Intervista ai SUPERDOWNHOME a Trieste (Piazza Verdi) 24.07.19

«Il genere che proponiamo nasce come folk music, o rural blues, in alcuni casi viene chiamato anche downhome, siccome la nostra è una rivisitazione in chiave moderna abbiamo deciso di chiamarci Superdownhome»: parla Beppe Facchetti (grancassa, rullante, sock cymbal e crash) che forma il duo assieme a Henry Sauda (voce, cigar box, diddley bow). Legati alle tradizioni del country blues, ma al tempo stesso proiettati verso rock’n’roll, folk e punk, i Superdownhome dalla provincia di Brescia sono uno dei nomi di punta del nuovo blues nostrano. Mercoledì alle 21 sono protagonisti della serata “Hot in The City” (la rassegna di Trieste is Rock e Good Vibrations nel cartellone di Trieste Estate) in Piazza Verdi, l’ingresso è libero. A precedere i Superdownhome, i triestini Ivo Tull trio, in pista dal 2014 con Giulio Roselli alla batteria, Alessandro Leonzini al basso e Ivo Tull alle chitarre e voce, oltre che autore; propongono un blues transfrontaliero con testi in sloveno, suonato con chitarre artigianali costruite da Tull stesso con una teglia di alluminio e legno di riciclo, cigar box guitars e padelle per dare a questa musica sonorità di altri tempi.

Anche i Superdownhome utilizzano strumenti auto costruiti: «Esistono da tanti anni – riprende Facchetti – ma magari al pubblico di oggi incuriosisce che possano uscire dei suoni da una scatola di sigari con un manico di scopa».

Suonavate entrambi in altre formazioni (Granny Says, The Scotch, Cozmic Mojo di Elizabeth Lee, Louisiana Red, Rudy Rotta e Slick Steve & The Gangsters). Come nascono i Superdownhome?

«L’idea è nata dopo aver visto l’americano Seasick Steve, abbiamo realizzato che il duo come formula funziona e che il blues non ha limiti di età, a differenza di altri generi. Abbiamo cominciato a sperimentare con strumenti fatti in casa e pian piano è uscito il nostro suono».

Cos’è il blues per voi?

«Il blues nasce dal gospel, dai canti di lavoro degli schiavi, ovviamente non abbiamo vissuto quelle realtà, ma resta il fatto che è una musica che trasmette un’emozione».

Avete realizzato un ep e due album. Nell’ultimo “Get my demons straight”, uscito a maggio, ci sono ospiti importanti.

«Abbiamo chiesto un aiuto al musicista e produttore newyorkese Popa Chubby che aveva già partecipato al nostro primo disco e poi abbiamo avuto la possibilità di avere un paio di armoniche di Charlie Musselwhite, uno dei più grandi “vecchi” armonicisti americani rimasti».

Avete aperto per Popa Chubby e Fantastic Negrito… Com’è andata?

«Con Chubby è nata un’amicizia. Con Fantastic Negrito è stato stimolante, si tratta di un blues trasversale con un pubblico diverso anche a livello anagrafico: coinvolge molti giovani».

Cosa potete anticipare del concerto in Piazza Verdi?

«Strutturiamo lo spettacolo la sera stessa, considerando la location, il tipo di pubblico, a volte ci influenza perfino il gruppo di apertura. Oltre ai brani già editi proporremo qualche anteprima delle nuove canzoni che saranno nel prossimo disco».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 24 Luglio 2019

Superdownhome corretta

 

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