Lunedì alle 21 Daniele Sepe è in concerto all’ex O.P.P. di San Giovanni (nel Padiglione M, in caso di pioggia al Teatro Basaglia); in apertura, alle 19.30, i triestini Agrakal. L’evento rientra nella Giornata Mondiale del Rifugiato e nella cornice del Lunatico Festival, è organizzato dal Consorzio Italiano di Solidarietà, con il patrocinio di Comune e Provincia e il supporto della Caritas e della cooperativa La Collina. Daniele Sepe, flautista, sassofonista e compositore napoletano, è considerato uno dei musicisti più influenti della sua generazione. Fonde le radici napoletane con il jazz, il funk, le melodie mediterranee, il rock, in una contaminazione continua. Attivo dagli anni ’70 prima con il gruppo operaio di Pomigliano d’Arco e poi come turnista (con Gino Paoli e Nino D’Angelo tra gli altri), all’inizio dei ’90 intraprende la carriera solista. Lavora anche con registi affermati che gli chiedono di musicare le proprie opere, tra gli altri Terry Gilliam. Nella sua sterminata produzione artistica (dal ’93 ad oggi sforna quasi un disco all’anno) spesso si avvale di collaborazioni “multimediali” con scrittori, fumettisti e altri artisti e cela dietro la forma canzone accurate analisi, a volte ironiche a volte feroci, dell’Italia di oggi e di ieri.
«Capitan capitone e i fratelli della costa» è il suo ultimo disco, racconta: «A distanza di più vent’anni da “Vite Perdite”, l’album che fotografò la Napoli musicale dell’inizio degli anni novanta e che ebbe un’enorme risonanza, provo a scattare una nuova istantanea su Napoli, una città che come un’araba fenice non smette mai di sorprendere. All’album partecipano davvero in tanti, siamo più o meno una ottantina e non è mica che ognuno si canta il suo pezzo e io ci metto dentro l’arrangiamento o il sassofono, noi ci siamo chiusi in studio due settimane, insieme alle vivandiere e alla cambusa, e partendo da zero abbiamo scritto insieme tutto, dalla musica ai testi».
Come ha fatto a coinvolgere così tanti musicisti?
«Mi vogliono bene, approfitto della loro pazienza e li metto tutti dentro. È stata una festa. Chi mi conosce sa che ho alle spalle più di venti album, venticinque mi pare, tutti rigorosamente autoprodotti».
A Trieste propone l’album nuovo?
«È un po’ difficile… lo portiamo quando siamo almeno in 16 sul palco. Pochi giorni fa abbiamo suonato a Udin&Jazz, abbiamo proposto solo musica strumentale da film degli anni 60 e 70 italiani. A Trieste portiamo un concerto diverso perché c’è la nostra cantante Floriana Cangiano e faremo un piccolo giro del mondo in un’ora e mezza di musica. Toccheremo molti posti, la musica brasiliana che amo, l’Argentina, fino ad arrivare ai confini di Trieste con qualcosa di slavo».
Nell’ultimo disco c’è un pezzo pungente, “Spritz e rivoluzione”.
«È un ritratto fra Carosone e Frank Zappa. Una parte dei trentenni napoletani sono costretti dalla crisi economica a non essere quello che dicono di essere. Cioè: parli di indipendenza in Palestina e hai la madre che ti cucina. Si coltiva un sentimento di indipendenza dei popoli ma poi non si è capaci di essere indipendenti nella propria vita. È difficile per un trentenne di oggi essere autonomo dalla famiglia. Le chiamo le contraddizioni in seno al popolo».
Trieste, la conosce?
«Ricordo un concerto al Miela in cui abbiamo portato “Viaggi fuori dai paraggi” e poi ricordo un bellissimo concerto con Josè Seves dedicato a Victor Jara. Le città di mare si assomigliano tutte, hanno qualcosa in comune. Voi siete città di confine in tutti i sensi. Sia la vostra regione che la nostra hanno sempre avuto una triste vocazione all’emigrazione, siamo un po’ apolidi».
Ha mai pensato di emigrare?
«Io a Napoli ho sempre vissuto bene. È una città viva e ricca di stimoli per chi li vuole cogliere. Mi è difficile immaginare una vita – anche fosse professionalmente più proficua – lontana da qua. Ho bisogno del mare e di una città che mi dia la possibilità di vivere non solo per il lavoro».
Un’estate in tour?
«Estate bella ricca, è uscito “Napoli Trip” di Stefano Bollani dove mi ha chiamato a suonare e sarò anche in tour in quartetto con lui, partendo da Umbria Jazz e poi toccheremo tutta L’Italia, una bellissima soddisfazione».
E il cinema?
«Faremo di “Capitan Capitone” un film su Napoli in cui io farò da Cicerone».
Elisa Russo, Il Piccolo 20 Giugno 2016