intervista ANGELO BRANDUARDI a Trieste il 20.07.19

«Quando feci sentire “Alla fiera dell’Est” al mio discografico, si mise a ridere e tolse il disco. Cambiai casa discografica. E si è rivelato un brano che mi ha dato un po’ di immortalità perché oggi i bambini non sanno chi è Branduardi, ma il topolino sì: questo vuol dire che la canzone non mi appartiene più, è entrata a far parte del patrimonio popolare e quindi continuerà a vivere anche dopo la mia morte». Ha indubbiamente scritto la storia della musica italiana Angelo Branduardi, che sarà in concerto sabato al Castello di San Giusto, nel Piazzale delle Milizie. “Camminando, camminando” si chiama lo spettacolo (a pagamento) che andrà in scena alle 21 e rientra nella rassegna “Hot in the City”, prodotta da Good Vibrations con la collaborazione di Trieste is Rock e il Comune.

Branduardi, non suona a Trieste da parecchio?

«A parte la parentesi dell’operina che ho fatto con Furio Bordon e le marionette di Podrecca, credo di averci suonato una sola volta, sempre a San Giusto, tantissimi anni fa».

La accompagna un musicista triestino. Come vi siete incontrati?

«Fabio Valdemarin, triestino doc, grandissimo talento: abbiamo fatto tante tournée assieme. Qualcuno mi disse che c’era uno bravo, andai a trovarlo e dopo pochi secondi di pianoforte dissi subito: “sei l’uomo per me”, da quel momento non ci siamo più lasciati».

Cosa aspettarsi da questo duo?

«Un concerto molto particolare, all’insegna del “meno c’è, più c’è”, una specie di ricerca dell’estasi. Non è classica e non è neanche leggera, all’inizio ci sono anche alcuni brani di musica rinascimentale e medievale».

Generi non semplici, che è riuscito però a rendere pop.

«Anch’io non mi spiego come sia successo, faccio musica non facile, sono un musicista di nicchia però straordinariamente sono andato nel mainstream parecchie volte, collezionando una serie notevole di hit».

Quelle che diventano tormentoni sono anche le favorite dall’artista?

«Le preferite le metto in scaletta, ma sono sincero: se avessi avuto la chance di fare mille “Alla fiera dell’Est” le avrei fatte volentieri. A differenza di tanti colleghi che secondo me mentono, io sono felicissimo di proporre quelli che sono stati i miei grandi successi. E poi propongo anche delle cose molto strane, come in questo concerto in duo».

Ha dichiarato che invecchiare non è bello.

«Non lo è. Non c’è saggezza o altre palle: è meglio essere giovani».

Ha detto anche: “Volevo suonare il pianoforte ma sono gli strumenti che scelgono te”.

«Avevo solo cinque anni quando il maestro ha aperto l’astuccio e ho visto il violino, il suo calore, ho sentito l’odore della cera e ho capito che era la mia cosa».

Nato in provincia di Milano, ha vissuto molti anni a Genova. Il suo rapporto con il mare?

«Il mare genovese è molto diverso dal vostro. Abitavo in un quartiere che assomiglia di più a Napoli che all’asburgica Trieste. C’era il porto come lo si immagina, con i ladri, i contrabbandieri, le prostitute. Eppure in quei posti lì mia madre non ha mai chiuso a chiave la porta e io ero considerato un principino e ho avuto la più bella infanzia che uno possa desiderare».

Ha molti estimatori anche all’estero.

«In autunno partiremo per una tournée di due mesi in Europa. Cito una frase del giornalista de “Il Giorno” Marco Mangiarotti che disse “la musica di Branduardi è come l’aglio: un gusto inconfondibile che piace o fa schifo”. Io faccio la mia musica, che non assomiglia a nessun’altra e questo dispone il pubblico straniero a un ascolto attento».

 

Elisa Russo, Il Piccolo 18 Luglio 2019

Branduardi Il Piccolo

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