«Ti seguo su Instagram, ti sei fatto un social media? – No, è la mia vita che è interessante»: è una battuta di Davide Toffolo nel suo “Graphic Novel is Back” (Rizzoli Lizard); «Mi racconto in diretta sui social – spiega – la mia è una vita speciale ma il sottotesto del libro è che tutte le vite sono un’opera d’arte». Graphic Novel is Back Unplugged sarà un concerto, un racconto e un firmacopie per il fumettista e cantante dei Tre allegri ragazzi morti, al Teatro Miela martedì alle 22, la serata rientra nel “Piccolo Festival di Animazione 12” e comincia con la proiezione dei corti già alle 20.30.
Toffolo, un periodo impegnativo: venerdì a Roma con i Tarm ha festeggiato “La Notte della Tempesta”.
«È stato bello, con spazio agli artisti più giovani della nostra etichetta, con esibizioni di qualità alta».
Era l’ultima data dell’anno per i Ragazzi Morti. Nel 2020?
«Faremo sicuramente una cosa articolata in regione – anche a Trieste – entro giugno, l’abbiamo chiamata “La Via di Casa” non anticipo i dettagli ma sarà una serie di concerti in posti non di capienza elevata e non convenzionali, legati alla nostra storia. Saranno anche vent’anni di La Tempesta e organizzeremo qualcosa di speciale».
Intanto, il “Piccolo Festival di Animazione”.
«Quest’anno neanche tanto piccolo visto che vengono presentati i film dei miei maestri Igort e Mattotti, che poi sono diventati anche amici (e Igort è il mio editore da tanto)».
Lei cosa porta sul palco del Miela?
«È in parte la presentazione del mio libro, ma è qualcosa in più. Uno spettacolo comico: voglio farvi ridere. E poi ci sono le canzoni dei Tarm ma unplugged, in una veste diversa. È la commedia della mia vita messa in scena».
Il costume di scena?
«Vestito ad alta visibilità (arancione catarifrangente ndr), che è quella ricercata dagli artisti. Ma in qualche modo ti rendono invisibile, diventi una tappezzeria urbana che è un po’ la mia volontà da tanto tempo: fare l’osservatore di ciò che succede intorno senza che la mia faccia sia riconoscibile, perché esserlo può spostare un po’ l’equilibrio con le persone».
L’avevamo lasciata col pappagallino Pepito in “Graphic Novel is Dead” nel 2013 e la ritroviamo con un cane immaginario in “Graphic Novel is back”. Come mai questo secondo capitolo?
«È la mia autobiografia e diventerà una costante, il nuovo volume racconta gli ultimi cinque anni che sono passati dal precedente. Ci sarà sicuramente un terzo, mi piace questo modo di raccontare, spero fino alla fine».
Bellissime le pagine “Io e Paz”.
«Sono il mio rapporto con Andrea Pazienza, un autore che ha segnato la mia esperienza, uno dei motivi per cui faccio il mio lavoro in questo modo».
C’è anche il poeta Federico Tavan.
«Ho avuto la fortuna di incontrarlo, aveva occhi candidi. Un poeta così puro che è estremo. La sua poesia è un incontro nel profondo, con l’uomo nudo. Il mio è un piccolo omaggio con le sue parole, l’ho disegnato rifacendomi ad alcune foto che gli aveva scattato un grande fotografo friulano, De Marco, l’aveva ritratto in modo specialissimo».
Pordenone è presente?
«Certo. Non soltanto nella sua verità di città quanto nella sua metafora di un posto della provincia italiana, se per tanti anni per me la provincia è stata luogo dell’immaginario oggi lo è dell’assenza, è in grave difficoltà identitaria».
Cos’altro c’è?
«Non voglio svelare di più perché di questi tempi lo spoiler è pericoloso, la gente se tu gli dici come va a finire una serie tv o un libro, rischi che si faccia del male».
Elisa Russo, Il Piccolo 9 Dicembre 2019