Venerdì alle 21 Dario Brunori, in arte Brunori Sas è in concerto al Teatro Palamostre di Udine. La serata, organizzata da Euritmica, chiude la rassegna Note Nuove 10 e dà l’avvio al “A casa tutto bene tour”: «Sono contento che ci sia stata la possibilità di allestire la data zero a Udine» dice Brunori, «in una zona in cui non passiamo così spesso. Fosse per noi suoneremmo ovunque e quindi speriamo che gli organizzatori ci portino poi anche a Trieste. Poter andare in giro è un’occasione di arricchimento».

Ad accompagnare l’artista cosentino: Simona Marrazzo (cori, synth, percussioni), Dario Della Rossa (pianoforte, synth), Stefano Amato (basso, violoncello, mandolini), Mirko Onofrio (fiati, percussioni, cori, synth) e Massimo Palermo (batteria, percussioni).

È considerato uno dei migliori cantautori di questi anni. Il segreto della sua scrittura?

«Non c’è una componente cerebrale fortissima, non sono uno che scrive a tema, in maniera premeditata. Spesso è un meccanismo che va ad attingere da parti di me di cui non ho piena consapevolezza, c’è una parte “miracolosa” in quello che accade. I testi vengono fuori un po’ da sé e probabilmente se mi mettessi a tavolino non ci riuscirei. Forse per questo arrivano poi a livello emotivo a chi ascolta. Ovviamente c’è anche il lavoro di cesello sulla forma, il mestiere che uno acquisisce col tempo. Ma la scintilla iniziale non ha a che fare con la tecnica, l’esercizio, il metodo».

Notizie dai mass media o vita vissuta: cosa l’ha ispirata per il nuovo disco “A casa tutto bene”?

«Un mix, il titolo nasce dal fatto che molte canzoni sono state concepite nella mia vita casalinga, dove si ha una visione del mondo mediata, ti informi attraverso i media anche riscontrandone i limiti, interpreti il mondo guardandolo attraverso uno schermo. Volevo che questa parte fosse accompagnata anche da esperienze di vita reale. “L’uomo nero” è frutto di alcune suggestioni che ho avuto leggendo commenti sui social o da cose che venivano fuori da un telegiornale e la seconda parte è frutto di esperienze personali, dal contrasto che si può generare dentro di te dal momento in cui giudichi le cose con grande facilità dalla poltrona di casa. Prendo appunti, capto quello che mi sta attorno. Sono pensieri che poi mi stimolano a scrivere una canzone».

Un concept sulla paura, con un invito a non cedere al cinismo.

«È una mia attitudine naturale, la mia disillusione non è l’anticamera del cinismo. Se uno scrive canzoni non può essere cinico, deve continuare a credere altrimenti non scriverebbe affatto. Volevo provare a guardare le cose in faccia senza che questo mi portasse ad un crollo, con una consapevolezza nuova che mi aiutasse un po’ ad uscire dal mio guscio».

Importante il ruolo del produttore Taketo Gohara (Capossela, Marta sui Tubi, Edda…)

«È il secondo disco con lui, ma stavolta c’è stato un lavoro più lungo. Taketo ha la capacità di cogliere alcuni aspetti musicali che sono estemporanei, delle improvvisazioni, dei colori a cui noi musicisti non avevamo dato peso e che diventano invece elementi portanti dell’arrangiamento. È figlio di un pittore e mi ha detto che fa lo stesso lavoro di suo padre solo con i suoni».

Un disco così stratificato come si porta dal vivo?

«Abbiamo lavorato bene, cercando di sintetizzare le parti dove era possibile e di distribuirle tra i vari elementi della band per cui ognuno di noi ha una postazione che è fatta da più strumentini e quindi, a parte me che mi posso muovere poco (suono chitarra e pianoforte), gli altri si spostano anche nel corso dello stesso pezzo. È stato difficile costruire la scaletta giusta perché volevo che ci fosse un certo tipo di mood e sono molto contento del risultato».

Elisa Russo, Il Piccolo 21 Febbraio 2017

 

Brunori sas

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