FULVIO ROMANIN «L’Iva Funesta – Come aprire una partita Iva e sopravvivere per raccontarlo» (Utet)

IVAfunesta_cover«È possibile essere un lavoratore autonomo senza giocarsi il capitale, la salute e il senso dell’umorismo?» si chiede il friulano Fulvio Romanin, che dopo aver lavorato in campo musicale e come web designer freelance, ha fondato l’agenzia Ensoul (web development e realtà virtuale via web). Stanco dei prontuari in stile “Daichecelafai” e convinto che si chiami impresa “proprio perché è difficile”, soprattutto mosso da un sogno comune («Io non voglio fare pochi soldi per scampare al fisco, io voglio chiamare la notte Zuckerberg* al telefono, dirgli “Ah ah, sei povero!” e riattaccare. *il fondatore di Facebook, l’uomo celeberrimo il cui cognome viene regolarmente scritto a caso») ha deciso di scrivere un manuale irresistibile, semiserio ma preciso. Riesce così in un piccolo miracolo: spiegare bene cose complicate, evidenziare difficoltà, discutere dettagli burocratici e legali, senza perdere l’ironia e la leggerezza. Realizza una prima edizione senza aspettative, la pubblica online (quasi per condividerla con gli amici) ma – a sorpresa – diventa virale, con quarantamila download dal sito di “Rolling Stone Italia” prima e di “Wired” dopo: è così che si arriva alla pubblicazione cartacea e la distribuzione nelle librerie con questa terza edizione di «L’Iva Funesta – Come aprire una partita Iva e sopravvivere per raccontarlo» (Utet, pagg 268, 14 euro).

Concetti esposti in maniera chiara che strappano un sorriso; un esempio: «Ogni lavoro non può prescindere dalla buona vecchia legge della domanda e dell’offerta. In Madagascar essere il più bravo allevatore di ippopotami potrebbe rendervi straordinariamente ricchi e famosi, delle vere rockstar. Se vivete in Valchiavenna, al netto delle vostre indiscutibili capacità professionali, potrebbe esservi difficile ottenere pari guadagni con lo stesso mestiere».

Tanti consigli utili: ai colloqui di lavoro essere cortesi senza sfociare nella deferenza, essere efficaci nello scrivere il proprio curriculum («Avete cantato nel gruppo punk Alfano was a headbanger? Non in questo curriculum. Siete i re della polenta taragna? Non in questo curriculum. Scrivete “sono una donna solare”? Sorry, non mi occupo di fotovoltaico»), il rapporto con colleghi e clienti («È difficile andare d’accordo con se stessi giorno per giorno, figuriamoci con degli estranei per molto tempo», «Una persona che vi tenga al telefono più volte al giorno per mezz’ora non sta cercando un professionista ma il telefono amico»). Importante: non perdere di vista “quel buffo effetto secondario del tuo lavoro che si chiama vita privata”.

Spiegazioni pratiche: dalla redazione di un business plan alla gestione della contabilità, dalla posta certificata ai biglietti da visita, dai preventivi e contratti alla fatturazione, dal sito internet al logo dell’azienda (ricordando che «il logo fatto “da un cugino che ne sa” non costa nulla, e molto probabilmente non serve a nulla se non a fare brutta figura»).

Senza ipocrisie (si lavora per i “dolla” e non per la visibilità): «Parlerò di soldi in maniera diretta, senza giri di parole. A Cesare quel che è di Cesare. Parlare di soldi viene a volte considerato volgare, bottegaio, svilente dell’arte e della dignità di un lavoratore. Ci si nasconde dietro vaporose nuvole di “ci metteremo d’accordo”, “parleremo davanti a un caffè”, “poi vediamo” e ammicchi e cenni complici che neanche al campionato mondiale di briscola con tic». Perché, conclude Romanin citando Woody Allen: «Se il denaro non fa la felicità, figuriamoci la miseria».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 26 Aprile 2018

Iva Funesta

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