INTERVISTA ALIOSCIA CASINO ROYALE

Domani alle 21.30, al Teatro Miela, i Casino Royale proporranno dal vivo il loro repertorio riletto in un’insolita veste reggae, che catapulterà i fan più affezionati alle origini della carriera della band milanese. Sono passati circa vent’anni da quando un gruppo di musicisti dalle svariate influenze decise di darsi un nome ispirato alla saga di Ian Fleming. E dopo una lunga carriera ricca di successi e cambiamenti, come l’agente 007 sono diventati un classico.

Di recente è uscito «Not in the face», la dub version del loro ultimo album «Reale», remixato da Howie B. Hanno deciso di dare vita ad una versione più intima e raccolta di sé chiamata «Royale’sRockersReggaeSession»: Alioscia (voce) sarà accompagnato da Patrick (voce e piano), Manna (basso), Pardo (chitarra), Rata (percussioni) e Ale Soresini (batteria). Commenta Alioscia: «Sono contento di suonare finalmente al Miela, ne ho sentito parlare molto bene».

Avete suonato qualche mese fa alla Barcolana, ma ora tornate con uno spettacolo completamente diverso…

«È una cosa particolare, l’inizio di un progetto che porteremo in giro quest’estate e ci traghetterà verso il disco nuovo. Interpretiamo pezzi di tutto il nostro repertorio in una versione reggae anni ’70 e primi anni ’80. È un modo di divertirci ed ammazzare la routine dopo che abbiamo fatto 50 live di uno spettacolo. Tornare sul palco in una maniera differente era un’idea che ci attirava. È un concerto molto trasversale che unisce il pubblico del reggae, un super classico, trade union tra generazioni. Per noi è anche un omaggio ad un suono che abbiamo sempre sentito nostro, anche quando abbiamo sperimentato con l’elettronica, col drum’n’bass il sapore e il feeling reggae l’abbiamo sempre mantenuto».

Che opinione ha di Trieste?

«Mi affascina perché è una terra di frontiera, penso sia una città aperta alle nuove proposte».

E la scena milanese?

«A Milano c’è una scena di club, buoni fuochi d’n’b, serate indie e rock che sono molto interessanti. Ma non c’è una situazione che faccia convergere tutti questi generi e faccia pulsare la città in maniera collettiva. È un periodo più fiacco di altri, ma qualcosa sotto la cenere c’è. La musica è sintomatica di quella che è la città e delle tensioni di chi la vive».

Avete suonato a Londra e recentemente anche a Tokyo…

«È stato commovente l’afflusso di italiani che stentavano a credere di trovarci lì. Persone per cui i Casino Royale hanno rappresentato la colonna sonora dell’adolescenza, della propria crescita. Un pubblico dai 40 ai 25 anni molto affezionato».

Il suo rapporto con internet?

«Abbiamo un sito e MySpace, ci butto un occhio. Per un gruppo come noi è impossibile seguirlo e fare da filtro per i contatti, non potremmo rispondere a tutti e non sarebbe giusto fare una selezione. Il download della musica è un discorso complicato. Le etichette sono in ginocchio, mentre aziende e portali internet si fanno i soldi: c’è qualcosa che non torna».

Si vende molto meno?

«Non si vende niente!».

Come procede la sua collaborazione con la tv All Music?

«Sono contento che mi abbiano dato l’opportunità di lavorare con questo media. Abbiamo ripreso e mandato in onda un sacco di live: Amy Winehouse, Negramaro, Baustelle, Subsonica… tanta musica di qualità».

Elisa Russo, Il Piccolo 09 Aprile 2008 

Articoli consigliati