HANIA RANI A SEXTO ‘NPLUGGED IL 06.07.23

«Sarò da sola sul palco, circondata da molti strumenti, dal piano ai sintetizzatori e la drum machine. Propongo il “vecchio” repertorio in attesa del tour autunnale e l’uscita del terzo album “Ghosts” che arriverà a ottobre, di cui anticiperò qualche inedito»: Hania Rani, pluripremiata pianista, compositrice e cantante polacca dà il via alla 18esima edizione di Sexto ‘Nplugged, in Piazza Castello a Sesto al Reghena, giovedì 6 luglio (preceduta alle 21 dall’opening Bad Pritt, dj della serata è Flux). «Ho già suonato in Italia un paio di volte – prosegue Rani – ma meno di quanto vorrei: ci torno sempre volentieri, affascinata dalla cultura, l’architettura, il cibo, la natura e il sole. Mi piace il calore degli italiani e il loro senso dell’ironia, nonché la loro sensibilità nei confronti di musica e arte».

Quest’anno ha pubblicato “On Giacometti” una raccolta ispirata all’opera del famoso scultore, pittore e incisore svizzero, di cosa si tratta?

«È un album che include estratti dalla mia colonna sonora realizzata per il film sull’artista Alberto Giacometti e la sua famiglia; ha una certa continuità con il mio primo album “Esja”, è come se fosse il suo fratello maggiore, un po’ più maturo e gioioso, con più libertà d’espressione. Un disco sognante, con tanti finali aperti e un senso di improvvisazione. Sono felice del risultato e riconoscente alla mia etichetta, Gondwana Records, per il lavoro fatto».

Un consiglio per diventare un bravo pianista?

«L’esercizio: non c’è scampo, bisogna esercitarsi tanto. Più tempo si passa sullo strumento e si dedica alla musica, più si spalancano i propri orizzonti. Se ci metti vera passione, prima o poi sarai ripagato».
I suoi idoli al piano?

«Ne ammiro tanti, tra i classici cito Martha Argerich e Maria João Pires. Tra i contemporanei Nils Frahm o Ryuichi Sakamoto, che ci ha lasciati di recente».

Le sue origini polacche e le città in cui ha vissuto (Berlino, Varsavia, Zurigo…) hanno influenzato la sua musica?

«Credo molto. Ho speso vent’anni negli studi classici, quindi anzitutto sono influenzata dal mondo e dalla cultura occidentale. A volte vorrei saperne di più della musica dal resto del pianeta, per superare certi schemi mentali, ma al tempo stesso sono grata al mio background e mi fa sorridere pensare a quante ore ho passato da adolescente con Bach e Chopin. C’è in me un’ambivalenza che si rispecchia nella mia musica, concretizzandosi in una varietà di generi che si intrecciano».

Cosa prova mentre suona?

«Per me la musica è una cosa seria, un’esperienza quasi mistica. Con la musica puoi esprimere non solo emozioni ma concetti generali come il tempo, la vita, i cambiamenti, la fine. Ci permette di uscire dai limiti umani e volgere all’astratto. Lo sento in maniera forte quando improvviso sul palco, mi sento libera e creativa».

Tradizione o innovazione?

«Cerco di includerle entrambe. A momenti mi sembra che sia stato già detto tutto e allora la cosa più stimolante è cercare di cambiare prospettiva. Mi attrae ciò che unisce classico e moderno, cercando un vocabolario per esprimere i tempi in cui viviamo, mi piacerebbe creare qualcosa che da un lato è senza tempo e dell’altro invecchia in maniera profonda».



Elisa Russo, Il Piccolo 4 Luglio 2023 Il Messaggero Veneto 06 Luglio 2023

Articoli consigliati