ARTISTA: Julia Holter
TITOLO: «Have you in my wilderness»
ETICHETTA: Domino
Le riviste Mojo e Uncut non hanno dubbi: «Have you in my wilderness» (Domino) della cantautrice e compositrice americana (originaria del Wisconsin ma vissuta a Los Angeles) Julia Holter è il miglior disco del 2015. Citiamo, tra tutte, le due autorevoli riviste britanniche, ma la Holter è presente nelle posizioni alte di qualsiasi classifica del meglio dell’anno passato su stampa specializzata, siti web e radio. «Have you in my wilderness» è il suo quarto lavoro in studio ed è un capolavoro di raffinato pop costruito su fondamenta avant-garde, dieci ballate oniriche gentili come carezze. Il produttore Cole Marsden Greif-Neill ha messo la voce della cantante al centro del mix, evitando che si perda dietro effetti, il risultato – assicura Cole – “suona come se Julia cantasse direttamente nella tua orecchia”. C’è questo senso di intimità, come se davvero le canzoni fossero sussurrate e cantate direttamente all’ascoltatore. Ciò non significa che le trame sonore tessute attorno alla voce non siano ricche ed elaborate: strumenti acustici, elettronici e anche orchestrali sono sapientemente suonati da un ensemble di dotati musicisti di Los Angeles.
Brano d’apertura, nonché primo singolo, «Feel You», è accompagnato da un video irresistibile in cui protagonista, assieme alla cantante, è il suo cagnolino. Il mare (e più in generale l’acqua) è un tema che ritorna spesso nelle canzoni ed è la location del videoclip di «Sea Calls Me Home», brano che racconta la fuga da qualcosa che ci intrappola ed il conseguente spaventoso stupore che accompagna la conquista e la scoperta della libertà e lo fa attraverso sonorità soft rock psichedelico dal sapore anni Settanta. «Betsy on the Roof» canzone tra le preferite dalla Holter stessa, è una riflessione sulla profonda e disperata ricerca di qualcosa, non importa cosa. «Vasquez» è ispirata al leggendario e maledetto fuorilegge Tiburcio Vasquez, un bandito che però amava leggere libri romantici e scriveva poesie per le sue numerose ammiratrici. Ebbe diverse relazioni con donne sposate e fu proprio una di queste a causare la sua disfatta. I testi a volte raccontano storie, altre volte sono più criptici e delineano stati d’animo, non mancano le ispirazioni letterarie (Colette), in passato la Holten si era ispirata alla mitologia greca. Dice: “Il mio ragazzo mi ha appena mollata, ora ci scrivo su una canzone triste. Ecco, per me non funziona di certo così! Nella creatività vi è mistero e magia”. In «How Long?» è palese il richiamo alla cantante e modella tedesca Nico. Cinematico e cerebrale, un disco che secondo la definizione della Holter “è stato come un bambino problematico: ha richiesto molto tempo ed attenzione” e forse è così anche per l’ascoltatore, non è detto che rapisca al primo ascolto ma una volta entrati in empatia, la soddisfazione sarà doppia.
Elisa Russo, Il Piccolo 08 Gennaio 2016