LIBRO: "Japrocksampler – come i giapponesi del dopoguerra uscirono di testa per il rock’n’roll", di Julian Cope (Arcana, pp 396, 22 euro)
Esce per Arcana «Japrocksampler – come i giapponesi del dopoguerra uscirono di testa per il rock’n’roll» di Julian Cope. Rocker e musicologo visionario, archeologo specializzato in siti megalitici primitivi ed ex leader dei Teardrop Explodes, e già autore di libri come il leggendario «Krautrocksampler» (che riuscì a resuscitare un intero movimento musicale dimenticato) e «The Modern Antiquarian». In questo nuovo lavoro racconta di come la musica occidentale giunse sulle coste giapponesi dopo la Seconda Guerra Mondiale: non esiste luogo in cui l’eterna metamorfosi del rock’n’roll sia stata più affascinante e originale che in Giappone.
Quali sono state le sue fonti di informazione per questo libro, e come ha scelto cosa inserire e cosa tralasciare?
«Ho passato cinque anni per trovare quelle che consideravo le migliori band, poi lentamente mi sono procurato il materiale che riguardava queste band, cercando di conoscerle e comprenderle, soprattutto cercando invano le loro biografie in internet! Poi ho assoldato un traduttore giapponese e siamo stati noi a costruire una serie di biografie, utilizzando libri e siti web giapponesi come fonte. Sfortunatamente i rockers giapponesi di questo periodo sottovalutano la loro importanza. Ciò, al tempo stesso rende la mia ricerca inedita ai giapponesi stessi, quindi abbiamo già tradotto il libro nella loro lingua e verrà distribuito nel loro paese in agosto».
Solitamente è soddisfatto dei suoi libri, a lavoro finito, o vorrebbe cambiare qualcosa?
«Quando pubblico un libro, ho sempre raggiunto un punto che è soddisfacente quanto possibile. Ma tutto ciò è causato dalle scadenze che mi auto impongo, visto che ho tanti altri progetti nel cassetto che desidero realizzare e portare alla luce».
Ha uno stile strepitoso e molto personale. Quanto ha lavorato per migliorare e sviluppare il suo stile di scrittura?
«Penso che il mio stile sia migliorato soprattutto perché scrivo incessantemente, c’è un lato pratico in quello che faccio. Se non fosse per le scadenze scriverei troppo e pubblicherei delle cose esageratamente lunghe».
Com’è nato il suo interesse per il japrock?
«Dopo il successo del mio libro “Krautrocksampler”, ho passato molti anni a lavorare ai miei due libri sulla cultura antica “The Modern Antiquarian” e “The Megalithic European”, così ero pronto per un nuovo viaggio nel rock’n’roll. Ho scelto la storia giapponese, perché era inedita e perché pensavo potesse essere utile per gli occidentali vedere la musica attraverso il filtro del lontano Oriente».
Che cos’è il rock’n’roll per lei?
«Il rock’n’roll dovrebbe rimanere sempre un incrocio, un cane bastardo. Unendo generi inaspettati attraverso il rock’n’roll, nuovi elementi umani sono portati alla luce, portando a interrogarci sulla nostra natura. Solo quando la cultura diventa statica – cosa che cercano di fare le religioni organizzate – l’umanità delle nostre anime comincia ad abbandonare la gente. Il rock’n’roll dovrebbe appartenere alla propria generazione, e dovrebbe sempre annoiare le generazioni precedenti così da spingere la cultura sempre più avanti».
È molto popolare in Italia, ha pensato di scrivere qualcosa sulla musica del nostro paese?
«Conosco molto della musica italiana, e spero di avere il tempo di esplorare ancora di più. Adesso però, la mia ossessione è sulla relazione dell’Italia (penisola) con la Sardegna. Mi ricorda il rapporto dell’Inghilterra con l’Irlanda mezzo secolo fa. Sto lavorando su un romanzo sulla Sardegna, intitolato “131” dal nome della starda statale che attraversa l’isola. Il romanzo parla di una studentessa sarda che finge di essere di Napoli e un cantante di Liverpool che viene a Cagliari per uccidersi. I due scoprono la loro cultura attraverso il punto di vista dell’altro e fanno un viaggio attraverso la strada 131. Dopo qualche giorno visitano degli antichi monumenti sardi e, attraverso la malattia e la gioia di stare assieme, si ritrovano nel mondo sommerso della Sardegna del1800 a.C.».
Che cosa pensa della musica di oggi?
«Sebbene la musica commerciale sia perlopiù spazzatura, penso che il mondo dell’attuale musica underground sia più forte che mai. Ovunque le metal band stanno andando sempre più in profondità, mentre la funzione trascendente del rock’n’roll sembra essere stata riattivata da internet. Alcune divertenti band americane esistono solo per essere in opposizione di George Dubya Bush, mentre il dark folk pagano della Scandinavia e della Germania sta dando all’Europa del Nord un suono personale e di gran gusto, attraverso l’amore per il loro clima. In Italia, il power trio Midriyasi ha registrato una lunga canzone in un’antica tomba, unendo alla propria musica lo spirito degli antenati. I Sud Americani celebrano i loro antenati portando strumenti rock sulle colline. Per me, sono tutte prove che i primordi del rock’n’roll sono ancora qui».
Che consiglio darebbe ai giovani musicisti e scrittori?
«Direi loro di seguire il cuore e leggere il mio capitolo sui Les Rallizes Dénudés che hanno dirottato un aereo di linea e sono stati seguiti dalla CIA. Per molti anni erano degli outcast, ma oggi sono venerati come dei, e i loro dischi venduti in tutto il mondo. Il loro viaggio è la prova che solo il tempo decide chi e cosa è importante».
Elisa Russo, Il Piccolo 08 Luglio 2008