più raccolti, magari in piccoli club dove hai il contatto ancora più diretto con il pubblico».

Dell’icona del genere che ha ispirato tutti racconta: «Sono cresciuto ascoltando Bob Marley, che quando ho incontrato in studio mi chiamava “Little Freddie”, il piccolo Freddie, e ha continuato a chiamarmi così anche quando gli anni sono passati». Le canzoni di Bob Marley sono senza tempo, anche McGregor può vantare nel suo repertorio dei brani che hanno scalato le classifiche e fatto la storia: «La grande musica dura nel tempo, quella mediocre dopo un po’ scompare, viene dimenticata. Ci sono certe mie canzoni scritte moltissimi anni fa che oggi sono considerate dei classici e sono ancora apprezzate: questo mi fa pensare di appartenere alla prima categoria, che è ciò a cui ho sempre ambito».

Nella band di McGregor ci sono anche i suoi figli, e attraverso loro si tiene sempre aggiornato su quello che succede tra le nuove leve. Il figlio Stephen McGregor, noto come Di Genius, è un famoso produttore e cantante (ha lavorato con grandi nomi come Sean Paul, Drake, Nelly Furtado, Shakira…), più volte nominato ai Grammy; anche il fratello Daniel “Chino” e la sorella Yeshemabeth “Shema” hanno seguito con successo la carriera del padre. Ai giovani artisti consiglia di: «Stare attenti alle promesse di manager e addetti alla comunicazione. Non mi fido quando dicono di un giovane: “Questo sarà il nuovo Bob Marley”, così non si permette all’artista di crescere e certe cose non andrebbero dette finché non sono veramente accadute, non si possono fare previsioni basate solo sul potenziale, non si può celebrare un successo prima che sia arrivato».

Guardando al futuro, il veterano del reggae non ha dubbi nell’affermare: «Continuerò a fare musica e produrre artisti più giovani e a diffondere il mio messaggio di pace, amore e unione».

Elisa Russo, Il Piccolo 19 Agosto 2017

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