Artista: Stefano “Edda” Rampoldi
Titolo: «Semper Biot»
Etichetta: Niegazowana/Venus



«Semper Biot» (Niegazowana/Venus), esordio solista del milanese Stefano Edda Rampoldi è un disco speciale.
Nato tra la tragedia e il miracolo. Sempre in bilico tra vita e morte, santità e dannazione, bellezza e degradazione, innocenza e perversione. Forse un ritorno, forse un commiato per l’ex cantante, autore e carismatico frontman dei Ritmo Tribale, gruppo di punta del rock italiano anni’90. Nel’96 Edda abbandona la band, e non si hanno notizie ufficiali su di lui per più di dieci anni. Si è detto di tutto, compreso che fosse morto. In sintesi: si è drogato, è stato in India, poi in comunità. Ripulitosi, da diversi anni lavora come operaio sui ponteggi di Milano. Non è morto, ma la morte l’ha vista da vicino. Queste note biografiche sono indispensabili per capire ciò che ha riversato dentro questo album. Edda ha messo in musica la sua Via Crucis. E, citando Lester Bangs «non ci si aspetta che un’apocalisse sia gestibile e quando il massacro è finito non è il pubblico a sanguinare».
«Semper Biot» smuove qualcosa di profondo, dentro. Agisce sulle ferite che ciascuno ha: le riapre o le rimargina. È percorso da umanità pulsante, confusione, ricerca di qualcosa che forse non esiste. Sentimenti e vicissitudini in cui, in qualche misura, ognuno può identificarsi, trovare un pezzetto di sé. Citando Goethe: «Dove c’è molta luce, l’ombra è più nera». La luce di Edda abbaglia, quanto la sua oscurità fa paura. «Io e Te», (il cui testo è tratto in parte da «Zoo» di Isabella Santacroce), «Milano», «Hey Suorina» fanno quasi male per la loro intensità, per la passione lacerante con cui sono interpretate. Ogni brano di «Semper Biot» (sempre nudo in dialetto milanese) ha il mondo dentro. Canzoni che devono molto alla sensibilità e al talento di Walter Somà (proveniente dalla scena sperimentale torinese), coautore di gran parte dei testi e musiche dell’album. In questo progetto Somà ha messo anima e cuore; completamente sua «Fango di Dio», altri pezzi come «Organza», «Scamarcio» e «L’innamorato» sono stati invece rielaborati insieme a Edda. Ai due si è poi affiancato il musicista di Varese Andrea Rabuffetti, che oltre ad aver suonato nel disco, accompagna Edda nei live.
Un disco difficile che è stato però accolto con calore ed entusiasmo. Come se avesse colmato un vuoto. Hanno detto che è un capolavoro, tra gli altri: Vinicio Capossela, Mauro Pagani (il disco è stato registrato alle sue Officine Meccaniche e lui stesso ha voluto suonare il violino nel brano di apertura), Vasco Brondi/Le Luci della Centrale Elettrica, Manuel Agnelli (che ha invitato Edda come opening di alcuni concerti degli Afterhours), il produttore Taketo Gohara, il giornalista e critico musicale Federico Guglielmi. Lo ha ribadito Daria Bignardi all’Era Glaciale su Rai 2, dove ha intervistato Edda.

Elisa Russo, Il Piccolo 12 Ottobre 2009

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