Stasera, alle 22, Beatrice Antolini presenta il suo nuovo album «A due» (Urtovox Rec.) al Tetris di Via della Rotonda 3, a Trieste. La cantante maceratese (trasferitasi a Bologna) ha conquistato la copertina del mensile musicale «Il Mucchio» e un ampio servizio su «Panorama». Ex bambina prodigio (a tre anni già suonava il piano e il suo idolo era Mozart, «Ma lo è ancora adesso!» – precisa), ha studiato con impegno e passione: suona praticamente tutti gli strumenti ed è capace di ricavare suoni perfino da un posacenere (accade nel primo disco «Big Saloon»). I Baustelle e Bugo l’hanno voluta come ospite nei loro ultimi album. Come riferimenti vengono in mente: Tom Waits, Van Dyke Parks, Serge Gainsbourg, a tratti Vinicio Capossela. E poi Charlie Chaplin, Tim Burton, Federico Fellini e Alice nel paese delle meraviglie. Nella formazione live ci sono ben due triestini: Francesco Candura (Stop The Wheel, Jennifer Gentle) e Massimo Tunin (Cecil Demile).
«La formazione è variabile. A Trieste mi accompagnano: Federico Fantuz (chitarra), Francesco Candura (basso), Enzo Cimino (batteria), Enrico Pasini e Massimo Tunin (tromba), Federico Alberghini (percussioni)».
Tanti triestini quindi…
«Eh, sì! Triestini ovunque! Trieste mi vuole bene, e io ricambio. Ci ho suonato spesso: Teatro Miela, Etnoblog, Festa di Radio Fragola… Conosco Liviano Mos, i Butterfly Collectors…».
«A Due» ha avuto ottime recensioni.
«Assolutamente. Sono molto contenta. La percentuale di recensioni positive è alta. Poi c’è sempre chi non ha apprezzato, ma è inevitabile. Tra l’altro spesso, per criticarmi, hanno parlato di cose non attinenti alla musica».
Da piccola il tuo idolo era Mozart. Quando hai scoperto il rock’n’roll?
«L’ho scoperto già da piccola, a casa mia si ascoltava molto r’n’r. Per fortuna. Roba anni’60».
Spesso ti paragonano a Capossela…
«Presto lo incontrerò. Domenica saremo a Cuneo, assieme a Cristiano Godano dei Marlene Kuntz, per un seminario nell’ambito della manifestazione Scrittorincittà. Si parlerà dell’infinito e la musica. Potrei cominciare la mia digressione con Giacomo Leopardi per arrivare a Brian Eno… ci penserò».
La tua musica è molto cinematografica, quali sono le tue influenze?
«Cose pesanti, non troppo semplici. Non per fare l’intellettuale. Ma perché si tratta di capolavori assoluti: Bergman, Polanski, Lynch. Qualcuno ha scritto che la mia musica potrebbe essere una colonna sonora di Lynch: magari!»
Le collaborazioni con Bugo e Baustelle?
«Francesco Bianconi mi ha voluto dare una possibilità, lo ringrazierò sempre. È una grande persona. E Bugo è una persona molto integra. Ascolta di tutto, non si è adagiato sui propri successi».
Nel disco hai suonato quasi tutto da sola, nel live ti accompagnano diversi musicisti. Quali sono le differenze tra cd e concerto?
«Il disco è qualcosa di più cerebrale, crea un proprio immaginario. Il live è più immediato. Magari arriva più il live che il disco, mi sta bene. Sono due cose talmente diverse, l’importante è che siano buone entrambe. Riprodurre un disco è impossibile. Ho fatto talmente tante sovraincisioni che sarebbe necessario portare un’orchestra, e neanche tradizionale. Impossibile riprodurre tutti i marchingegni che ho usato: mentre registravo mi veniva da suonare il pavimento o il frigorifero. L’importante è che il proprio io venga fuori, dal vivo quanto dal disco. Seppur diversi, sono sempre i miei pezzi. Poi mi stimola suonare con altri: mi trovo più a mio agio, non amo fare concerti da sola».
Elisa Russo, Il Piccolo 11 Novembre 2008