Esce «Checkmate», secondo disco ufficiale per i Gonzales. In formazione: i triestini Markey Moon (Gian Paolo Vianello, chitarra e voce), Malcolm B.Cobra (Marco «Bonko» Boncompagno, batteria) e i veneti Mark Simon Hell (chitarra) e B. (basso).

«Il disco è stato registrato al «Hate Studio» a Rosà, vicino Vicenza», spiega Markey Moon. «Lo studio non esiste da molto ma si sta facendo un nome rapidamente perché è splendido. Inoltre il suo proprietario (grande Icio!) è giovane, disponibilissimo e strasimpatico e infatti durante gli otto giorni di lavorazione del disco siamo diventati amici. La grafica invece è stata curata da un ragazzo di Venezia con la supervisione e il tocco finale del nostro chitarrista. L’etichetta si chiama Chorus of One e ha sede a Torino. Si occupa principalmente di rock’n’roll, segue sia band italiane che estere (soprattutto svedesi, tedesche e francesi) e a noi piace molto perché è gestita con passione e cura nei dettagli ogni uscita, distribuzione nazionale ed estera compresa».

Siete contenti del risultato?

«Sì,molto! Ci è costato parecchia fatica, ma alla fine Checkmate è riuscito esattamente come lo volevamo noi».

Che differenze ci sono rispetto al precedente cd?

«Ce ne sono tantissime! Per cominciare c’è un altro batterista (all’epoca di «Hell Drive» Marco ancora non suonava con noi). Questo ha influenzato molto il nostro modo di suonare, ma in generale direi che tutto il nostro sound è cambiato parecchio. I brani sono meno ansiosi, e pur rimanendo di forte impatto sono un po’ meno aggressivi che in passato, c’è più spazio per la melodia. Abbiamo inoltre lavorato molto sui suoni di chitarra e di basso, cercando di mantenerli grezzi e incisivi, ma con la giusta dose di calore. Inoltre, pur curandola molto, abbiamo cercato di tenere la produzione di studio al minimo, in modo che il disco non suonasse troppo diverso dalle nostre performance live. Volevamo un lavoro che suonasse più maturo e completo, e pensiamo di esserci riusciti».

Immagina di dover recensire il vostro cd! Che riferimenti musicali tireresti in ballo?

«Direi che si sente decisamente l’influenza di certo rock scandinavo, soprattutto dei primi dischi degli Hellacopters («Payin’ the dues» è un capolavoro!!), band della quale ci siamo innamorati e che negli ultimi mesi abbiamo ascoltato assiduamente. Ma citerei anche Turbonegro, e i vecchi maestri, tipo Stooges, o Dead Boys, mentre in sottofondo, che fa capolino qua e là, c’è sempre un po’ di ’60s garage, una delle declinazioni del r’n’r che preferisco in assoluto».

I concerti come stanno andando? Con gli Sham 69?

«I concerti ultimamente stanno andando molto bene, ci divertiamo un sacco a suonare dal vivo! Nell’ultimo anno, tra concerti un po’ ovunque, nuovi contatti e MySpace (insostituibile!) il nostro nome è girato parecchio, e forse anche grazie a questo ora il pubblico apprezza e si fa coinvolgere molto di più che in passato, generando uno scambio che ci dà molta più soddisfazione! Abbiamo suonato insieme agli Sham69 a metà dicembre. È stata una bella esperienza dividere il palco con delle leggende del punk ’77 e anche se della formazione originale è rimasto solo il chitarrista il loro show è stato ugualmente carico come ci si aspetterebbe. Inoltre sentire live «If the kids are united…» con sing along a squarciagola di tutto il pubblico, vale tutto!!! Comunque sono delle persone splendide, e gli siamo anche piaciuti parecchio, hanno voluto a tutti i costi comprare una copia del nostro cd. Per supportare, hanno detto, perché loro sanno come vanno queste cose».

In quale stato versa il r’n’r made in italy?

«Una buona domanda. Direi in realtà che è sempre stato bene, ma che negli ultimi anni si è mosso un po’ in sordina e solo in poche nicchie. Ci sono comunque molte ottime band che hanno proseguito il loro percorso facendosi influenzare poco o nulla dai vari fenomeni alla moda, tenendo duro e cercando di creare movimento. Tra quelle che abbiamo conosciuto penso ai Los Fuocos, agli OJM, a El Thule, ai Kelvins, ai Long Dong Silver, ai Miss Chain and the Broken Heels. Sembra che ora la sbornia indie che ha quasi monopolizzato l’underground italiano negli ultimi anni stia un po’ passando e molta gente sta riscoprendo il piacere di alzare il volume agli amplificatori e frequentare concerti di chi si diverte a farlo. Prova ne è che finalmente un gruppo come i veneti Mojomatics (bravissimi), da tempo conosciuti all’estero, stiano ottenendo le loro buone soddisfazioni anche nel nostro paese».

Solita domanda su Trieste, band triestine, Tetris, come si stanno evolvendo le cose in città…

«Un dato di fatto è che la scena musicale triestina è in fermento costante. Lo posso dire con certezza, perché il lavoro che facciamo con l’associazione Tetris ci permette di monitorare la situazione nel suo svolgersi. Gli eventi che organizziamo nel nostro circolo sono sempre molto partecipati, al di là del genere proposto, ed è ormai chiaro che il numero di persone che suonano o si interessano di musica dal vivo è decisamente elevato, certamente superiore alla media nazionale. Gli artisti di altre città o di altre nazioni che vengono a suonare da noi se ne accorgono, e rimangono sempre molto colpiti sia dall’interesse e dall’attenzione che il pubblico triestino dimostra, sia dalla cura con cui le cose vengono organizzate. Ci sono state molte conferme,quest’anno: il video dei Trabant in rotazione su Mtv, per esempio, o il nuovo disco di Abba Zabba, la cui presentazione live, grazie anche all’ ottima band che lo accompagna, ha emozionato tutti. Ma costante è anche la qualità delle nuove proposte. Splendide sorprese sono state i Dorothy, i Pork Chop Express e i Prankster Brothers: gente vera, che suona con passione e cognizione di causa rare in questi tempi. Ci sono tante altre band che stanno lavorando sodo, e tra breve le vedremo all’opera .Forse, tanto per cambiare, le uniche a non volersi accorgere di quanto sta succedendo in città sono proprio le istituzioni pubbliche. Le esperienze di base nate solo dalla voglia di fare (e qui non mi riferisco solo a Tetris) che stanno realmente cambiando il volto di Trieste andrebbero lasciate lavorare, supportate e possibilmente migliorate insieme, non ignorate o, peggio ancora, apertamente ostacolate in difesa di un immobilismo generalizzato in cui una pubblica quiete mai realmente disturbata non è che un puro pretesto. Probabilmente qualche soldo in più speso in iniziative culturali mirate e realmente efficaci darebbe a molti ragazzi dotati e interessati maggiori possibilità di emergere, maggiori motivazioni ad impegnarsi in attività costruttive e, in ultima analisi, più lustro alla città che decine di alberi di natale in Piazza Unità».

Periodo natalizio. Consigliaci un disco, un libro, un film.

«L’ultimo libro di Evangelisti, “Tortuga”, che è geniale, il lungometraggio animato “Paprika” di Kon Satoshi, bellissimo delirio psichedelico, e il “Live Dead” dei Greatful Dead, da ascoltarsi al caldo, sotto le coperte, possibilmente accoccolati vicino a una persona speciale…».

Elisa Russo (in parte) su Il Piccolo 13 Dicembre 2008

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