Era il marzo ’74 quando a Forest Hills, nel Queens (Ny), muovevano i primi passi i Ramones. Avrebbero rivoluzionato la storia di un genere, il punk rock. Ogni componente (Joey, Johnny, Tommy e Dee Dee) al suo nome aggiunse un “Ramone”: come quattro fratellini, con un’estetica precisa fatta di giacche di pelle, jeans, scarpe da ginnastica e frangette nere s’imposero con canzoni brevi, veloci, fulminanti. Marky arrivò un po’ dopo: fu loro batterista dal ‘78 al ‘96. Oggi è l’unico rimasto in vita e porta in tour in tutto il mondo i successi dei Ramones da «Pet Sematary» a «I don’t want to grow up», «I wanna be sedated», «Blitzkrieg Bop»… Il suo tour sabato 25 fa tappa all’Enjoy! The Fest al Parco del Rivellino di Osoppo, in una serata a ingresso gratuito che si aprirà alle 20.30 con i vicentini Derozer, attivi dall‘89 (hanno iniziato proprio con le cover dei Ramones) tornati dopo una pausa con l’album «Passaggio a Nord Est», e i milanesi Andead di Andrea Rock, voce di Radio Virgin che concluderà con un suo dj set.
Lo storico membro dei Ramones, accompagnato dai Blitzkrieg – in formazione anche Michale Graves, voce dei Misfits e Andrew W.K. –, passa spesso in Italia (al Miela con un sold out nel 2010), la cui cucina gli ha addirittura ispirato una salsa commercializzata negli Usa, l’improbabile «Marky Ramone’s Brooklyn’s Pasta Sauce». «È sempre un piacere tornare – dice Marky – amo il cibo, la gente, le città. Ora sono in Sardegna. E ho molti amici nelle regioni del Nord, dove ho suonato tante volte».
Cosa può aspettarsi il pubblico che verrà a Osoppo?
«Tutti i classici dei Ramones, uno dopo l’altro, con la mia solita band che in questo tour vede l’aggiunta di Greg Hetson (Bad Religion – Circle Jerks) alla chitarra».
Quando ha messo su questo nuovo gruppo, i Blitzkrieg, è stato difficile trovare musicisti che condividessero la sua visione?
«Non è stato semplice. A livello tecnico devono suonare “downstrokes” ed essere in forma fisica, perché devono reggere ottanta minuti senza sosta, non è da tutti. Ne avrete la prova dal vivo: sono davvero validi».
15 anni con i Ramones, 10 album in studio, 1700 concerti; oggi è l’unico membro rimasto che sia militato così a lungo nella band. Qual è il ricordo più vivido?
«Porto nel cuore ogni attimo, impossibile scegliere un momento in particolare. Viaggiare per tutto il mondo, ricevere premi e riconoscimenti, comparire perfino come cartoni nei Simpsons! Tutto».
Agli esordi immaginavate che sareste finiti nella Rock’n’Roll Hall of Fame e considerati pietre miliari di un genere?
«Ovviamente no. Suonavamo senza aspettative, eravamo sicuri che quello che stavamo facendo aveva merito e valore, ma di certo non potevamo prevedere di raggiungere vette così alte».
Se con una macchina del tempo potessimo essere catapultati a un concerto dei Ramones, cosa vedremmo?
«Una delle band più influenti della storia del rock. Ovvero, di come quattro ragazzini di New York con i loro chiodi di pelle nera, cambiarono la storia della musica moderna».
Nei brani dei Ramones c’è qualcosa di intrinsecamente legato alla gioventù: che sia questo il segreto del vostro eterno successo?
«Giusta considerazione. Io penso che le persone non si modifichino con il passare del tempo, cambia solo la tecnologia. In fondo la gente di oggi ha gli stessi interessi e le stesse frustrazioni che si avevano negli anni ‘70 o ‘80. Alla fine cambiano solo le piattaforme e i mezzi con cui il pubblico ascolta le canzoni, ma la musica è senza tempo».
A un giovane emergente cosa consiglia?
«Credi in ciò che fai, sii originale, mantieniti in forma fisica e mentale, stai lontano dalle droghe e non mollare la scuola, non puoi sapere cosa ti riserverà la vita, e quindi è meglio costruirsi un bel bagaglio di conoscenze per cavarsela».
Cosa ne pensa dell’attuale situazione politica americana?
«Odio Donald Trump e ciò che sta dicendo e – ancora peggio – facendo sul tema dell’immigrazione. Spero sinceramente che sia messo fuori gioco nel giro di un anno e mezzo».
Il momento più duro del suo viaggio musicale, fin qui?
«Affrontare la morte dei miei compagni Ramones».
E quello più bello?
«Guardarsi indietro e vedere la grandezza di quello che siamo riusciti a fare».
Elisa Russo, Il Piccolo 15 agosto 2018