INTERVISTA A CARMEN CONSOLI 13.02.16 al Teatro Rossetti (Ts)

Carmen-ConsoliSabato 13, alle 21, il Politeama Rossetti ospita una tappa del tour teatrale di Carmen Consoli, unica data per il Friuli Venezia Giulia e Veneto. I biglietti sono ancora disponibili presso il Teatro e sui circuiti Ticketone e Viva Ticket. Una scenografia di pedane concave su cui gli strumenti acustici suonano come sospesi nell’aria; specchi che riflettono la platea inglobandola nella scena; tantissime piante, tracce di una natura che irrompe nella quotidianità. Al centro, la cantautrice siciliana con una scaletta composta dalle hit dell’ultimo album “L’abitudine di tornare” assieme a tutti i suoi più grandi successi. Ad accompagnarla: Massimo Roccaforte alla chitarra, Roberto Procaccini alle tastiere, Fiamma Cardani alla batteria, Luciana Luccini al basso, il polistrumentista Adriano Murania, Valentina Ferraiuolo al tamburello, Claudia Della Gatta al violoncello.

 

A Trieste non è passata spesso, non ci suona dal 1999.

«Ricordo la Barcolana del ’99. Come artista ci sono passata poco ma privatamente ci sono passata più spesso perché ho dei parenti in Friuli e sono stata a trovarli anche pochi giorni fa. Ci passo da turista, amo moltissimo la zona. Trieste mi affascina per questa sua apertura immensa sul mare, le barche… Poi, visto che artisticamente mi sono fermata per un po’ di anni, direi che sono mancata (in concerto) anche nel resto d’Italia».

Nel suo sangue catanese scorre anche un po’ di Nord Est.

«Mia madre è di Treviso e spesso torno nella sua città d’origine. E poi passo spesso a Pordenone dove ho un nipotino».

E la musica di queste zone?

«Oltre ad Elisa mi vengono in mente i Prozac+ di Pordenone».

Ora dove vive?

«A Catania. Al momento ci sono 20 gradi, una primavera anticipata con i fiori che fioriscono prima del tempo ed io sto passeggiando al sole con mio figlio».

Nella sua carriera ha avuto importanti riconoscimenti anche all’estero, tra i tanti: i sold out a New York (e il New York Times ha scritto di lei cose lusinghiere), o l’invito di David Byrne al Meltdown Festival di Londra.

«È una bella soddisfazione soprattutto quando la propria cultura è apprezzata all’estero e hai la sensazione di esportare la nostra lingua, la nostra poesia, le nostre storie».

Carmen-Consoli-1Qualche anno fa ha duettato con Patti Smith. Ci sono altri “miti” che ha incontrato e le sono rimasti nel cuore?

«Alla fine sono le persone “normali” che mi sono rimaste più nel cuore. Quelle che ho potuto rivedere, con cui ho potuto costruire qualcosa, come per esempio i ragazzi che suonano con me. Credo molto nei rapporti umani. L’incontro è bello, ma è bello anche svilupparlo. Per carità, poi grande emozione incontrare Elvis Costello o Quincy Jones; ma è nella continuazione di un rapporto che hai emozioni più forti».

Che spettacolo porta al Rossetti?

«Ho concepito uno spettacolo per il teatro, quindi in punta di plettro, con archi, atmosfere rarefatte. Costruisco gli spettacoli in base ai posti in cui li indirizzo. Spazierò nel mio repertorio dagli albori fino ad adesso cercando di dare priorità alle canzoni che parlano di come la natura influenzi i sentimenti dell’uomo e di quanto sia importante preservarla. Le prime date hanno avuto una calorosissima accoglienza e quindi la gente dopo cinque anni di assenza non si è dimenticata di me! È stata una sorpresa. Gli incontri più belli sono anche quelli con il pubblico stesso che ti accoglie in una città che magari è lontana dalla tua e ti fa sentire a casa ovunque».

Una carriera davvero trasversale: da Sanremo al Leoncavallo li ha conquistati tutti.

«Io parto dal basso, sempre. La trasversalità è importante e la ricerco. Mi piace trovare ciò che accomuna le persone, non ciò che divide. Difficilmente mi si vedrà ad un dibattito politico dove io cerco di convincere l’avversario della mia idea, perché sarebbe inutile. Cerco di individuare i punti in comune per poi esporre le mie idee, però sulla base comune, e quindi si può aprire il dialogo. Con Sanremo arrivi alla grande massa. Ma ho suonato anche nei centri sociali, feste dell’Unità, piccoli locali, anche in carcere minorile. Il mio messaggio è rivolto a tutti, non c’è un solo bacino d’utenza. E chiunque dovesse trovarsi d’accordo anche con il 20% di quello che dico, venga».

Ciò che colpì di lei, già al debutto del 1996 a Sanremo, fu la visceralità.

«Ho sempre cercato di essere sincera. Per me la musica non è un lavoro. Tanto è vero che se non ho niente da dire me ne sto cinque anni buona buona a casa mia, facendo altri lavori perché non è che sono rimasta a fare niente. Io faccio la musica perché per me è un’urgenza. Nel momento in cui ho qualcosa da dire, la dico ma non perché devo andare in radio. Non è che per forza devo stare al centro dell’attenzione, posso anche stare ferma. Per me è importante essere autentici con le cose che si fanno».

Perché si parla ancora di rock al femminile, artista donna dove nessuno mai direbbe artista uomo o band maschile?

«Perché l’Italia, da Catania a Bolzano, tende ancora a creare categorie di tutti i tipi: gay e non, bianchi e neri, femmine e maschi… e purtroppo questa cosa si sta accentuando sempre più, con un certo razzismo strisciante. Giorni fa ci ha fermato un vigile urbano, abbiamo dato esaustive spiegazioni e lui ci ha detto: “Uè, ma c’è qualcuno qui che parla italiano?” (imita spiccato accento milanese ndr). Negli anni Novanta mi pareva un po’ sedato questo piccolo razzismo e invece sta emergendo, anche sulle questioni delle unioni civili, dei migranti… Vedo un Paese molto agguerrito ed incattivito. Le cose stanno peggiorando, la gente accetta malvolentieri il “diverso”, di qualunque tipo. Come si fa a negare diritti a due persone che si amano? È una tematica che ho affrontato in “Ottobre”, nell’ultimo disco e parlavo di un’Italia anni Cinquanta. La famiglia è cambiata e l’Italia dovrebbe accettarlo».

1996-2016: come celebrerà il ventennale dal suo esordio discografico?

«Ci sto pensando. Soprattutto mi sono accorta che sono passati già vent’anni. Sono vecchia, dovrei lasciare spazio ai giovani (ride ndr)».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 13 Febbraio 2016

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