Max Gazzè, uno dei tessitori di trame musicali tra i più raffinati e profondi della canzone d’autore italiana, è la star che chiuderà la rassegna “Barcolana in Musica”, sabato alle 21 in Piazza Unità. In apertura il talentuoso songwriter The Leading Guy, progetto dell’ex frontman della Busy Family, che si rifà alla tradizione folk e alla necessità di raccontare e conservare tra le note di una canzone personaggi, storie e memorie che rischierebbero altrimenti di sfumare via. Bob Dylan, Conor Oberst, Villagers, Micha P. Hinson, Lou Reed, Wilco sono le sue influenze principali.
Gazzè, nato a Roma, ha trascorso diversi anni a Bruxelles dove ha studiato musica e suonato come professionista in vari gruppi, per poi fare ritorno nel Bel Pase, ma solo dopo aver collezionato esperienze in giro per l’Europa. In Italia si è affermato negli anni come una delle penne più sagaci della scena nazionale, capace di scrivere vere e proprie pietre miliari del cantautorato come “La favola di Adamo ed Eva”, “Una musica può fare”, “Vento d’estate”, “Il solito sesso”, “Mentre dormi”… Si è fatto conoscere dal grande pubblico anche con diverse partecipazioni a Sanremo e tantissime collaborazioni: tra le ultime quella con Daniele Silvestri e Niccolò Fabi, che si è concretizzata in un disco (“Il padrone della festa” del 2014) e in un tour.
Il 30 ottobre uscirà per la Universal il suo nuovo album “Maximilian”, anticipato dal singolo “La Vita com’è”, un pezzo molto orecchiabile già in rotazione massiccia sulle radio, accompagnato da un video diretto da Jacopo Rondinelli che richiama le atmosfere balkan di un film di Kusturica. Commenta Gazzè:
«A me ricorda il mondo londinese anni Ottanta, i Madness, con i fiati, con il ritmo, il giro armonico di un twist».
Cosa può anticipare di “Maximilian”?
«L’album è molto eterogeneo, come mi piace fare da molti anni, mischiando colorazioni diverse, come un quadro che ha tanti colori all’interno di una cornice precisa. Devo aspettare ancora un po’ per svelare ufficialmente cos’è “Maximilian”, lo spiegherò in maniera più accurata a breve».
Album numero?
«Non li ho contati, sarà il decimo? So che il mio primo disco è uscito vent’anni fa!».
Conosce un po’ Trieste?
«Ci sono stato svariate volte, come dimensione mi piace molto. È una delle città che preferisco in Italia. Sono tanti anni che non suono a Trieste, ricordo il castello di San Giusto dove suonai diversi anni fa».
Alla Barcolana proporrete i classici del vostro repertorio o anche nuovi brani?
«Abbiamo terminato il tour estivo. La data di Trieste è l’ultima, quasi uno strascico. Non abbiamo preparato i brani del nuovo disco, sto pensando se fare almeno il singolo, non ho ancora deciso… Forse preferisco aspettare, per dargli collocazione nel tour che partirà nel 2016. Magari lo accenniamo, non lo so… Per il resto, scaletta con i classici».
Quando nasce una bozza di canzone, come fa a capire se funziona o se cestinarla?
«Ogni volta nel mio hard disk ci sono canzoni per 5 album, poi scelgo quelle che esprimono meglio quello che voglio comunicare al momento e valuto che abbiano un equilibrio, un legame tra loro, sapori e argomenti che in un ascolto consecutivo abbiano un senso».
Il suo pubblico è trasversale, come succede per i veri classici (da Battisti a De André, che piacciono un po’ a tutti).
«Sono tanti anni che suono e faccio dischi e concerti, magari qualcuno mi segue da vent’anni, qualcun altro mi segue per brani più recenti come “Sotto Casa”, genitori con figli… un pubblico molto vario e mi fa piacere, al di là dei gusti oggi non c’è più la scissione netta tra chi ascolta rock, punk, pop o disco music, mentre quando sono cresciuto io, in Inghilterra, o eri mod o eri rocker, o ascoltavi la musica pop o quella underground. Oggi ci sono meno distinzioni. Al pubblico piace la musica e basta».
A premiarla, anche un rigore etico: lontano dai gossip, dalle comparsate televisive…
«È chiaro che bisogna rispettare il momento della promozione, fare i programmi televisivi quando esce il disco però non sono un grande amante dell’apparire in tv, ricevo tante richieste di partecipazione ma mi sento un po’ fuori da questo contesto. Ci sono dei programmi in cui posso andare a parlare del disco, ma evito di fare l’ospite tanto per fare».
Elisa Russo, Il Piccolo 10 Ottobre 2015