«Abbiamo scelto il nome Ask Her Out nel 2016, nascevamo come trio, quindi tre parole di tre lettere, c’è un verbo e sembra una parte di un discorso che è stata estrapolata, ha una componente di azione, di coraggio ma include anche la timidezza, “chiedile di uscire” è un’esortazione perché evidentemente non l’hai ancora fatto. Ci sono tante letture, ognuno trova la sua». È Giovanni de Flego (voce, chitarra, samples) a presentare questo progetto nato in città ma in cui lui è l’unico triestino: Daniele Vigo al basso è originario di Genova, Raffaele Tenaglia alla batteria di Chieti e da Palmanova si è aggiunto al trio Riccardo Buiatti al sax. Si sono fatti conoscere e apprezzare dal vivo e l’anno scorso con un primo ep, intitolato semplicemente «Uno». Anticipato dal videoclip di Damiano Tommasi “Icarus” esce ora il nuovo capitolo, che non poteva che chiamarsi «Due». Lo presentano sabato al Loft di Via Economo dalle 21, in una serata a ingresso libero organizzata da Yeah, che prevede anche i dj set di Tina Cellar e Umberto Lumber. In molti ricordano de Flego come componente di una band che ha lasciato il segno a livello nazionale negli anni 2000, i triestini Trabant. «Dal punto di vista vocale – spiega – con gli Ask Her Out uso totalmente altri registri di intonazione, più bassi, che mi permettono di essere caldo e confidenziale, inoltre ho imparato a cantare meglio. I Trabant erano un gruppo che faceva molto rumore, c’era un volume alto e quindi anche le linee vocali erano alte, altrimenti non si sarebbero sentite in sala prove. C’è una continuità, invece, nel fatto che a una musica ritmica, che si può ballare, sono abbinati testi che non ti aspetteresti, non sono allegri e felici, sono delle legnate ma non c’è negatività, al contrario. Scrivo non perché sia arrabbiato, ma nonostante sia arrabbiato: dalla rabbia tiro fuori qualcosa di bello». Dopo i Trabant – l’ultimo album è del 2009, la storia ha subito un naturale arresto quando gli altri componenti si sono trasferiti all’estero – è stato attivo nei The Mothership «Un momento transitorio – riprende – per muovermi verso una visione della musica come atto di profonda sincerità e onestà. Negli Ask Her Out la musica è assolutamente vera, cioè facciamo quello che vogliamo davvero, non me la prendo se qualcuno mi dice che non gli piace il risultato, ma me la prenderei se mi dicesse che è qualcosa di falso. C’è forte identità di gruppo: è la musica che facciamo assieme, nessuno di noi da solo la farebbe. È il suono di quattro persone che si incontrano». Nella loro biografia citano Nina Simone, i Karate, Prince… «Difficile definirci – prende la parola Vigo –, forse post soul: c’è un sacco di black music dentro però mediata dalla nostra sensibilità, è una musica che ha una struttura canzone, strofa, ritornello, bridge, riff… non è molto rock ma è molto ritmica, percussiva. Nulla di difficile ascolto». Al Loft presentano «Due» registrato con Francesco Bardaro e Sandro Perosa, tra Track Terminal studio e Trebiciano e mixato da Lorenzo Rutter nello studio LoPez: «Preferiamo ragionare in termini di pochi brani alla volta – dicono – perché forse il concetto di album ha perso un po’ di significato, c’è un calo di attenzione diffuso e non so quanti arrivano ad ascoltare fino al dodicesimo o tredicesimo brano…». «Sabato ci sarà anche il cd fisico con copertina minimale in bianco e nero, abbiamo deciso di non imporre un prezzo: è a offerta libera. Tempo fa un responsabile di un’etichetta mi chiese “Ma voi li volete vendere i dischi?”. Lo spiazzai rispondendo di no: vorrei trovare il modo di regalarli. Oggi la musica è liquida, molti non hanno neanche un lettore cd».
«Le situazioni te le devi creare o almeno andare a cercare – concludono commentando l’attuale scena live in città –. Il fatto che abbiano chiuso Etnoblog o Tetris ha fatto sì che altri posti si siano ingegnati a ospitare concerti. Tutto funziona in base alla domanda e l’offerta: il problema è che a volte i due mondi non si parlano».
Elisa Russo, Il Piccolo 16 Marzo 2019