Lunedì alle 21.30 la Beach Arena di Lignano Sabbiadoro ospita il concerto degli Afterhours, l’ingresso è libero.
La rock band milanese capitanata da Manuel Agnelli – che veste ora anche i panni inediti di giudice a X Factor – presenta il suo nuovo «Folfiri o Folfox» (Universal), ottavo album in italiano di una carriera cominciata già negli anni Ottanta (con qualche ep e album in inglese). Cambi di formazione hanno portato in questi anni all’uscita del batterista storico Giorgio Prette e del chitarrista Giorgio Ciccarelli, il palco di Lignano vedrà la formazione attuale, di cui Agnelli rimane unico membro originario, affiancato da: Xabier Iriondo alla chitarra, Roberto Dell’Era al basso, Rodrigo D’Erasmo al violino, Fabio Rondanini (Calibro 35) alla batteria e Stefano Pilia (Massimo Volume) alla chitarra.
“Folfiri o Folfox” è un doppio album prodotto da Tommaso Colliva assieme ad Agnelli stesso ed è volato subito al primo posto della classifica di vendita Fimi. Uno di quei lavori che rimarranno nella storia del rock autoctono. Il titolo richiama tristemente due trattamenti chemioterapici subiti prima della morte dal papà di Manuel e l’album intero è un concept che ruota attorno a questo lutto ma anche al suo superamento, per quanto doloroso. «Gli ultimi quattro anni sono stati densi di cambiamenti a volte naturali e necessari, a volte laceranti. Ho perso mio padre che era da poco ridiventato il mio migliore amico. L’ho perso dopo essere stato al suo fianco con tutta la mia famiglia e averne seguito da vicino il calvario. Non ero abituato e non lo sono ancora ad un mondo senza di lui. Quando sono arrivato io, lui era già qua. L’universo e l’esistenza per me significavano la sua presenza», dice Agnelli nelle note stampa, prosegue: «naturalmente vedere la morte ti fa venire voglia di vivere. Non è niente di nuovo, succede alla maggior parte di noi quando ci avviciniamo ai 50 anni, ma io sono più fortunato perché posso usare la musica per cercare di spiegare a me stesso come mi sento, reagire, buttare fuori le tossine, riconoscere l’energia e, soprattutto, non andare in panico. Parlandone agli altri ho scoperto che nel gruppo stavamo passando tutti attraverso lo stesso sconvolgimento. Ognuno a modo suo, naturalmente, perché sono cose molto private. Così eccolo qua un disco sulla morte e sulla vita, sulla malattia e sulla “cura”, sulle domande senza risposta, sull’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e sulla felicità, sulle chiusure di cerchi che ci permettono di aprirne altri. Questa è la nostra celebrazione della vita, del passaggio di energia, di quello che siamo nel bene e nel male. È un porto, un punto di arrivo da dove ricomincia tutto. Voglio essere libero per poter dire come mio padre di non aver paura di morire, perché la vita, qualsiasi cosa significhi, l’ho vissuta perché lo volevo non perché dovevo».
Rodrigo D’Erasmo, negli After dal 2008 è stato elemento centrale nella nascita del nuovo disco. Di sé racconta: «Sono nato in Brasile, mio papà è pugliese ma ha vissuto in Brasile per 12 anni e lì ha conosciuto mia mamma brasiliana, i miei trisavoli sono di Belluno, quindi ho anche un po’ di sangue veneto. Poi siamo tornati in Italia, ho vissuto a Torino, vicino a Genova, a Bari, più di 15 anni a Roma: è il posto in cui mi sono formato e sento più come casa. Da quando sono entrato negli Afterhours, nel 2008, vivo a Milano. All’inizio c’è stato un po’ di amore e odio per la città, ma negli ultimi due anni ho sviluppato un attaccamento, anzi è sbocciato proprio l’amore».
E la scelta del violino?
«Mio papà era appassionato di musica e mi portava a teatro a sentire la musica sinfonica, mio nonno era un sassofonista direttore di banda di paese con una storia particolare: pur essendo autodidatta diventò poi insegnante. Il violino mi attraeva, poi ho cominciato a suonare il pianoforte, la chitarra classica ed il mio insegnante mi disse: “se sei appassionato di violino vai a studiarlo perché con la chitarra non si mangia, i violini di orchestra sono tanti e male che vada finisci lì”. Un consiglio più lavorativo che artistico. Ho iniziato a suonare entrambi e il violino mi ha appassionato di più. Da lì ad arrivare a fare rock ci sono 20 anni di studio in cui ho pensato prima di fare il solista come pensano tutti i ragazzini che cominciano a studiare, poi ho capito che il virtuosismo non mi apparteneva, mi sono cimentato nella musica da camera e poi ho cominciato a sondare le possibilità fuori dalla musica classica: pizzica, jazz, blues e da lì mi sono avvicinato al rock con un paio di esperienze tra cui cito Cesare Basile».
E gli Afterhours?
«Sono venuti a vedermi ad un concerto di Basile e hanno scelto me».
Ora è considerato il braccio destro di Agnelli, come si sente in questi panni?
«Molto naturale, si è creata una bella complicità ed una collaborazione molto rispettosa. La pensiamo spesso allo stesso modo e quindi non c’è neanche l’imbarazzo di dover decidere una linea comune. Lavoriamo assieme alla parte artistica ma anche alla parte manageriale: dal 2000 in poi il ruolo del musicista è anche questo, si delega sempre meno, per veicolare al meglio la propria musica bisogna gestire tutte le sfere, tenere assieme le professionalità che lavorano al progetto, ma essere in grado già di pensarlo e strutturarlo da soli. Manuel è sempre stato molto bravo in questo, ma ad un certo punto anche molto stanco e quindi trovare una persona a cui delegare, fidandosi anche senza dover dire sempre l’ultima parola è stato un motivo di riacquisita serenità per lui».
Il concerto?
«Facendo le prove ci siamo accorti che alcuni brani di “Folfiri o Folfox” si facevano suonare in maniera molto più immediata di altri, “Padania” ci aveva reso l’esecuzione live un po’ più difficile, quindi siamo riusciti ad inserire in scaletta 10-11 brani dal disco nuovo. Non volevamo mettere noi nello stress emotivo e tecnico di suonarlo tutto e poi il pubblico, per una band con uno storico come gli After, vuole anche ascoltare brani dai dischi precedenti che hanno significato qualcosa nella loro vita e soprattutto d’estate magari ha voglia di venire a divertirsi ed ascoltare anche i classici. Quindi i concerti estivi sono un compendio tra le due cose. Anche per dare modo alla gente di assimilare il nuovo repertorio gradualmente e siamo rimasti sorpresi del fatto che per la prima volta nella storia della band il pubblico si lamenti che facciamo troppe poche canzoni dall’ultimo disco: è entrato nei cuori molto prima di quello che sperassimo».
E poi ci sarà un tour di solo “Folfiri o Folfox”?
«In inverno c’è l’idea di fare un tour incentrato sull’ultimo lavoro, con la possibilità di farlo sia scenicamente che da un punto di vista di atmosfera più intima per calare noi e gli spettatori in una bolla. Magari riservando ai bis brani del resto del repertorio, selezionando delle cose più particolari, più a tema, più in linea con il disco».
Il disco è andato bene da subito, ha entusiasmato anche i più “criticoni”.
«Ha messo d’accordo tutti, anche i più incarogniti (ride ndr). Critica, pubblico e anche a livello di vendite. Uscire a metà giugno, a ridosso dei tormentoni estivi e finire primi in classifica è stata soddisfazione personale enorme, e anche un bel segnale perché vuol dire che la gente ha voglia di andare anche in altri territori. Non era scontato. Magari in tempi già duri poteva esserci più voglia di leggerezza e di svago e quindi il fatto che in così tanti si siano calati con noi in certe riflessioni sui dolori della vita significa che a tanti serviva, e in molti ce l’hanno anche detto che questo disco gli ha fatto bene. E non c’è classifica che tenga con una soddisfazione del genere, sentirsi dire dalla gente dopo i concerti: “grazie, non sai quanto questo disco mi ha fatto bene” da un senso ad un album fatto con questo tipo di urgenza, perché l’abbiamo fatto per noi prima di tutti ma con il desiderio e la speranza che questo fosse poi condiviso».
Gli impegni televisivi di Agnelli porteranno via tempo agli After o riuscirete ad incastrare tutto?
«Gli impegni di X Factor sono arrivati all’ultimo minuto. A noi la notizia è arrivata mentre stavamo chiudendo il disco, stavamo per consegnare i mix. Quindi è stata una bomba, abbiamo dovuto mettere insieme le cose per riuscire a fare stare in piedi il tutto e devo dire che c’è stata grande collaborazione e rispetto del nostro momento, dell’uscita di un disco così importante e c’è stato anche supporto dalla produzione che non guasta. Il nostro diktat iniziale è stato di rispettare le nostre scadenze programmate, il disco in uscita, il tour e così faremo. Faremo tutto senza problemi»
Elisa Russo, Il Piccolo 5 agosto 2016