Esce il 7 dicembre «Nel giardino dei fantasmi» (La Tempesta Dischi), settimo album dei Tre Allegri Ragazzi Morti, registrato all’Alambic Studio di Valvasone, con la produzione di Paolo Baldini. Dopo la virata reggae-dub del precedente lavoro, undici nuove canzoni che continuano il viaggio dentro la musica. È un disco folk, o etnico, così lo definiscono i ragazzi morti stessi. A Luca Masseroni (batteria e percussioni), Enrico Molteni (basso elettrico e acustico) e Davide Toffolo (chitarre elettriche e acustiche, voce) si sono aggiunte alcune chitarre di Andrea Maglia (che seguirà il trio dal vivo), Giulio Frausin (Mellow Mood e The Sleeping Tree) e dello stesso Baldini. I gemelli Garzia (Mellow Mood) si sono prestati a numerosi cori. Presente anche il coro I Fantasmi ed il ritorno, in un brano, della voce di Marcella. Il concept grafico è frutto del lavoro di Davide Toffolo ai disegni, Alessandro Baronciani alla grafica, Sterven Jonger alla fotografia e Canedicoda ai costumi.
«C’è dentro tutta la storia dei Tre Allegri Ragazzi Morti e tutti i fantasmi musicali che abbiamo incontrato in questi anni, dal rock, al reggae al dub, al folk», spiega Toffolo. «Rispetto al disco precedente è più solare. Anche se per noi non c’è “prima” e “dopo”: ogni disco è un disco nuovo e basta. L’ho definito etnico perché è stato immaginato come un incontro di musica acustica ed elettrica. Si tratta di un’etnia inventata. L’idea era quella di dare alla musica indipendente italiana una forma più classicamente folk, anche per mettere in gioco un’idea che ho: che la musica popolare degli ultimi anni non è stata scritta da chi fa musica mainstream ma è stata scritta da chi fa musica indipendente. L’ idea di fare un disco etno folk ha questo connotato ideale dentro».
C’è qualche strumento inedito per voi.
«Balafon, mandolino, ukulele, cucchiai e cajon. Però di base rimane un disco dei Ragazzi Morti al 100%. Chi già ci conosce troverà a pieno la nostra scrittura, per chi non ci conosce ci sarà la solita sorpresa perché ci si immagina sempre che i gruppi indipendenti abbiano qualche livello di osticità forte nella musica che in realtà noi non abbiamo mai avuto».
C’è dentro anche l’influenza dei suoi viaggi?
«Sono stato in Africa con Baldini, però più dei viaggi ci sono alcuni panorami sonori che ho tratto dal fatto che a Pordenone c’è la più grande comunità tuareg d’Italia e i tuareg negli ultimi anni hanno sviluppato una musica che sta fra il blues e la musica tradizionale, in particolare mi ha ispirato un gruppo come i Tinariwen».
Di che fantasmi parla?
«Sono fantasmi legati alla vita. Quelli della perdita per esempio. La mia scrittura è sempre costruita su dei ritratti, su dei personaggi, oppure su delle emozioni che ogni tanto sono mie e che ogni tanto sono quelle che vedo intorno. Anche i fantasmi di quello che ci sta succedendo in questo momento, la fine di un certo tipo di stabilità, del nostro essere occidentali, la fine di alcune figure che possono essere riconoscibili nella quotidianità, nella cronaca… c’è un brano che parla di un bugiardo ed io ne ho in mente uno specifico».
Ed i Mellow Mood?
«Sono dei ragazzi di grande talento che abitano vicino a casa nostra e con i quali condividiamo la pubblicazione sotto il marchio la Tempesta. Incontrare dei talenti così puri e così giovani è sempre aria fresca, perciò sono felicissimo che siano nel nostro disco».
Il primo live sarà l’8 dicembre per la Tempesta al Rivolta (Ve)?
«Ci saranno anche alcune date “segrete” in posti piccoli per rodarci. Il primo concerto ufficiale è al Rivolta e poi saremo a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma. I concerti sono aperti dai Madame Rebinè, un trio acrobatico che preparerà il pubblico al tono del concerto che sarà una grande festa. Le canzoni nuove non saranno concentrate in un momento unico ma saranno distribuite dentro la trama del concerto. Ci sarà un momento folk, un momento reggae, un momento rock. A febbraio partirà un altro tour e spero ci vedrà anche in Friuli. E, lo dico proprio: voglio venire a suonare a Trieste perché è da tanto tempo che non ci veniamo».
Credibilità e rispetto: come si fa a raggiungerli e mantenerli?
«Intanto bisogna essere vecchio! Noi ci siamo da tanto. Abbiamo sempre schivato, un po’ con la maschera, un po’ con la nostra modalità la possibilità di essere consumati nel senso stretto del mercato. Siamo in giro da tanti anni e c’è ancora un certo interesse in quello che facciamo. Dall’altra parte l’Italia è un paese in cui i tempi per svilupparsi sono tempi da elefanti, non c’è niente che si sviluppa in un tempo funzionale, veloce. Per quanto riguarda la credibilità penso che sia legata al fatto che abbiamo sempre fatto la musica in un modo puro, con tutte le energie che avevamo».
Il r’n’r mantiene giovani…
«E ti fa sembrare il tempo puro. Siamo un gruppo molto fortunato perché abbiamo un ricambio notevole, arrivano sempre dei giovanissimi. Mi piace molto continuare a relazionarmi coi ragazzi molto giovani, capire quello che succede intorno, penso che la mia indole sia quella di stare in ascolto più che di parlare perciò quando incontro la gente penso ancora di saperlo fare, nonostante l’età e nonostante la posizione».
Elisa Russo, Il Piccolo 05 Dicembre 2012